Un’omelia pronunciata nel 1979 da Joseph Ratzinger

«È tempo di alzarsi»: l’attualità
del messaggio di Agostino

 «È tempo di alzarsi»: l’attualità del messaggio di Agostino  QUO-096
25 aprile 2023

A Frisinga per la Giornata di Corbiniano

Si svolge  in questi giorni  la Settimana agostiniana pavese, che fa memoria della conversione e del battesimo del santo vescovo di Ippona. Un evento che si arricchisce di significati in questo 2023,  in cui ricorrono  i 1.300 anni dal trasferimento delle sue spoglie da Cagliari a Pavia, nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, dov’è tuttora sepolto e dove ieri sera, nella ricorrenza liturgica della festa della conversione, è stato celebrato il solenne pontificale presieduto dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. A colui che è ritenuto il padre della Chiesa d’Occidente ha rivolto una costante attenzione nel corso dei suoi studi Joseph Ratzinger, tant’è vero che il primo volume della sua opera omnia, in corso di pubblicazione a cura della Libreria editrice vaticana, è proprio dedicato al grande filosofo e teologo nato a Tagaste e morto a Ippona. Fra i testi che fanno parte del libro  —  sinora edito in polacco, spagnolo e tedesco —  figura anche quello che riportiamo in questa pagina,  pubblicato sull’ultimo numero di «Vita e pensiero» (2023, n. 1), la rivista dell’Università cattolica del Sacro Cuore.  Si tratta di un’omelia — tradotta da Pietro Luca Azzaro — che l’allora arcivescovo cardinale di München und Freising tenne  per la Korbinianfest  nel duomo di Frisinga  l’11 novembre 1979. 

«È tempo di alzarsi!» è il motto di questa Giornata di Corbiniano. Vi siete svegliati nella notte o stamattina presto per venire alla tomba di san Corbiniano e alla Chiesa viva che noi stessi siamo, che voi stessi siete. E andiamo alla Chiesa viva per incontrare il Signore, che è il vero giorno e la vera via. L’ultimo tratto di questo cammino non lo si può fare a piedi e tanto meno con l’automobile, ma solo interiormente, con il cuore. Ora, perciò, vogliamo raccoglierci un momento per fare quest’ultimo tratto di cammino, per andare dal Signore, per ascoltarlo e per incontrarlo in quest’aurora.

«È tempo di alzarsi!». Quando sentiamo queste parole, pensiamo subito ai primi, non così gradevoli, minuti del mattino. La sveglia ci ha scosso e siamo ancora stanchi, vorremmo restare ancora coricati, ma è tempo di alzarsi e dobbiamo seguire il richiamo del nuovo giorno. Un uomo dotato di senso dell’umorismo una volta mi disse che stiamo diventando sempre più “occidentali” [Abendländer] perché la nostra vita si sposta sempre più verso la sera (cioè verso l’occidente). Di mattina non “ci siamo”. In effetti, la nostra civiltà diviene gradualmente una civiltà della sera e della notte. E questo un po’ significa anche che viviamo in un tempo che non vuole alzarsi, che vivacchia senza la forza di un nuovo inizio.

«È tempo di alzarsi!». Lo abbiamo appena ascoltato nella lettura del giovane Samuele che sente la chiamata: «devo alzarmi». Ma solo la quarta volta impara veramente ad alzarsi, comprende da dove proviene e che cosa vuole quella chiamata.

Solo la quarta volta capisce che non è lì per il servizio a una persona anziana, ma che una chiamata più grande gli chiede di entrare nella vita, che è Dio che lo chiama. E capisce che si è alzato veramente solo nell’attimo in cui si rende disponibile ad ascoltarlo, divenendo così un uomo retto che risollevò il suo Paese. Ciò significa che non ogni alzarsi è un vero alzarsi. Per alzarsi veramente è necessario ascoltare la chiamata giusta, è necessario levarsi completamente. Non basta che corriamo dietro a nomi vecchi o giovani; veramente alzati, orientati al futuro, al nuovo giorno, lo siamo solo se ascoltiamo nuovamente Dio stesso, se ci alziamo insieme a lui e insieme a lui andiamo verso un futuro che nessuno di noi prima è in grado di immaginare.

