Storie di risurrezione Le violenze, l’alcol, la voglia di farla finita e... poi la scoperta dell’amore di Dio

Sono viva e il domani è bellissimo

 Sono  viva  e il domani  è bellissimo  ODS-009
01 aprile 2023

Se, quando avevo 26 anni, in Canada ci fosse stata l’attuale legge sull’eutanasia, probabilmente oggi, non sarei qui a raccontare la mia storia. Ricordo bene il giorno in cui implorai un farmacologo di farmi un’iniezione letale. Anche la mia cara amica A., che provava il mio stesso, feroce desiderio di farla finita, non sarebbe viva. Allora non ci conoscevamo, ma quando ci siamo incontrate, un paio di anni dopo il mio più lungo ricovero in un ospedale psichiatrico, abbiamo scoperto di avere troppe cose in comune per non trovare l’una nell’altra un’affinità unica e speciale, che nulla avrebbe potuto spezzare.

Non importa che conosciate il mio nome. È importante che sappiate che sono viva. Sia io che A., da bambine, abbiamo subito abusi e siamo state abbandonate. Entrambe abbiamo vissuto con uomini violenti, entrambe abbiamo cercato di anestetizzare il dolore con l’alcol e con le droghe, entrambe abbiamo sofferto la fame fino allo sfinimento. Tutte e due sapevamo bene cosa significasse fissare le pareti giallo-verdi, mentre eravamo legate a un letto e ci venivano somministrati forti sedativi. E sapevamo anche cosa significasse non avere una casa, non avere soldi, non avere da mangiare. Non avere nessuno.

Cinque anni fa ho tentato il suicidio. Mi ricordo solo che mi sono svegliata legata a una barella dell’ospedale e con addosso un pannolone. Ricordo la vodka e le pillole, ma poi niente... E nessuno mi diceva cosa fosse successo, solo che ero stata trovata da un vicino, che avevano letto il biglietto che avevo lasciato nella borsa e che ero “in attesa di un posto al piano di sopra, in psichiatria”.

Ho provato tante volte a farla finita e tante volte mi hanno rinchiuso e punito.

Il mio primo incontro con l’Ortodossia fu quando entrai in una chiesa greco-ortodossa a Montreal: rimasi a bocca aperta davanti alla bellezza delle icone, al profumo dell’incenso e alla folla di persone. Ma non mi sentivo cristiana e non ci sono più tornata. Non sapevo parlare greco. Ero più interessata ai cristalli e ai tarocchi.

Sono stata battezzata in una chiesa luterana all’età di 5 anni. Ma mia madre smise di portarmi in quella chiesa quando cominciarono a chiederci soldi per un tetto nuovo, un parcheggio da asfaltare… soldi che lei non aveva.

Ricordo di aver pregato con fervore Dio quando avevo 11 anni per essere ammessa alla Royal Winnipeg Ballet School, ma dopo che le mie preghiere non vennero esaudite, mi misi in silenzio con Dio.

Sono dovuti passare anni prima che tornassi a pregare.

A 32 anni ho lasciato un alcolista violento, portando con me borse di vestiti, libri amati e peluche dell’infanzia… e, in tasca, un quarto di dollaro.

Sono finita in una casa di accoglienza, che era più simile a una prigione che a un rifugio sicuro. E ancora una volta volevo morire.

Passavo le giornate nel parco, lì vicino, a scrivere sul mio quaderno. Un giorno finì l’inchiostro e non avevo soldi per comprare un’altra penna. Mi misi a camminare e vidi una banconota da venti dollari in mezzo al marciapiede. Avrei potuto comprare penne e caffè per giorni con quella banconota, ma, pensando che fosse caduta al ragazzo che camminava davanti a me, gli corsi dietro e gliela diedi. Tornai indietro e lì, esattamente nello stesso posto in cui si trovava la banconota da venti dollari, c’era una penna a sfera nuova di zecca.

Allora capii che Dio si stava prendendo cura di me. Ma io ero la sua figlia ingrata.

Ho sofferto la fame, sono entrata e uscita dall’ospedale, sono tornata a credere ai cristalli. Ancora una volta ho tentato il suicidio. Ricoveri in ospedale, dimissioni e ancora ricoveri. Farmaci… li prendevo e poi smettevo.

Un giorno incontrai una persona greco-ortodossa e cominciai ad interessarmi alla sua fede, con i suoi riti e la sua bellezza. Allora, cercai su Google: “servizi religiosi ortodossi in inglese a Toronto” e così conobbi la chiesa Saint John’s.

Ci andai di mattina presto pensando: “Come faccio a pregare?”.

Poi mi sono apparsi i volti di persone sconosciute, ma che mi apparivano familiari e amichevoli. E cominciai con Dio.

A quel tempo, però, vivevo ancora a Montreal e, essendo atea, ero molto critica nei confronti della mia nuova fede che mi metteva in discussione. Il mio ex marito, un uomo violento, era greco-ortodosso: quindi la mia visione della chiesa era influenzata dalle ferite del passato.

Una sera chiamai alla Saint John’s dicendo che ero sdraiata sul letto con le lenzuola piene di sangue. Ero ubriaca. Volevo morire lì, sul momento.

Chiamarono la polizia di Montreal, che mi portò in ospedale, dove mi ricucirono i polsi e mi rimandarono a casa.

Da quando sono arrivata alla Saint John’s sono stata ricoverata per depressione e per curare il mio disturbo alimentare. Ma quando l’anno scorso ho ricevuto la cresima, mi sono sentita purificata. Soffro ancora molto, ma ora conosco anche la gioia della risurrezione.

Non correrò mai più il rischio di chiedere a un medico un’iniezione letale.

Ho parlato con A. l’altro giorno e anche lei sta meglio. Ma sono terrorizzata per la sua fragilità e per il suo essere atea nella nostra società attuale.

Perché la prossima volta che qualcosa le andrà storto e penserà di non poter affrontare un altro giorno, l’opzione di farla finita è lì, pronta per lei.

Preghiamo per coloro che sono dimenticati per strada, per le donne picchiate dai mariti, per i giovani che si incidono le parole sulla pelle con le lame dei rasoi, per coloro che hanno fame, per coloro che si privano di proposito del nutrimento, per coloro che sono soli, per coloro che, in questo momento, stanno fissando le pillole, la pistola, la corda o il bordo di un ponte.

Preghiamo per ogni canadese che sta considerando l’opzione di porre fine alla propria vita, affinché la luce di Cristo risplenda su di lui, affinché il suo cuore diventi meno duro, come lo è stato il mio.

Sono grata di essere viva e di camminare con Cristo e sono grata di far parte della calorosa comunità della Saint John’s.

Sono viva e il domani è bellissimo.

(L’autrice del testo è la stessa protagonista della storia)