Bailamme
Duecento anni fa Leopardi scriveva «Alla sua donna»

La «cara beltà»
compagna di viaggio

 La «cara beltà» compagna di viaggio  QUO-093
21 aprile 2023

«Te viatrice in quest’arido suolo / Io mi pensai». Così Leopardi si rivolgeva alla «cara beltà» nell’ultima delle sue Canzoni, intitolata Alla sua donna e scritta giusto due secoli fa, nel 1823. Era appena tornato a Recanati dal suo viaggio a Roma. Alla composizione della lirica sarebbe seguito un “silenzio poetico” durato cinque anni. La “viatrice”, evocata nella vana speranza di poterla incontrare per strada — «in quest’arido suolo», scrive, ossia in hac lacrimarum valle, per usare l’espressione della Salve Regina — è, secondo la spiegazione dello stesso autore, «la donna che non si trova». Una parola antica (femminile di “viatore”, cioè “viandante”, termine attestato nell’uso dell’italiano almeno dal xiv secolo) che consuona col nome di Beatrice, la grande amica di Dante, colei “che dà beatitudine”. Così che se qualcuno per davvero «t’amasse in terra, a lui pur fora / Questo viver beato».

La canzone leopardiana fu tra i componimenti lirici più amati e più citati da don Luigi Giussani, che vi si imbatté per la prima volta all’età di quindici anni. Il sacerdote ambrosiano la definì «una delle più belle preghiere che si possano leggere nella nostra letteratura», riconoscendovi l’invocazione che la «bellezza, con la “B” maiuscola», non sdegni di rivestire «l’eterno senno di sensibil forma» e di «provar gli affanni di funerea vita». Giussani intuì «come quella di Leopardi fosse, milleottocento anni dopo, una mendicanza di quell’avvenimento che era già accaduto, di cui san Giovanni dava l’annuncio: “Il Verbo si è fatto carne”».

Anche Dante promise un “silenzio poetico” sulla “sua donna”, Beatrice. Lo fece nell’explicit della Vita Nova, laddove, dopo averne parlato diffusamente in prosa e poesia, si propose «di non dire più di questa benedetta, infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei», nella speranza, a Dio piacendo, di riuscire a scrivere «quello che mai non fue detto d’alcuna». Il poeta preannunciava qui il suo pellegrinaggio in Paradiso. Lo avrebbe visitato proprio in compagnia di colei che aveva incontrato nelle strade della sua «dolorosa cittade» come una «cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare». In compagnia di colei che fu nello stesso momento “viatrice” e “beatrice” nel viaggio del poeta. Il miracolo implorato da Leopardi — da qui, «dove son gli anni infausti e brevi» — nel suo stupendo inno alla «cara beltà». 

di Paolo Mattei