A una delegazione di Fratelli oblati diocesani

Sulla strada del servizio umile e nascosto

 Sulla strada del servizio umile e nascosto  QUO-087
14 aprile 2023

Il «dono di sé» va vissuto nel «servizio nascosto, umile, a volte anche umiliante»: è questa «la strada da seguire per ogni cristiano». Lo ha ricordato il Pontefice nel saluto rivolto a una delegazione di Fratelli oblati diocesani, ricevuti in udienza nella mattina di oggi, 14 aprile, nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano.

Cari fratelli, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio per il suo saluto il Superiore e sono contento di accogliere un gruppo di fratelli consacrati. Per me sono preziose le occasioni in cui posso incontrare fratelli consacrati: è una testimonianza del valore di questa presenza nella Chiesa, che merita di essere riscoperta. Per questo vi ringrazio e vi incoraggio perché siete un segno, piccolo ma importante, direi indispensabile, nel mosaico delle vocazioni nella Chiesa.

Anzitutto, voi siete segno della fraternità secondo il Vangelo. E lo siete proprio col vostro essere fratelli: non con le cose che fate, con l’organizzazione, le attività... Tutte queste cose sono buone e ci vogliono, ma la fraternità si costruisce con una forma concreta di vita. Una forma stabile, che ciascuno di voi naturalmente vive in modo diverso, con la propria personalità e i propri doni e anche i propri limiti; ma la caratteristica comune e qualificante è questa fraternità. E penso — e spero — che ciò sia per voi motivo di gioia interiore, perché è il vostro modo di assomigliare a Gesù, che ha vissuto questa dimensione dell’essere fratello di ogni uomo, fratello universale. È un aspetto proprio del mistero dell’Incarnazione. Questa è la prima cosa che vi auguro: la gioia di essere fratelli.

Voi siete fratelli oblati. Questo è il secondo aspetto: l’oblazione, il dono di sé nel servizio. Gesù, dalla forma di Dio, ha assunto la forma di servo; ma attenzione: non un servizio di quelli che tutti dicono: che bravo!, un servizio da applaudire, “che fa notizia”. No. Un servizio nascosto, umile, a volte anche umiliante. Questa — lo sappiamo — è la strada da seguire per ogni cristiano. Voi però l’avete per carisma: l’oblazione. E anche qui, a chi vive così, lo Spirito Santo dona una gioia interiore. Ne parlava spesso Madre Teresa: la gioia di servire. Quando Maria è andata ad aiutare Elisabetta, non c’erano fotografi ad aspettarla, non c’erano giornalisti. Nessuno l’ha saputo. E proprio qui sta la gioia: che lo sa solo il Signore! La beatitudine del servizio. Questo è il mio secondo augurio.

E l’ultimo è legato al fatto che siete diocesani. Fratelli Oblati Diocesani. Anche questa è una dimensione dell’Incarnazione: essere fedeli a una terra, a un popolo, a una diocesi. A volte vorremmo salvare il mondo! Ma Dio ti dice: sii fedele a quel servizio, a quelle persone, a quell’opera... Gesù ha salvato il mondo dando la vita per le pecore perdute della casa d’Israele, e così ha compiuto la fedeltà del Padre; ha amato fino alla fine quelli che il Padre gli aveva dato, ha versato il suo sangue per loro, e così lo ha versato per tutti. Questa è la legge dell’amore: non si può amare l’umanità in astratto, si ama quella persona, quelle persone. La fedeltà è un bene raro! Già un salmo lo diceva: «È scomparsa la fedeltà tra i figli dell’uomo» (Sal 12, 2). Il servizio diocesano è una scuola di fedeltà. E voi lo fate con il vostro essere fratelli oblati.

Fraternità, oblazione, diocesanità. Un bel programma di vita! Il Signore vi accompagni sempre su questa strada e la Madonna vi custodisca nella gioia e nella fedeltà. Vi benedico di cuore e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!