Il cardinale Parolin per i 30 anni dei due Paesi

Repubblica Ceca e Slovacchia esempio di armonia
contro i conflitti di oggi

 Repubblica Ceca e Slovacchia esempio  di armonia contro i conflitti di oggi  QUO-090
18 aprile 2023

«Alla luce degli attuali conflitti, in particolare la guerra in Ucraina scatenata dalla Russia, continua a essere una fonte di ispirazione l’esperienza dei popoli ceco e slovacco» che 30 anni fa realizzarono un processo di separazione pacifico. Lo ha rimarcato il cardinale Pietro Parolin nella messa presieduta lunedì pomeriggio, 17 aprile, a Santa Maria Maggiore, nel trentennale della nascita delle due nazioni europee che formavano la Cecoslovacchia.

Il segretario di Stato è tornato nella basilica Liberiana dopo quarantotto ore — sabato vi aveva conferito l’episcopato al commissario straordinario Rolandas Mackricas — perché qui sono custoditi i libri liturgici slavi, come stabilito nell’869 da Papa Adriano ii, con la bolla Gloria in excelsis Deo.

All’omelia il porporato ha ricordato come il 1° gennaio 1993 abbia costituito un momento fondamentale nella storia dell’Europa «perché nacquero due nazioni con radici ben piantate nelle tradizioni slave», due Stati sovrani riconosciuti dalla comunità internazionale.

Il 17 aprile inoltre ricorreva il trentennale della ripresa dei rapporti diplomatici tra Santa Sede e Repubblica Slovacca, «in continuità e perfezionamento delle precedenti relazioni esistenti dal 1919 sotto forma di missione bilaterale» ha affermato Parolin, aggiungendo — davanti agli ambasciatori slovacco Marek Lisánsky e ceco Václav Kolaja — che fu così anche per il ristabilimento delle relazioni con la Repubblica Ceca, avvenuto tre anni prima.

Nel commemorare questi eventi, ha proseguito il segretario di Stato, «viene ricordata l’importanza della solidarietà e del rispetto reciproco nella costruzione» di una pace duratura, «frutto della giustizia ed effetto della carità».

La riflessione del porporato è continuata con la rilettura del brano del Vangelo di Giovanni (capitolo 3) sul dialogo fra Nicodemo e Gesù, un messaggio che — ha detto — sfidò il discepolo «a vedere il mondo in una nuova prospettiva e ad abbracciare la forza trasformatrice della fede». E, allo stesso modo, «l’evangelizzazione della Grande Moravia nel ix secolo portò i suoi abitanti ad assumere una nuova visione della vita e del mondo fondata sul Vangelo, gettando così le fondamenta del patrimonio culturale e spirituale» che accomuna i due popoli, ha aggiunto il cardinale, evidenziando come la loro storia sia «profondamente radicata nell’opera evangelizzatrice dei santi Cirillo e Metodio».

Nell’esaltare la figura dei due fratelli di Salonicco, proclamati compatroni d’Europa da Giovanni Paolo ii nel 1980, Parolin ne ha richiamato l’opera evangelizzatrice compiuta intorno all’863 utilizzando la lingua slava nella liturgia: «Questo fu significativo nella storia del cristianesimo, poiché introdusse l’uso delle lingue vernacolari nelle celebrazioni».

Il porporato ha ripercorso le diverse sfide che, nel corso dei secoli, «i popoli slavi di questa regione hanno affrontato», come la dominazione e l’oppressione straniera. Nonostante ciò, ha notato Parolin, «lo spirito di indipendenza e autodeterminazione non si è mai affievolito e, grazie a questa intramontabile eredità, dopo la caduta del regime comunista» si è giunti alla «separazione pacifica» dei due Paesi.

Prendendo spunto dalle loro vicende storiche, infine, il segretario di Stato ha posto l’accento, «in questo periodo pasquale», sul messaggio di pace cristiano, che «non consiste nell’assenza di conflitti, ma nella presenza della giustizia e concordia»: nella costruzione di un’armonia che, come affermato da Papa Francesco nella messa dello scorso Giovedì santo, non è «questione di strategia o di cortesia: è un’esigenza interna alla vita dello Spirito».

«Che la luce della fede continui a risplendere in queste nazioni» ha auspicato a conclusione il porporato, in un momento storico in cui «le tenebre rischiano di ricoprire ancora una volta l’Europa».

Al termine l’ambasciatore Lisánsky — nel ringraziare il segretario di Stato, il rettore del Pontificio collegio slovacco dei santi Cirillo e Metodio a Roma, don Pavol Zvara, e i sacerdoti del Pontificio collegio Nepomuceno — ha ripercorso il legame lungo oltre 12 secoli del suo Paese con la Santa Sede, menzionando il viaggio di Papa Wojtyła nell’allora Cecoslovacchia ad aprile 1990, il primo in un Paese dell’est europeo dopo la caduta della “cortina di ferro”.