Il Papa indica alla Pontificia commissione per la tutela dei minori principi per una spiritualità di riparazione

L’incapacità di fermare
il male degli abusi deturpa
la testimonianza della Chiesa

 L’incapacità di fermare il male degli abusi  deturpa la testimonianza della Chiesa  QUO-104
05 maggio 2023

I peccati di omissione e la cattiva gestione da parte dei leader ecclesiastici hanno scandalizzato  e ferito la comunità cristiana


«L’abuso sessuale di minori da parte del clero e la sua cattiva gestione da parte dei leader ecclesiastici sono stati una delle sfide più grandi per la Chiesa del nostro tempo». Lo ha detto il Papa ai membri della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, ricevuti in udienza stamane, venerdì 5 maggio, nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico. Ecco il discorso del Pontefice.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Sono lieto di dare il benvenuto a tutti voi, in particolare ai nuovi membri della Commissione, come pure a coloro che stanno continuando il loro servizio e al gruppo dei collaboratori provenienti da tutto il mondo, che rappresentano una nuova e gradita aggiunta.

Questo è il nostro primo incontro, da quando siete stati istituiti presso il Dicastero per la Dottrina della Fede, e vorrei fornirvi alcune indicazioni. I semi gettati circa dieci anni fa, quando il Consiglio dei Cardinali ha raccomandato la creazione di questo organismo, stanno crescendo, lo vediamo. Perciò, proprio per affrontare le sfide attuali con saggezza e coraggio, è importante fermarci un momento a riflettere sul passato. Negli ultimi dieci anni abbiamo tutti imparato molto, me compreso!

L’abuso sessuale di minori da parte del clero e la sua cattiva gestione da parte dei leader ecclesiastici sono stati una delle sfide più grandi per la Chiesa del nostro tempo. Molti di voi hanno impegnato la propria vita in questa causa. Le guerre, la fame e l’indifferenza verso la sofferenza altrui sono realtà terribili del nostro mondo, sono realtà che gridano al Cielo. La crisi degli abusi sessuali, però, è particolarmente grave per la Chiesa, perché mina la sua capacità di abbracciare in pienezza la presenza liberatrice di Dio e di esserne testimone. L’incapacità di agire correttamente per fermare questo male e di venire in aiuto alle sue vittime ha deturpato la nostra stessa testimonianza dell’amore di Dio. Nel Confiteor noi chiediamo perdono non solo per i torti commessi, ma anche per il bene che non abbiamo fatto. Può essere facile dimenticare i peccati di omissione, perché in un certo senso sembrano meno reali; ma essi sono molto concreti e feriscono la comunità quanto gli altri, se non di più.

Non aver fatto ciò che avremmo dovuto, soprattutto da parte dei leader della Chiesa, ha scandalizzato molti, e negli ultimi anni la consapevolezza di questo problema si è estesa a tutta la Comunità cristiana. Allo stesso tempo, però, non siamo rimasti in silenzio o inattivi. Recentemente ho confermato il Motu Proprio Vos estis lux mundi (V elm), che ora è un regolamento permanente. In esso, in particolare, si sollecita la predisposizione di luoghi per l’accoglienza delle accuse e la cura di coloro che dicono di essere stati danneggiati (cfr. art. 2). Sicuramente ci sono miglioramenti che vi si possono apportare sulla base dell’esperienza, con le Conferenze Episcopali e i singoli Vescovi.

Oggi nessuno può dire onestamente di non essere toccato dalla realtà degli abusi sessuali nella Chiesa. Perciò nel vostro lavoro, mentre affrontate le molte sfaccettature di questo problema, vorrei che teneste a mente i tre principi che seguono, considerandoli come parte di una spiritualità di riparazione.

1. In primo luogo, laddove la vita è stata ferita, siamo chiamati a ricordare il potere creativo di Dio di far emergere la speranza dalla disperazione e la vita dalla morte. Il terribile senso di perdita provato da tanti a causa degli abusi può sembrare a volte troppo pesante da sopportare. Anche i leader della Chiesa, che condividono un comune senso di vergogna per l’incapacità di agire, sono stati sminuiti, e la nostra stessa capacità di predicare il Vangelo è stata ferita. Ma il Signore, che in ogni tempo fa nascere cose nuove, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr. Ez 37, 6). Perciò anche quando il cammino da percorrere è arduo e faticoso, vi esorto a non bloccarvi, a continuare a tendere la mano, a cercare di infondere fiducia in coloro che incontrate e che condividono con voi questa causa comune. Non scoraggiatevi quando sembra che poco stia cambiando in meglio. Perseverate, andate avanti!

2. In secondo luogo, l’abuso sessuale ha portato lacerazioni nel nostro mondo e non solo nella Chiesa. Tante vittime rimangono avvilite per il fatto che un abuso avvenuto molti anni fa crea ancora oggi ostacoli e spaccature nelle loro vite. Le conseguenze degli abusi possono verificarsi tra coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra amici e colleghi. Le comunità sono sconvolte; la natura insidiosa dell’abuso abbatte e divide le persone, nel loro cuore e tra di loro.

Ma la nostra vita non è destinata a rimanere divisa. Ciò che si è infranto non deve rimanere a pezzi. La creazione ci dice che tutte le parti della nostra esistenza sono collegate in modo coerente, e la vita di fede collega addirittura questo mondo con quello che verrà! Tutto è collegato. Il mandato ricevuto da Gesù da parte del Padre è che di tutto ciò nulla e nessuno vada perduto (cfr. Gv 6, 39). Laddove dunque la vita si è spezzata, vi chiedo di contribuire concretamente a ricongiungerne i pezzi, nella speranza che quanto è frantumato si possa ricomporre.

