Lettere dal Direttore

Le ferite del guaritore

 Le ferite del guaritore   QUO-081
06 aprile 2023

«Le ho mostrato le mie fragilità». Non ha alcuna esitazione Salvatore Germanà a rispondere alla domanda della conduttrice del tg1 che gli chiedeva di come fosse riuscito a convincere la giovane donna dal desistere dal progetto di togliersi la vita. Il vicebrigadiere Salvatore Germanà, militare dell’Arma dei Carabinieri in servizio alla Sezione Radiomobile di Alessandria, ieri con un suo pronto intervento ha evitato che una ragazza si lanciasse nel vuoto dal ponte Meier. L’ha fatto, dice, «spinto semplicemente dall’istinto». E aggiunge: «Sono quelle cose non ragionate in quel momento, che fai d’impeto e che fortunatamente poi vanno bene. Quello che ho fatto è stato semplicemente cercare di instaurare un dialogo basato sulla fiducia mettendo in mostra anche le mie paure e le mie preoccupazioni».

Le foto di entrambi sul ponte con i piedi penzolanti sul vuoto stanno facendo il meritato giro su tutti i canali televisivi e della rete, ma questa piccola storia merita un ulteriore attimo di sosta e di riflessione. Innanzitutto non è una storia piccola, perché non esistono storie umane piccole, come ha ricordato Papa Francesco nel febbraio del 2019 tornando dal viaggio ad Abu Dhabi, ma tutte le storie umane contengono una dignità incommensurabile; poi questa vicenda, avvenuta nel cuore della Settimana Santa, ha l’inconfondibile sapore della Pasqua. Non solo perché una persona «che era morta è tornata in vita», ma per tutta una serie di dettagli e sfumature che i cristiani dovrebbero saper cogliere.

Il vicebrigadiere che scavalca la staccionata per sedersi e dialogare accanto alla donna seduta in bilico sul precipizio ci dice qualcosa dello stile di Dio che — è sempre il Papa a ricordarcelo di continuo — è fatto di vicinanza, compassione, tenerezza. Raccontando poi quanto accaduto, il vicebrigadiere Salvatore, di nome e di fatto, ha così spiegato il suo intervento: «Una volta che ho capito di aver carpito la sua fiducia, è lì che da Salvatore mi sono messo nei panni del salvato e mi sono fatto accompagnare verso la passerella, nel senso che lei si è messa davanti e io da dietro sono riuscito a farla avvicinare alla ringhiera dove dopo è stata afferrata anche dai miei colleghi e tratta in salvo».

Questo lavoro, difficile, di fiducia e di immedesimazione, è fondamentale. Passa dal riconoscere innanzitutto in se stessi le fragilità — i “peccati” si diceva una volta — degli altri. Lo stesso Pontefice ne ha parlato stamane alla messa crismale riferendosi in particolare alla fragilità dei sacerdoti. Il “salvatore” non opera “dall’alto”, insegnando una dottrina o un’etica da una situazione di potere, ma dal basso, umilmente. Domenica scorsa abbiamo ricordato l’ingresso a Gerusalemme di Gesù, profeta disarmato, a dorso di un’asina. E fra due domeniche avremo davanti l’immagine di Gesù che mostra ai discepoli le sue ferite, le sue, le nostre, fragilità. Per il cristiano il guaritore migliore è il guaritore ferito. È il caso di dire che l’Arma disarmata è quella che vince, o quanto meno di sicuro con-vince, vince insieme, che è l’unico modo, veramente e pienamente umano, di vincere. (andrea monda)