La buona Notizia
Il Vangelo della II domenica di Pasqua (Gv 20, 19-31)

C’è un tempo per morire
e un tempo per risorgere

 C’è un tempo per morire e un tempo per risorgere  QUO-084
11 aprile 2023

Non solo nella vita di Gesù ma anche in quella dei suoi discepoli e quindi della Chiesa, accadono innumerevoli episodi di morte che contengono nuova vita. Sottrarsi a questa logica comporterebbe la perpetua chiusura in nuovi e comodi sepolcri, distanti dalle contraddizioni e dalla storia concreta dell’umanità. Subire il tempo del morire come se fosse solamente una sorte sfavorevole ci conduce a costruire castelli difensivi e relazioni artefatte per evitare altre dolorose ferite. Restare ripiegati sul dolore della morte ci impedisce di allungare lo sguardo oltre, per gustare le sorprese di Dio.

Infatti il Risorto, venendo incontro ai suoi discepoli, sigillati dentro per paura dei giudei, mostra proprio le sue ferite: «Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco» (Giovanni, 20, 20). Con inaudita libertà il Cristo torna in mezzo a loro proprio con quelle ferite che li avevano scandalizzati e costretti a fuggire lontano: quelle ferite furono la causa della loro fuga verso chiusure più rassicuranti. È possibile uscire dalle chiusure asfissianti soltanto accettando il rischio di ferirsi e di sporcarsi: permettendo alle nostre piccole sicurezze di schiantarsi con la realtà che richiede di essere accolta e perdonata. Sono quelle ferite il segno di un amore radicale che supera i confini ristretti di un sepolcro oscuro.

C’è un tempo per morire e un tempo per risorgere. Anche alla Chiesa capita di rimanere intrappolata nella sindrome della tomba: meglio chiusi per paura di ferirsi piuttosto che aperti ai rischi di andare incontro a tutti, meglio abili nelle lamentele che creativi nelle novità. La Chiesa diventa beata se crede senza vedere, se crede che non possa darsi da sola questa libertà di aprirsi, bensì la riceve come dono gratuito dello Spirito. «Ricevete lo Spirito santo»: dal soffio del Risorto la Chiesa rinasce continuamente perché si apre alla libertà dello Spirito, simile al «vento che soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va» (Giovanni, 3, 8).

Non si può rinascere in Chiese chiuse e rassegnate, malate di numeri e aride spiritualità. Non si può rinascere in Chiese che credono troppo nei calcoli umani e poco nella rivoluzione del Vangelo. Non si può rinascere in Chiese paralizzate dalla paura di sbagliare, ripiegate sul ritmo monotono di abitudini senza vita. Si può rinascere solo in Chiese in cui si vive della libertà dello Spirito che il Vivente dona a chiunque, perché germogli l’umanità che costruisce la pace. 

di Roberto Oliva