Di recente ho incontrato un gruppo di sopravvissuti da abusi, che hanno chiesto di incontrare la direzione dell’istituto religioso che gestiva la scuola da loro frequentata circa 50 anni fa. Ne parlo perché loro l’hanno riferito apertamente. Erano tutte persone anziane e alcune di loro, consapevoli dello scorrere veloce del tempo, hanno espresso il desiderio di vivere in pace gli ultimi anni della vita. E la pace, per loro, significava riprendere la relazione con la Chiesa che li aveva offesi, volevano chiudere non solo con il male subito, ma anche con le domande che da allora portavano dentro di sé. Volevano essere ascoltati, creduti, volevano qualcuno che li aiutasse a capire. Abbiamo parlato insieme e hanno avuto il coraggio di aprirsi. In particolare, la figlia di uno degli abusati ha parlato dell’impatto che l’esperienza del padre ha avuto su tutta la loro famiglia. Riparare i tessuti lacerati della storia è un atto redentivo, è l’atto del Servo sofferente, che non ha evitato il dolore, ma ha preso su di sé ogni colpa (cfr. Is 53, 1-14). Questa è la via della riparazione e della redenzione: la via della croce di Cristo. Nel caso specifico, posso dire che per questi sopravvissuti c’è stato un vero dialogo durante gli incontri, al termine dei quali hanno detto di essersi sentiti accolti da fratelli e di aver recuperato un senso di speranza per il futuro.

3. In terzo luogo vi esorto a coltivare in voi il rispetto e la gentilezza di Dio. La poetessa e attivista nordamericana Maya Angelou ha scritto: «Ho imparato che la gente dimenticherà quello che hai detto, la gente dimenticherà quello che hai fatto, ma la gente non dimenticherà mai come l’hai fatta sentire». Siate dunque delicati nel vostro agire, sopportando gli uni i pesi degli altri (cfr. Gal 6, 1-2), senza lamentarvi, ma pensando che questo momento di riparazione per la Chiesa lascerà il posto a un altro momento della storia della salvezza. Il Dio vivente non ha esaurito la sua riserva di grazie e di benedizioni! Non dimentichiamo che le piaghe della Passione sono rimaste nel corpo del Signore Risorto, non più però come fonte di sofferenza o di vergogna, ma come segni di misericordia e di trasformazione.

Ora è il momento di rimediare al danno fatto alle generazioni che ci hanno preceduto e a coloro che continuano a soffrire. Questa stagione pasquale è segno che si prepara per noi un nuovo tempo, una nuova primavera fecondata dal lavoro e dalle lacrime condivisi con chi ha patito. Per questo è importante che non smettiamo mai di andare avanti.

Voi impegnate le vostre capacità e la vostra competenza per contribuire a riparare una terribile piaga della Chiesa, mettendovi a servizio delle diverse Chiese particolari. Dalla vita ordinaria di una diocesi nelle sue parrocchie e nel suo seminario, alla formazione dei catechisti, degli insegnanti e di altri operatori pastorali, l’importanza della tutela dei minori e delle persone fragili dev’essere una norma per tutti; e in questo senso, nella vita religiosa e apostolica, la novizia di clausura deve attenersi agli stessi standard ministeriali del fratello anziano che ha passato una vita intera a insegnare ai giovani.

I principi del rispetto della dignità di tutti, della buona condotta e di uno stile di vita sano devono diventare una norma universale, indipendentemente dalla cultura e dalla situazione economica e sociale delle persone. Tutti i ministri della Chiesa devono mostrarli nel servire i fedeli, e a loro volta devono essere trattati con rispetto e dignità da chi guida la comunità. Del resto, una cultura della tutela avrà luogo solo se ci sarà una conversione pastorale in tal senso tra i suoi leader.

Sono stato incoraggiato dai piani che avete approntato per affrontare le disuguaglianze all’interno della Chiesa, in termini di formazione e di servizio alle vittime, in Africa, Asia e America Latina. Non è giusto, infatti, che le aree più prospere del pianeta possano contare su programmi di tutela ben formati e ben finanziati, in cui le vittime e le loro famiglie sono rispettate, mentre coloro che vivono in altre parti del mondo soffrono in silenzio, magari respinti o stigmatizzati quando cercano di farsi avanti per raccontare gli abusi subiti. Anche in quest’ambito, la Chiesa deve sforzarsi di diventare un esempio di accoglienza e di buon modo di agire.

L’impegno per migliorare le linee guida e gli standard di comportamento del clero e dei religiosi deve continuare. Mi aspetto di ricevere informazioni su questo impegno e un rapporto annuale su ciò che ritenete stia funzionando bene e su ciò che non funziona, in modo da poter apportare le opportune modifiche.

L’anno scorso vi ho esortato a condividere le vostre competenze sui vari modi in cui pensate che il lavoro della Curia Romana possa influire sulla protezione dei minori, per arricchirvi a vicenda in questo vostro nuovo ruolo. Ho appreso con piacere dell’accordo di cooperazione che avete stipulato con il Dicastero per l’Evangelizzazione, soprattutto in considerazione del suo vasto raggio d’azione in molti dei luoghi più dimenticati del mondo.

Avete già fatto molto in questi primi sei mesi. Vi benedico di cuore. Sappiate che sono vicino al vostro lavoro e non dimenticate di pregare per me. Io lo farò per voi.