Gli incontri con le comunità di rito bizantino e latino

Una litania per la pace

 Una litania  per la pace   QUO-100
29 aprile 2023

Una litania per la pace si è levata nella tarda mattinata di sabato 29 aprile da Budapest, a conclusione della visita di Papa Francesco alla parrocchia greco-cattolica “Protezione della Madre di Dio”.

Il Pontefice vi si è recato al termine di una mattinata ricca di impegni, dalla confinante chiesa di rito latino dedicata a santa Elisabetta in piazza delle Rose. Un gesto, il suo, di profonda attenzione per i circa quattrocentomila fedeli greco-cattolici che vivono in Ungheria, inizialmente non previsto dal programma ufficiale di questo viaggio del vescovo di Roma. Un appuntamento voluto per confermare nella fede questa Chiesa orientale ungherese che è stata riorganizzata dallo stesso Papa Bergoglio nel marzo 2015 con l’elevazione a Chiesa metropolitana «sui iuris» della preesistente eparchia di Hajdúdorog, promuovendo a primo metropolita l’allora vescovo Fülöp Kocsis. Ed è stato proprio quest’ultimo ad accoglierlo all’entrata del piccolo tempio e a presentargli la comunità di rito bizantino una volta raggiunto l’altare dominato da una multicromatica iconostasi. «Da Giovanni Paolo ii abbiamo imparato — ha detto il presule — che la Chiesa respira con due polmoni, lo spirito dell’Oriente e lo spirito dell’Occidente. Questa immagine poetica e teologica si manifesta in modo particolare proprio in questa piazza» delle Rose, dove «due chiese si trovano l’una accanto all’altra e due comunità, una di rito latino l’altra di rito bizantino, vivono insieme nello stesso luogo».

«Sin dalle nostre prime unioni — ha aggiunto — abbiamo dovuto soffrire a causa di questa doppia appartenenza. I nostri martiri sono morti non solo per la fede cristiana, ma soprattutto per la fedeltà alla Chiesa cattolica, invece che piegarsi ai dettami della violenza comunista». Per questo, «noi intendiamo diventare un ponte tra le due Chiese sorelle», ha concluso presentando un regalo semplice e simbolico: il rosario, chotki o komboskini, lavorato a maglia dai giovani e consegnato dai bambini della parrocchia. Infine Francesco — che da parte sua ha lasciato in dono un calice — ha presieduto un momento di preghiera con i presenti, conclusosi con l’ectenia della pace, invocandone dal Signore il dono «per la salvezza delle anime, per il mondo intero, per l’unità della Chiesa, per la salubrità del clima e l’abbondanza dei frutti della Terra».

E proprio un greco-cattolico, Sándor Kondás, aveva offerto la propria testimonianza di sacerdote sposato, padre di cinque figli, uno adottato e il minore con sindrome di Down, e nonno di cinque nipoti, il pomeriggio precedente, venerdì 28, durante l’incontro del Papa con vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati, religiose, seminaristi e operatori pastorali presso la basilica di Santo Stefano, concattedrale dell’arcidiocesi di Esztergom-Budapest.

Dalla nunziatura il Pontefice ha raggiunto in automobile la zona di Pest dove sorge il maestoso tempio, che fu gravemente danneggiato durante la Seconda Guerra mondiale. Ristrutturato tra il 1983 e il 2003, esso custodisce sei campane — tra le quali la più grande di tutto lo Stato, con le sue 90 tonnellate di peso —, mosaici e opere d’arte, e soprattutto la Santa Destra, la reliquia più venerata dagli ungheresi: la mano mummificata di re Santo Stefano, fondatore della nazione e principale artefice della diffusione del cristianesimo.

In attesa del Papa, la recita del rosario è stata scandita da canti e intermezzi di musica sacra animati, tra gli altri, dal coro maschile Sant’Efrem, l’ensemble vocale più popolare in terra magiara.

Accolto all’arrivo dal cardinale arcivescovo di Esztergom-Budapest, dal presidente della Conferenza episcopale, il vescovo András Veres, e dal parroco della basilica, il quale gli ha porto la croce e l’acqua benedetta, Francesco ha ricevuto un mazzolino di fiori bianchi e gialli — i colori del Vaticano — offertigli da due bambini, una femminuccia e un maschietto. Con calore ha salutato le quattromila persone che grazie a due maxischermi hanno seguito l’incontro sul piazzale sferzato dal vento, insieme con i 1.100 fedeli presenti all’interno.

Sospinto sulla sedia a rotelle che usa a causa del dolore al ginocchio, ha percorso la navata centrale della basilica fino ad arrivare all’altare, dove all’indirizzo d’omaggio del presidente dei presuli ungheresi — che gli hanno donato un’icona mariana — sono seguite le testimonianze di due sacerdoti, di una religiosa e di una catechista, anche in questo caso inframezzate da canti liturgici.

Particolarmente toccante la storia del primo prete intervenuto, József Brenner, quasi novantenne, terzogenito di tre fratelli tutti ordinati sacerdoti, il secondo dei quali, János, è un martire del comunismo. Ucciso a soli 26 anni poco dopo la rivolta del 1956, allorché la Chiesa cattolica venne vista ancora di più come nemica da parte del governo filosovietico, è stato beatificato nel 2018. Quando don József ha terminato di parlare commosso, si è avvicinato a Francesco, che si è alzato per abbracciarlo e baciargli le mani in segno di profondo rispetto.

Quindi le voci “al femminile” sono state quelle di Eszter Kristina Hernády, giovane religiosa che ha raccontato la propria vocazione alla vita consacrata nell’ordine domenicano; e della laica Dorina Pavelczak-Major, catechista e autrice di libri scolastici di religione. Tra le realtà musicali che hanno animato il momento di preghiera: il quintetto di ottoni “In Media Brass”, il coro della basilica di Santo Stefano, l’orchestra salesiana Don Bosco e gli organisti Gábor Szotyori-Nagy e András Gábor Virágh, che è anche apprezzato compositore.

Al termine del suo applaudito discorso — il secondo del viaggio — in cui ha citato i santi Martino, che donò il suo mantello al povero, Stefano, il re che affidò la nazione alla Madonna Magna Domina Hungarorum, e il cardinale perseguitato Mindszenty, che lui stesso ha dichiarato venerabile nel 2019, il Papa ha ricordato le suore ungheresi della Società di Gesù conosciute a Buenos Aires, dov’erano giunte in fuga dal regime comunista. Quindi, indossata la stola, ha guidato la recita del Pater Noster e impartito la benedizione; poi si è intrattenuto con i presuli del Paese, in rappresentanza delle 16 circoscrizioni ecclesiastiche magiare (quattro arcidiocesi metropolitane con 8 diocesi suffraganee latine, e una arcieparchia con due eparchie suffraganee per i fedeli di rito bizantino, e l’ordinariato militare), alle quali va aggiunta la storica abbazia territoriale di Pannonhalma.

Infine Francesco ha di nuovo salutato i tanti presenti all’esterno prima di rientrare in nunziatura, per il primo pernottamento a Budapest, visto che nella precedente visita del 2021 partì dopo poche ore alla volta della capitale slovacca Bratislava. 

dal nostro inviato
Gianluca Biccini