«È tempo di alzarsi!». Quando per la prima volta ho sentito il tema della Giornata di Corbiniano di quest’anno mi è subito venuto in mente un uomo che nel momento decisivo della sua vita ha percepito giungergli dalla Bibbia questa chiamata: «Devi alzarti!». Questo segnò tutta la sua vita; e per me personalmente è stato decisivo, negli anni dell’inizio del cammino della mia vita e delle mie decisioni, aver potuto incontrare quest’uomo così da vicino.

Era stato professore di retorica prima a Tunisi, poi a Roma e infine a Milano. Da giovane prese con sé una ragazza con la quale, convivendo in una specie di matrimonio di fatto, ebbe un figlio che viziarono un po’. Quando infine a Milano entrò a far parte della cerchia delle personalità più note dell’alta società, sua madre credette che quell’unione non gli si addicesse più e che — come si pensava — non potesse nemmeno sposare quella ragazza, perché era di origini molto umili e, per formazione — così si riteneva —, non fosse adatta a lui. Così, su pressione della madre, egli la allontanò.

Mentre la madre era ancora alla ricerca della moglie giusta per lui, quell’uomo prese con sé un’altra ragazza, soffrendo enormemente, allo stesso tempo, per il suo comportamento ignobile, per il suo agire miserabile. E soffriva sempre più anche per il fatto di vivere in una società vuota, fatua, per il fatto che le grandi conferenze, per le quali era famoso, in fondo erano solo “chiacchiere vuote”; così come andava realizzando sempre più che quella gran vita di società, con tutte le sue convenzioni e distinzioni di censo, era ipocrita tanto quanto il suo atteggiamento verso la sua ragazza, che ho appena descritto.

Tutto ciò lo tormentava; e racconta come una sera, prima di un grande discorso che avrebbe dovuto tenere, per le strade di Milano incontrò un mendicante un po’ alticcio che si divertiva. Ciò lo colpì profondamente, tanto che disse a se stesso: «Quest’uomo ha una vita alternativa. Con qualche spicciolo che si è procurato mendicando, è libero e felice. Io, con tutta la mia erudizione e inserito nell’alta società, invece no! Quant’è misera questa vita!».

Ma aveva sentito parlare anche di altre alternative. Aveva saputo che c’erano giovani uomini e donne che si alzavano, ascoltavano Cristo e mettevano completamente a sua disposizione la loro vita, che formavano comunità religiose e davano luogo a vere alternative. E racconta che più tardi gli sembrò come se Dio lo avesse, per così dire, preso da dietro e fatto girare, così che potesse guardare in faccia se stesso e vedere chi in realtà era e qual era il proprio aspetto. E dice: ero come uno che nel sogno cerca di alzarsi, che prova ad alzarsi, ma che è tirato giù dalla forza del sonno e della stanchezza pesante come piombo. E sentì di un collega che era stato anch’egli professore di retorica, ma in un ambiente pagano, nel quale ai cristiani l’insegnamento era precluso per principio; e che quell’uomo in modo spettacolare si era pubblicamente professato cristiano perché preferiva perdere la cattedra piuttosto che il suo onore, la sua anima e il suo Dio. Tutto questo lavorava dentro di lui, che era lacerato interiormente perché pieno di disprezzo per la vita che stava conducendo, ma incapace di abbandonarla e di cambiare. In preda a questo grande disagio interiore passeggiava, straziato, per il suo giardino a Milano, da una parte deciso a lottare per alzarsi, e dall’altra riconoscendo di non esserne capace. E racconta come, nello spirito, vide avvicinarglisi le ragazze della sua vita che gli dicevano: «Non ce la farai!»; e anche la sua vita stessa, con tutte le sue bellezze e piaceri della società, che gli diceva: «Non ce la fai a vivere senza tutto questo!».

E infine, in preda a questa collera disperata verso se stesso, aprì la Bibbia nell’intento di far dipendere tutto dal primo passo che avrebbe letto. E trovò queste parole: «È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri» (Rm 13, 11-14). E disse: «non lessi più oltre. Non avevo più bisogno di leggere oltre perché ora sapevo cosa dovevo fare. Dovevo alzarmi verso Gesù Cristo». Si fece battezzare e iniziò una nuova vita, la vita alternativa con Cristo come l’aveva letta in quel passo.

