In prima linea
«Il regno di Dio è un regno di diritti umani, giustizia, uguaglianza, dignità, compassione e pace per tutti. Oggi siamo chiamate a costruire il suo regno in particolare per “liberare gli oppressi e portare la buona novella ai poveri” (Luca, 4,18). In questo mondo di tragico e complesso abuso di donne e bambini, soprattutto dalle classi sociali più vulnerabili, questa attività criminale è un affronto osceno alla loro dignità e ai loro diritti». È quanto è stato affermato, nel 2008, dal capitolo generale della Congregazione delle suore della Carità e della Croce, che si è occupato del tema della tratta delle persone, con particolare attenzione alle bambine e alle donne. Le delegate presenti al capitolo hanno studiato insieme l’argomento e hanno cercato strade per contrastare questa schiavitù moderna e questa grossolana violazione dei diritti umani. Così, per coordinare le attività della congregazione, hanno istituito un comitato presso il generalato a Ingenbohl, in Svizzera, dove la congregazione ha avuto origine.
Successivamente, il congresso delle superiore provinciali e dei vicariati — svoltosi in India nel 2012 — ha suggerito alle religiose di fare qualcosa insieme.
«L’appello di Papa Francesco a unire gli sforzi per porre fine a questo crimine ci ha ulteriormente rafforzate nel nostro impegno come congregazione», sottolinea suor Regina Ruzario. «Studiando il fenomeno del traffico delle persone, che ha una dimensione davvero immensa, nasceva naturalmente la domanda sul nostro ruolo nel prevenire una così estesa e massiccia rete del crimine organizzato. Essendo noi in realtà solo un gruppo esiguo, sapevamo di aver bisogno di unire le nostre forze con altri gruppi, che già operano in questo campo». Intanto, la prima cosa da fare sembrava trovare una casa comune a New Delhi che fosse in grado di accogliere diversi membri dalle tante province dell’India. A New Delhi ci sono anche molte Organizzazioni non governative, che operano a diversi livelli: prevenzione, riscatto, riabilitazione, reintegrazione.
Così, nel 2017 le suore iniziano a lavorare insieme ad alcune Ong, sotto la guida di un coordinamento nazionale. Insieme a queste organizzazioni, le religiose “pattugliano” le stazioni ferroviarie di New Delhi e di Anand Vihar per intercettare i bambini: «Dalle sei del mattino fino alle sei del pomeriggio — spiega suor Regina — sorvegliamo in coppia gli scali ferroviari alla ricerca di bambini. Alcuni sono scappati di casa per le ragioni più diverse; altri vengono acquistati dai trafficanti per il lavoro minorile, per l’accattonaggio, se non addirittura per il commercio di organi. Le ragazzine — aggiunge la religiosa — sono allettate a venire in città con false promesse di un buon lavoro o di matrimonio. Alcune adolescenti scappano di casa e vengono in città con il sogno di un matrimonio felice, e arrivano con poco se non addirittura senza denaro. Noi — precisa suor Regina — conosciamo i segni particolari dai quali identificare questi bambini e quindi li avviciniamo con gentilezza e avviamo con loro una conversazione. Cerchiamo di conquistare la loro fiducia e ci facciamo raccontare i dettagli riguardo ai loro spostamenti e informazioni sui loro genitori. Riuscire a farci raccontare la loro storia, quella vera, richiede tanto tempo e anche tanta pazienza. Noi diamo loro dei suggerimenti e li rendiamo consapevoli del significato e del pericolo del traffico di bambini. Successivamente, parliamo con i genitori — prosegue la religiosa — per comprendere se loro sono al corrente degli spostamenti dei propri figli. Se scopriamo che vivono all’interno o nella periferia della città, riportiamo i bambini direttamente ai loro genitori. Se, invece, non è così, li facciamo registrare alla stazione di polizia, richiediamo una visita medica e li affidiamo a case di accoglienza fino a quando non abbiamo rintracciato la famiglia di origine. Per noi è una grande gioia e una grande soddisfazione assistere al ricongiungimento dei bambini con loro famiglia. La maggior parte dei genitori scoppia a piangere di gioia quando diamo loro la buona notizia che il loro figlio è protetto e al sicuro presso di noi».
Dal 2016, suor Rajni gestisce il Centro di riabilitazione della Santa Croce “Asha Niwas” a Majhatoli, nello Stato di Jharkhand. Le suore forniscono programmi di sensibilizzazione agli studenti e ad altri gruppi sul tema delle conseguenze della migrazione e della tratta delle persone. In sei anni hanno portato a termine centocinquanta programmi. Con le visite a domicilio le religiose possono farsi un’idea del numero dei migranti. «Nel processo di migrazione molte persone diventano vittime del traffico di esseri umani e non riescono a tornare a casa per molti anni. Ci sono numerosi genitori che ci contattano affinché li aiutiamo a cercare le loro figlie in modo da poterle riportare a casa», spiega e suor Rajni.
In alternativa al ritorno a casa, le suore offrono accoglienza alle ragazze che possono così imparare il lavoro di sartoria e altre attività che generano reddito, come la coltivazione dei funghi e la realizzazione di candele. «Stando con noi le ragazze recuperano la fiducia in sé stesse e, quando la famiglia è disposta ad accettarle, le rimandiamo a casa», continua suor Rajni.
Insieme ad altre consorelle, suor Teresa Dorjee, invece, lavora con ragazze analfabete e abbandonate, ma anche con altre che hanno ricevuto istruzione provenienti «dalle piantagioni di tè e dalle colline», sottolinea suor Teresa. «Lavoriamo soprattutto in prevenzione, cercando di identificare ragazze povere che, a conclusione della scuola secondaria o addirittura degli studi universitari, finiscono a casa e sono particolarmente vulnerabili. Sono infatti nel mirino dei trafficanti che promettono loro un buon lavoro nelle grandi città. E, dato che queste ragazze non hanno la possibilità di seguire una formazione professionale e trovare quindi un lavoro adeguato, è facile che si lascino tentare dalle false promesse».
Le suore quindi forniscono il supporto economico in modo che queste ragazze possano seguire corsi di formazione professionale che portino ad un impiego remunerativo per loro stesse e per le loro famiglie. Ci sono poi anche altri casi, molto più complessi, che richiedono iniziative più specifiche che non escludono l’intervento della polizia locale, la visita e la consulenza alle famiglie delle vittime, e la mediazione. Però, ormai, nella zona è risaputo che se una giovane donna o una ragazzina è in difficoltà, le religiose cercheranno di aiutarla in ogni modo possibile.
di Margaret Sunita Minj
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