Il cardinale Parolin conferisce l’ordinazione episcopale all’arcivescovo lituano Rolandas Makrickas

La pace si accoglie nel cuore
e si testimonia

 La pace si accoglie nel cuore e si testimonia  QUO-089
17 aprile 2023

C’erano anche diversi fedeli e vescovi della Lituania nel pomeriggio di sabato 15 aprile, a Roma, a Santa Maria Maggiore, dove monsignor Rolandas Makrickas, originario di Biržai, commissario straordinario per la basilica, è stato ordinato vescovo. A presiedere la liturgia il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, con il quale hanno concelebrato il cardinale arciprete Stanisław Ryłko e monsignor Edgar Peña Parra, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato.

Il cardinale Parolin ha iniziato la sua omelia trasmettendo a monsignor Makrickas la benedizione di Papa Francesco, poi si è soffermato, in particolare, sulla pace che Cristo riversa nel mondo nel giorno di Pasqua «perché ha riconciliato l’umanità con il Padre». Pace che, come scrive san Paolo «non consiste nella mera interruzione della conflittualità — ha spiegato il porporato — ma in un’opera nuova di comunione e riconciliazione».

Il vescovo deve essere dispensatore di misericordia


Il segretario di Stato ha anche ricordato che all’indomani si sarebbe celebrata la Domenica della Divina Misericordia — nata su impulso di santa Faustina Kowalska, che nel 1934, a Vilnius, in Lituania, raccolse la richiesta di Cristo di istituire nella prima domenica dopo la Pasqua la festa della Misericordia — e ha esortato monsignor Makrickas a essere «nel cenacolo della Chiesa e nella casa comune del mondo, dispensatore di misericordia e di perdono; pastore animato da uno sguardo compassionevole verso le ferite dell’uomo e della società, ministro capace di distinguere l’errore dall’errante» e disposto a risanare «le piaghe oscure dell’uomo di oggi con la luminosa dolcezza delle piaghe di Gesù».

La pace va testimoniata


Il commissario straordinario per la basilica di Santa Maria Maggiore, che Papa Francesco ha nominato vescovo titolare di Tolentino l’11 febbraio scorso, conferendogli il titolo personale di arcivescovo, ha prestato servizio presso varie rappresentanze pontificie e la Sezione per gli Affari generali della Segreteria di Stato, e per questo il cardinale Parolin ha richiamato il suo ruolo di diplomatico, invitandolo «in modo particolare ad essere operatore di pace» e invocando su di lui il dono di una pace che il mondo, purtroppo oggi «non conosce, ma verso cui anela». «Una pace che non si ottiene con i migliori trattati — ha rimarcato il porporato — ma si accoglie nel cuore, per trasmetterla poi attraverso la propria testimonianza».

La speciale missione della basilica di Santa Maria Maggiore


Infine, il cardinale Parolin ha auspicato che la basilica di Santa Maria Maggiore «e chi vi esercita il ministero», possano avere come missione, «anche attraverso la promozione, creativa e intraprendente, del culto mariano», quella «di attirare la forza della pace di Dio attraverso l’apparente debolezza della preghiera, del perdono, dell’adorazione». «In un periodo segnato da conflitti, la basilica Liberiana è un punto di riferimento per la pace» ha affermato il porporato che ha fatto notare, inoltre, come alla pace richiami, nello stesso luogo di culto, «il gruppo scultoreo di Maria Regina Pacis voluto da Benedetto xv per chiedere alla Vergine la fine della Grande guerra, che egli definì inutile strage».

Il ringraziamento del nuovo arcivescovo


Al termine della messa, il nuovo arcivescovo ha espresso il suo grazie a Dio «per il dono della vita e della vocazione al sacerdozio» e ha detto di avere scelto come motto episcopale «le parole Deus Fidelis Manet (“Dio rimane fedele”)». «Sento in modo molto chiaro che, nella mia vita, il Fedele è stato e rimane Lui: nostro Signore — ha aggiunto —. Questa realtà l’ho vista e vissuta nella storia della mia nazione e nella mia vita personale. Egli mi ha accompagnato e sostenuto con la Sua grazia — ha proseguito — sia nei momenti di gioia e sia in quelli di difficoltà». Monsignor Makrickas ha poi affidato a Dio il suo ministero episcopale e ha ringraziato la sua famiglia, all’interno della quale ha conosciuto la fede «durante gli anni bui della persecuzione sovietica». «L’educazione cristiana ricevuta in famiglia e nella parrocchia nativa di Biržai, semplice ma solida nella sua essenzialità — ha concluso il presule — è stata e resta per me un punto di riferimento costante».

di Tiziana Campisi