Con lo sguardo del buon samaritano Nel centro di prima accoglienza per ragazze madri, la Casa di Cristian

Quando la luce entra anche da una crepa

 Quando la  luce  entra anche da una  crepa  ODS-010
06 maggio 2023

C’è un luogo a Roma un po’ nascosto e lontano dal traffico frenetico, nel quale il tempo sembra sospeso. È un luogo dove tristezza e gioia, cadute e risalite, fallimenti e sogni si fondono magicamente, creando storie che toccano il cuore. È un luogo dove “si organizza la speranza”, come ha detto Papa Francesco citando don Tonino Bello, nell’omelia in occasione della messa per la Giornata mondiale dei Poveri, il 14 novembre 2021. E questo grazie alla cura, all’ascolto, ai piccoli e concreti gesti di attenzione e di solidarietà degli operatori e dei volontari, che hanno permesso e che permettono, a coloro che hanno «il sole della loro vita spesso oscurato dalla solitudine, la luna delle loro attese spenta, le stelle dei loro sogni cadute nella rassegnazione», di riaccendere fiammelle di luce, di rimarginare ferite interiori, di credere ancora nella bellezza della vita.

È qui, nella Casa di Cristian, un centro di prima accoglienza della Caritas di Roma inaugurato nel 2001, che vengono ospitate ragazze madri di nazionalità diverse con i loro bambini. Si tratta di mamme costrette a vivere per strada dopo aver subito uno sfratto o dopo aver perso tutto. Oppure arrivano da paesi lontani dell’Africa, dell’Asia, del Sud America o dell’Europa dell’Est, in fuga da guerre e violenze, e si ritrovano spesso sole, prive di ogni forma di sostentamento, con tutto un mondo di sofferenza che vorrebbero nascondere a sé e agli altri.

Le difficoltà di certo non mancano: in molti casi la scarsa conoscenza della lingua, l’adattarsi a fatica a una realtà molto distante da quella di provenienza e la convivenza a volte non facile con persone di cultura e tradizione differenti sono fattori che possono rendere ancora più lento e difficile il cammino verso un nuovo inizio. Eppure, ci sono madri che, grazie al loro coraggio e alla loro forza di volontà, grazie all’amore per i loro figli e al prezioso aiuto di chi opera nella struttura, riescono a superare gli ostacoli, a trasformare i fallimenti e le avversità in nuove opportunità di rinascita e di crescita. Per loro e per i propri bambini, passo dopo passo, giorno dopo giorno.

I tanti colori sulle pareti delle stanze e dei corridoi, le feste e le attività di volta in volta organizzate e i bellissimi disegni dei piccoli ospiti attaccati su qualche porta o qualche bacheca raccontano, poi, il desiderio di “casa”, il bisogno di normalità, i sogni custoditi nel cuore, la voglia di vivere, la bellezza di essere famiglia. E soprattutto la speranza per un futuro migliore.

A tal proposito, mi torna in mente un episodio che mi capitò qualche anno fa e che custodirò per sempre nel cuore. Una volta partecipai come volontario all’animazione della festa di Capodanno alla Casa di Cristian. Fu una serata molto semplice e al tempo stesso molto bella, dove ci divertimmo a giocare e a ballare tutti insieme. Era abbondantemente passata la mezzanotte, ma molti dei bambini non volevano saperne di andare a dormire, ignorando i richiami delle loro mamme. Infine, quando ormai quasi tutti si erano ritirati nelle loro stanze, uno degli ultimi rimasti, che era ospite nel centro di accoglienza insieme con la sua famiglia a causa di uno sfratto, si avvicinò, mi abbracciò forte e mi sussurrò all’orecchio: «È stato il più bel Capodanno della mia vita. Non avevo mai vissuto una serata così. Grazie!». Immediatamente i suoi occhi si riempirono di lacrime. Forse per la prima volta di gioia. Perché, come cantava Leonard Cohen, «c’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce».

di Alessandro Venzaghi