Bailamme

Cutro e le voci del lutto 

 Cutro e le voci del lutto   QUO-076
31 marzo 2023

«Sedetevi. Sedetevi ed ascoltate. Ascoltate le voci del lutto e del dolore — scrive Antonella Talamonti, parlando del suo lavoro di ricerca —  le voci dello scandalo della morte, le voci dell’ingiustizia contro l’innocente, le voci della perdita incolmabile, le voci della ricerca di consolazione. Ascoltate i suoni portati da lingue e da mondi diversi. Ascoltate i suoni che alterano il tempo, le voci che riportano nel presente, accanto al dolore di oggi, il dolore di tutti quelli che ci hanno preceduto. Per trasformarlo, superarlo e riprendere il cammino».

Da più di trentacinque anni, continua Talamonti, regista e performer che ha fatto dell’ascolto empatico del lutto la cifra del suo linguaggio artistico «passo la settimana di Pasqua seguendo cantori tradizionali e Confraternite nelle strade e nelle piazze dei paesi del centro sud d’Italia. Ascoltando, registrando, camminando e aspettando la notte insieme alle altre persone. Il rito permette di affrontare il lutto, accogliere e contenere, sostenere e superare il dolore attraverso un sapere e un saper fare condiviso, suoni e parole scelte, modi di camminare e di stare». Come riproporre l’esperienza di quel rito di consolazione dallo scandalo della morte e dell’ingiustizia, fuori dai contesti che lo producono? Attraverso il canto e il movimento, attraverso il canto “in” movimento, che cambia, si adatta agli spazi, ai materiali, alle architetture e alle forme, e in ogni nuova chiesa trova nuove posture, nuove risonanze, nuove voci, nuove risposte. «Attraverso una scrittura contemporanea ispirata a quei suoni — continua la regista — mettendo in musica testi, lingue e dialetti, che quei mondi li portano con sé».

Antonella Talamonti ha scelto di far “cantare” le chiese, usando la voce umana come uno scandaglio di nuove sonorità all’interno delle architetture, il regista e attore calabrese Giancarlo Cauteruccio ha scelto di far cantare le onde, la sabbia e il cielo di una spiaggia diventata tristemente famosa, la “sua” Cutro. Anche in questo caso siamo nel sud Italia, luogo privilegiato per la ricerca sui riti più arcaici che permettono alla comunità di dare forma al dolore, di ospitare lo smarrimento, di canalizzare le domande di fronte allo scandalo del male.

Domenica scorsa, a un mese dal naufragio, dalla mattina fino al tramonto la spiaggia di Steccato di Cutro ha accolto l’opera corale  Arithmòs  - KR46M0, KR14F9, ideata e realizzata da Cauteruccio. Per un giorno questo angolo di Mar Ionio è diventato un teatro a cielo aperto. All’evento hanno partecipato oltre mille persone; tra gli altri, c’era anche Vincenzo Luciano, il pescatore che il 26 febbraio scorso fu il primo soccorritore del naufragio.

Il titolo contiene una parola greca a cui si aggiungono numeri di serie che sono l’unico segno di riconoscimento, l’unico  nome di due piccole vittime: arithmòs = numero  kr = krotone, 46 = n. vittima, M = maschio, 0 = n. anni / ovvero pochi mesi. kr = krotone, 14 = n. vittima, F = femmina, 9 = n. anni.

Perché i rituali (religiosi, teatrali, pubblici o privati che siano) sono utili nell’affrontare il dolore? Perché aiutano a rimanere in contatto con la realtà, anche se dura, sconcertante. A lasciarsi raggiungere da quella realtà che il nostro mondo, in mille modi, allontana, anestetizza e censura; accettando il buio per poi essere (per davvero) grati del regalo della luce, del dono sconcertante e, letteralmente, smisurato, senza misura, della Resurrezione. 

di Silvia Guidi