Il personaggio: Franz Liszt

Musica delle passioni
e armonia vitale

 Musica delle passioni e armonia vitale  QUO-101
02 maggio 2023

Quando Franz Liszt nacque il 22 ottobre del 1811 a Raiding in Ungheria, in cielo passava una cometa. Secondo la vulgata popolare quel sasso freddo e ostile era portatore di disgrazie, terremoti e alluvioni, ma gli zingari che spesso si accampavano nella spianata vicino al fiume a poca distanza dalla casa dei suoi genitori la pensavano diversamente. Ogni volta che passa una cometa nel nostro cielo, dissero a sua madre, è allora che nasce un grande uomo.

E Franz Liszt lo è stato, per davvero, anche se per tutta la sua esistenza ha vissuto la condizione straniante di pensarsi come Goethe un eletto degli dei eppure sentirsi scagliato in un turbine della vita in cui il suo smisurato talento rischiava di tramutarsi in tracotanza proprio perché la lotta con la realtà non era così facile come era per lui quella con la tastiera.

La sua è stata però una vita da romanzo. Bambino prodigio, avviato alla musica da suo padre, benedetto, pare, da Beethoven e poi virtuoso acclamato nelle corti di tutta Europa, desiderato e amato da donne che lo veneravano per la sua bellezza e il suo carisma, Liszt all’apice della gloria cominciò a capire che quel tutto non gli bastava. La sua inquietudine sentimentale che lo aveva condotto in una relazione adulterina con la nobile parigina Marie D’Agoult che per lui aveva lasciato il marito e due figli mettendogliene al mondo altri tre affidati alle volenterose e remunerate braccia delle balie di turno, era segno di un animo irrefrenabile e tumultuoso come al pianoforte ma che a poco a poco stava perdendo la sfida con l’esistenza. Ecco allora gli anni più sedentari di Weimar dove riorganizza la vita musicale e culturale della città, ecco il sostegno e l’aiuto materiale a tanti colleghi come Berlioz e Wagner, le lezioni concesse gratis ai figli di famiglie indigenti, le donazioni per Paesi colpiti da calamità naturali, i concerti per raccogliere i fondi destinati alla costruzione del monumento a Beethoven, suo eterno idolo. Ma ci fu ancora un matrimonio mancato a Roma, sfumato la notte prima che venisse celebrato e poi sempre a Roma la decisione clamorosa e tenuta nascosta a tutti i suoi amici e conoscenti quasi fino all’ultimo giorno di prendere gli ordini minori, che ricevette con la tonsura in Vaticano il 25 aprile del 1865.

Forse la relazione intima con Cristo era stata l’unica veramente duratura nella sua vita. Fin dagli anni della post adolescenza aveva sentito un qualcosa che somigliava a una vocazione, ma anche per tutto il resto della vita pregava spesso e componeva anche avendo in mente soggetti religiosi, chiesette e cappelline, i santi come Francesco d’Assisi e Francesco di Paola di cui conservava nella sala da studio un ritratto che raffigurava il santo mentre attraversa lo Stretto di Messina camminando sulle acque. Liszt sentiva il bisogno di una musica che commentasse ciò che i suoi occhi vedevano o desideravano. Non apparteneva alla corrente dei musicisti come Brahms che seguivano l’ideale della musica assoluta. Lui cercava di raccontare storie, tanto che negli anni a metà del secolo abbandonò il virtuosismo e i recital solistici che aveva praticamente inventato, per dedicarsi sempre più alla composizione di musiche che avessero come soggetto storia e letteratura. Negli ultimi anni della vita con il sostegno di Pio ix che lo chiamava «il mio Palestrina» accarezzò perfino l’idea di una riforma della musica liturgica che sentiva sempre più come urgenza anche se non disdegnava le frequentazioni a Bayreuth a casa del genero Richard Wagner.

Ma Roma era per lui il luogo dell’anima, il luogo della pace dove sempre tornare. Lo riassunse in questo pensiero confidato una sera alla più stretta cerchia degli amici: «La mia esistenza ora è armonica, non come a Weimar. Spero che il mio lavoro ne risentirà vantaggiosamente. Dalle finestre di casa mia, voi lo sapete, al mattino mi delizio del panorama. Santa Maria Maggiore, Santa Maria degli Angeli, Il Quirinale. So che le cose belle appartengono a chi sa sentirle e penetrarle. E poi, il concerto delle campane di tutte le chiese... mi incanta assai di più di quanto potrebbero farlo tutti i concerti del conservatorio di Parigi».

La musica di quelle campane e il paesaggio più bello di ogni paesaggio gli restituiva quanto lui aveva donato al mondo con la musica di una vita vissuta come una lunga continua variazione sul tema del suo genio.

di Saverio Simonelli