L’Oms dichiara il termine della pandemia di covid-19
Restano molte le ferite da sanare dopo un periodo segnato dall’aumento delle diseguaglianze
e del numero di emarginati

Fine emergenza

In this file photograph taken on June 24, 2021, a worker holds a plastic divider inside a field ...
06 maggio 2023

Sospiro di sollievo? Fino a un certo punto. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), dopo tre anni e circa 20 milioni di morti in tutto il mondo, attraverso le parole del suo direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato chiusa l’emergenza sanitaria globale dovuta al covid-19. Un traguardo a lungo atteso: adesso si può «tornare alla vita come la conoscevamo prima», ha confermato Ghebreyesus da Ginevra. Anche se, dopo le notizie positive, arrivano gli avvertimenti e rimangono le ferite da sanare.

La fine della pandemia — è sempre il direttore generale dell’Oms a parlare — «non significa che il covid-19 sia finito come minaccia per la salute globale». La malattia non è scomparsa e, anche se i momenti più bui sono alle spalle, occorrerà continuare a mantenere la prudenza, nonché a potenziare i servizi sanitari a tutela dei più fragili: «ora abbiamo gli strumenti e le tecnologie per prepararci meglio alle pandemie», ma «la cosa peggiore che qualsiasi Paese potrebbe fare è abbassare la guardia».

Era il 30 gennaio 2020, quando l’emergenza sanitaria pubblica — il più alto livello di allarme secondo le regole del diritto internazionale — venne ufficialmente dichiarata. Il 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan, capoluogo dello Hubei nella Cina centrale, dove scorrono lo Yangtze e il fiume Han, c’era già stata la prima segnalazione relativa al virus. Le risposte furono inizialmente incerte, poi con l’aumentare dei contagi partì il periodo dei lockdown, più o meno rigidi, più o meno forzati: prima nella stessa Wuhan, poi via via in diversi Paesi del mondo, tra cui Italia, Spagna, Regno Unito.

A dicembre 2020 l’atteso avvio delle somministrazioni del vaccino, seppure tra le proteste dei movimenti no vax, e, nei due anni successivi, la lotta contro le varianti alfa, delta, omicron. Quindi la perdita costante di forza del virus: la rivista «Nature» ha scritto che ora il covid-19 potrebbe trasformarsi in un’infezione a ondate piuttosto che in un malanno endemico e stagionale. Ieri, finalmente lo stop all’emergenza.

Oggi rimangono gli strascichi di uno dei periodi più terribili per l’umanità degli ultimi decenni: l’aumento delle diseguaglianze e del numero di emarginati. Secondo Save the Children, 100 milioni di bambini in più sono stati spinti verso la povertà e 1,5 miliardi di minori ha visto interrotta la propria istruzione, con una crescita della violenza contro di loro; 10,5 milioni ha perso un genitore o una persona che si prendeva cura di loro a causa del covid-19; aumentati anche i problemi di salute mentale, proprio per i più piccoli. Il monito di Papa Francesco «da una crisi come questa non si esce uguali: si esce o migliori o peggiori» rimane ancora valido. Per tutti. E continua a richiedere velocemente una risposta.