Bailamme
Napoli, una canzone, lo scudetto, una promessa d’amore

«Era de maggio»

Soccer Football - Serie A - Napoli fans gather in Naples ahead of potentially winning the Serie A ...
05 maggio 2023

Anche quel 1987 «era de maggio»: il primo scudetto del Napoli arrivò nel mese cui è intitolata una delle più belle canzoni mai scritte, Era de maggio, per l’appunto, il racconto in versi di una delle storie d’amore più cantate dell’ultimo secolo, «idillio di struggente delicatezza», come ebbe a definirlo il musicologo Roberto De Simone. Così, trentasei anni dopo il primo campionato di calcio vinto dalla squadra partenopea, il brano che ricorda come «passa lu tiempo e lu munno s’avota, ma ’ammore overo no, nun vota vico» («passa il tempo e il mondo cambia, ma il vero amore no, non cambia strada»), entra di diritto a far parte della colorata colonna sonora dei festeggiamenti per lo scudetto conquistato ieri, il terzo della storia della città, atteso dal 1990, come una promessa d’amore, trentatré lunghi anni.

Sul ritmo in tre quarti di questa “mattinata” realizzata nel 1885 – il testo lo dobbiamo al grande poeta Salvatore Di Giacomo, la meravigliosa musica al compositore Mario Pasquale Costa, del quale quest’anno si ricordano i novant’anni dalla morte – i due protagonisti si incontrano a maggio, in un giardino profumato, lui deve partire ma le promette di tornare («quanno tornano li rrose, / si stu sciore torna a maggio / pure a maggio io stongo ccà […] Torna maggio e torna ammore…»). E dunque, tempo dopo, in un maggio successivo, si rivedono nello stesso giardino, accanto alla stessa fontana (la cui acqua «nun se secca maie»), e intonano la medesima antica canzone del primo incontro, perché, appunto, «passa il tempo e il mondo cambia, ma il vero amore no, non cambia strada».

Lo studioso Nicola De Blase ha evidenziato il fatto che i versi di Di Giacomo «si presentano come una esplicita citazione delle Ricordanze» leopardiane: «Se torna maggio, e ramoscelli e suoni / van gli amanti recando alle fanciulle, / dico: Nerina mia, per te non torna / primavera giammai, non torna amore». Ma se nel ricordo dell’incontro di ieri della poesia di Leopardi («In cor mi regna / l’antico amor») non si dà la speranza di un suo rifarsi vivo («Ahi! tu passasti, eterno / sospiro mio: passasti»), il cuore ferito dei versi della canzone napoletana è invece aperto alla possibilità di un nuovo inizio proprio per la presenza dell’amata, la «gioia mia», che desta e sorregge l’attrattiva e il desiderio buono: la «ferita d’ammore nun se sana», perché, se fosse sanata, «a guardarte io nu’ starria», «non starei qui a guardarti».

Lo scudetto del Napoli è un buon pretesto per tutti, non solo per i tifosi, per riascoltare, in questo maggio che ritorna ad accoglierci con le sue riaccese speranze («speranza di grandiose / notti più umane», per usare i versi di Caproni dedicati al quinto mese dell’anno), il brano di Di Giacomo (innumerevoli in rete le interpretazioni disponibili, da Murolo a Battiato, da Ranieri a Noa, da Di Stefano agli Avion Travel, da Lina Sastri a Tito Schipa) che pare una preghiera di affidamento a quell’unico Amore che «nun vota vico». 

di Paolo Mattei