Bailamme
Un antico inno attribuito a san Bernardo di Chiaravalle

«Rimani con noi»

 «Rimani con noi»  QUO-087
14 aprile 2023

«Mane nobiscum, Domine, / et nos illustra lumine. / Pulsa mentis caligine, / mundum reple dulcedine», «Rimani con noi, Signore, / e illuminaci con la Tua luce. / Dissipata la caligine della mente, / riempi chi è puro di dolcezza». È una delle strofe dell’inno Iesu Rex admirabilis, porzione di un componimento poetico più lungo (Dulcis Iesu memoria, oltre quaranta stanze) attribuito da un’antica tradizione a Bernardo di Chiaravalle, il santo cistercense di cui ricorreranno tra qualche mese gli 870 anni dalla morte. Sebbene la paternità del testo ascritta al monaco francese sia stata da tempo messa in discussione, la maggior parte degli studiosi sono comunque concordi nel ritenerne la sostanza perfettamente in armonia con la sua sensibilità.

Le parole della quartina citata — da molti ricordate anche per averle sentite cantare, specialmente durante la solennità di Cristo Re, nella bellissima versione polifonica di Pierluigi da Palestrina — chiedono al Signore di non andare via, proprio ciò che fanno i due discepoli incamminati verso Emmaus la sera stessa della Risurrezione: confusi e tristi, forse anche impauriti, conversano e discutono, con la mente caliginosa, dei fatti della mattina appena trascorsa, fino a quando non vengono raggiunti inaspettatamente da quell’uomo che prende ad accompagnarli sulla strada e a spiegare loro quanto è davvero accaduto.  

«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?», si dicono l’un l’altro dopo quella sera passata con Lui. La nebbiosa e angosciata conversazione nella solitudine del cammino si è mutata, alla Sua presenza, in confidente richiesta: «Mane nobiscum, Domine». E la soavità di quella compagnia — «sed super mel et omnia / Eius dulcis praesentia» recitano altri due versi del componimento poetico: una presenza «superiore a ogni dolcezza» — ha riempito di felicità il loro cuore smarrito. In un certo senso quel «pulsa mentis caligine» richiama l’invocazione che lo stesso Bernardo indirizza a Maria in favore di Dante nel xxxiii canto del Paradiso: «… perché tu ogne nube li disleghi / di sua mortalità co’ prieghi tuoi, / sì che ’l sommo piacer li si dispieghi». Essere con Lui quel giorno, su quella strada, seduti alla stessa tavola, significò provare quel «sommo piacere»: «Expertus potest credere / quid sit Iesum diligere», «Chi ne ha fatto esperienza può credere / che cosa sia amare Gesù». Avevano vissuto quella dolcezza, ne erano testimoni. L’inno ce la ricorda, e ce la fa cantare come la povera preghiera di ogni uomo qui sulla terra: «Pulsa mentis caligine, / mundum reple dulcedine». 

di Paolo Mattei