Il viaggio del Pontefice in Ungheria
L’ultimo giorno a Budapest alla vigilia dell’inizio del mese dedicato alla Vergine

Una domenica
nel segno di Maria

 Una domenica  nel segno di Maria  QUO-101
02 maggio 2023

Dalla Magna Domina Hungarorum alla Salus populi Romani: alla vigilia dell’inizio del mese mariano, Papa Francesco ha aperto e concluso l’ultima giornata del viaggio apostolico a Budapest affidando alla Madonna le attese dell’umanità per «un futuro di speranza, non di guerra; un avvenire pieno di culle, non di tombe; un mondo di fratelli, non di muri».

Un’invocazione riecheggiata prima della preghiera del Regina Caeli domenica 30 aprile, al termine della messa celebrata nella piazza Lajos Kossuth della capitale ungherese. «Da questa grande città e da questo nobile Paese» il Pontefice ha voluto «riporre nel cuore» della Vergine «la fede e il futuro dell’intero continente europeo, e in modo particolare la causa della pace», ha detto con il pensiero rivolto alla vicinissima Ucraina. Un auspicio per la cessazione del conflitto, rilanciato anche poche ore dopo nella tradizionale conferenza stampa sul volo di ritorno verso Roma e nella sosta di preghiera presso la basilica Liberiana, a coronamento di una intensa giornata mariana.

In una mattina finalmente scaldata da un timido sole, mitigato da una leggera brezza, dal «confine orientale della cristianità occidentale», come ha definito il Paese che lo ha ospitato riprendendo parole del cardinale Péter Erdő, arcivescovo metropolita di Esztergom-Budapest, il Papa aveva presieduto l’Eucaristia alla presenza di cinquantamila fedeli, trentamila dei quali nel grande spazio aperto dedicato all’eroe nazionale ungherese (1802-1894), leader ispiratore della rivoluzione del 1848: tra gli intervenuti la presidente Katalin Éva Novák, il primo ministro Viktor Orbán con altre autorità politiche, l’arcivescovo ortodosso russo Hilarion, metropolita di Budapest e dell’Ungheria, rappresentanti ecumenici e dell’ebraismo.

Cinquantamila fedeli


Dalla nunziatura il vescovo di Roma aveva raggiunto in automobile il centro della capitale, davanti all’edificio neogotico del Parlamento, che custodisce la corona del santo re Stefano. Salito a bordo della papamobile per un lungo giro tra la folla festante, Francesco ha potuto vedere anche il monumento al poeta Attila József, che aveva citato nel primo discorso del viaggio, e le indicazioni per il memoriale sotterraneo della rivoluzione del 1956, realizzato proprio in piazza Kossuth. Il 25 ottobre di quell’anno centinaia di ungheresi — uomini, donne, anziani e bambini — furono uccisi quando i sovietici e l’autorità per la sicurezza dello Stato aprirono il fuoco sui manifestanti inermi.

Quindi il Pontefice e i concelebranti — tra i quali gli ecclesiastici del suo seguito — hanno indossato i paramenti liturgici bianco-oro, i colori del tempo pasquale, realizzati per l’occasione su disegno della pittrice Fecske Orsolya, delle suore del Servizio sociale. Fondate cento anni fa da Margit Slachta — attivista e politica e prima donna eletta alla Dieta ungherese — le religiose erano state ricevute da Francesco all’inizio di quest’anno: il 20 gennaio Papa Bergoglio ricordò la beata Sara Salkaházi, consacrata dell’istituto che fu martire del nazismo, elevata agli onori degli altari il 17 settembre 2006. Fucilata per aver salvato centinaia di ebrei durante la seconda Guerra mondiale, il suo corpo fu gettato nel Danubio e mai ritrovato.

La grafica delle vesti liturgiche rimandava al motto della visita papale «Cristo, nostro futuro» e anche l’elemento decorativo principale rappresenta Gesù risorto, dal cui cuore sgorgano due flussi, simboli dell’acqua e del sangue, che allargandosi finiscono col confluire in un unico fiume. L’immagine è un richiamo al Danubio e alla simbologia del Congresso eucaristico internazionale svoltosi in Ungheria un anno e mezzo fa, con la presenza dello stesso Pontefice. Il colore identico del fiume e del cielo è una dedica alla Vergine Maria.

Le intenzioni di preghiera


Durante la celebrazione eucaristica in latino e ungherese, nella lingua nazionale sono state proclamate le letture della quarta domenica di Pasqua, quella del Buon pastore, sessantesima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: At 2, 14a.36-41; 1 Pt 2, 20b-25; Gv 10, 1-10.

All’omelia del Pontefice è seguita la preghiera dei fedeli nelle lingue dell’Europa centrale e orientale: in ucraino si è invocato il Signore «per la pace nel mondo: i governanti e quanti hanno responsabilità civili cerchino il vero bene affinché tutte le nazioni vivano nella concordia»; in ungherese, per il popolo di questa nazione; in rumeno, per l’unità dei cristiani; in croato, per le famiglie; in tedesco, slovacco e sloveno, per altre intenzioni.

Alla preghiera eucaristica si sono alternati all’altare il cardinale arcivescovo di Esztergom-Budapest, il presidente della Conferenza episcopale ungherese e il nunzio apostolico in Ungheria.

Al temine del rito il cardinale Erdő ha rivolto un indirizzo di saluto al Santo Padre, che gli ha donato un calice. Infine Francesco ha guidato la recita del Regina caeli. A Lei, la “Grande Signora” «che invocate come regina e patrona, affido tutti gli ungheresi», ha detto sostando poi in silenziosa preghiera davanti all’icona di Máriapócs collocata sul palco.

Nel pomeriggio, dopo un incontro con gli universitari di Budapest, Francesco si è diretto all’aeroporto per la breve cerimonia di congedo dal Paese. Accolto dalla presidente Novák ai piedi dell’aereo, il Papa ha salutato il seguito locale e la delegazione magiara prima di salire a bordo. Atterrato allo scalo di Fiumicino dopo meno di due ore di volo, come di consueto al termine di ogni viaggio apostolico, si è recato a Santa Maria Maggiore, per pregare davanti alla Salus populi Romani. Quindi è rientrato in Vaticano.

dal nostro inviato
Gianluca Biccini