Quell’uomo si chiamava — lo avrete già capito — Agostino. È vissuto 1.500 anni fa, ma ciononostante, nei suoi scritti, lo si può incontrare così da vicino e così personalmente da sentirlo al nostro fianco, perché ha vissuto la nostra stessa vita.

«È tempo di alzarsi!». È questa la chiamata che oggi è rivolta a noi e che esattamente come allora — eppure in modo sempre nuovo — ci dice in che modo ci si può alzare veramente: con Gesù Cristo, gettando via le opere delle tenebre e vivendo ora con Lui la sua vita, la vita nuova, la vita che verrà. Allora ci alziamo veramente. L’autodeterminazione non può darcela la società o chissà chi altro, se non siamo noi a determinare noi stessi. E nessuno può darci la libertà, se non siamo noi stessi a deciderci per essa. E il mondo non può diventare umano, se non siamo umani noi e non lo rendiamo umano. Perciò in questo momento — proprio come quell’uomo allora — ascoltiamo la voce dell’Apostolo: la notte è avanzata. È tempo di alzarsi. Indossate l’abito da giorno, rivestitevi di Cristo e gettate via le opere delle tenebre: gozzoviglie e ubriachezze, impurità e licenze, contese e gelosie. Vivete come vive Lui! Allora sarete uomini del giorno e uomini che si sono alzati!

Come per coincidenza, anche l’altro ieri mi è venuto in mente questo medesimo passo. Avevo avuto la possibilità, insieme ad altri tre cardinali tedeschi, di parlare molto diffusamente con il Santo Padre. E gli ho raccontato come oggi sarei stato con i giovani della nostra diocesi che a migliaia sarebbero venuti in pellegrinaggio, e molti a piedi. Era entusiasta di questo e ha detto: «Porti a quei giovani i miei personalissimi saluti e la mia benedizione!».

È quello che desidero fare ora. Ma devo aggiungere che è stato molto importante anche averglielo potuto dire, perché dovevo rimediare a una mancanza verificatasi prima. Infatti, in precedenza il Papa aveva iniziato a parlare dei giovani, dicendo: «Sento che ovunque i giovani si alzano, che c’è un nuovo inizio, che, non solo in Polonia ma anche in Occidente, i giovani ne hanno fin sopra i capelli delle parole della filosofia materialistica, che cercano nuovamente Cristo, la fede, la vita vera, e che si preparano di nuovo a mettersi in cammino con Cristo verso una nuova vita». E ha aggiunto: «Credo che ovunque, come segno di questa ripresa, ci sia una nuova ripresa anche delle vocazioni religiose». E ci chiedeva come stessero andando le cose da noi in Germania. Il cardinale Hoffner con orgoglio ha potuto dirgli: «Quest’anno abbiamo avuto trenta ordinazioni sacerdotali e cinquantotto giovani sono entrati in seminario». Io ero felice che mancassero gli arcivescovi di Paderborn e Freiburg, dove pure sono entrati in seminario circa cinquanta giovani. Naturalmente siamo stati superati di molto anche dal vescovo di Magonza. Io ho potuto solo rispondere: «Da noi sono solo venti». E non mi ha affatto consolato che a riguardo il cardinale di Berlino abbia osservato: «Per Monaco sono già tanti!». Ora noi, in Baviera, a volte siamo un po’ più riflessivi, ma questo non significa che alla fine restiamo seduti; perché poi ci alziamo dopo essere stati colpiti.

E credo che possiamo affermare: anche per noi ora è il momento in cui alzarci e mostrare che sentiamo la chiamata a prendere la nostra strada. Penso che la grande chiamata dell’odierna Giornata di Corbiniano dovrebbe essere questa: che anche noi diciamo “sì” al giorno, che ci alziamo, che ci mettiamo in cammino verso il Signore; che accogliamo nuovamente la sua chiamata e che ci siano giovani che dicano “sì” al sacerdozio e alla vita religiosa; che ci siano giovani che dentro al mondo di oggi, con tutte le sue convenzioni, vivano in modo nuovo così come ha vissuto Cristo. Preghiamo ora il Signore per questo: che ci dia la spinta; che ci aiuti a dirgli: «Sì, mi alzo!».

di Joseph Ratzinger