La via Crucis degli scartati

 La via Crucis degli scartati  ODS-009
01 aprile 2023

Per questo numero pasquale dell’«Osservatore di Strada», abbiamo chiesto agli autori dei “canti dalle periferie”, che solitamente pubblichiamo nelle pagine 9, 10 e 11, di rileggere attraverso i loro occhi il mistero della passione e morte di Cristo. Ne è nata questa “via Crucis degli scartati”, che non si conclude con la deposizione di Gesù nel sepolcro ( xiv stazione), ma arriva fino alla Resurrezione, attraverso un breve componimento che lo scrittore e poeta Daniele Mencarelli ci ha donato, riprendendolo dalla sua opera «La croce e la vita», pubblicata nel 2021 per le Edizioni San Paolo.

I stazione
Gesù
è condannato a morte

Gesù, ti hanno condannato. Non basta. La folla a gran voce chiede che tu sia crocifisso. Qual è la tua colpa? Qual è la mia, la nostra colpa? La gente ci dice che siamo laceri, sporchi, ubriachi, che ce la siamo andata a cercare la vita che facciamo, che potevamo restare a casa nostra. Il pregiudizio è la nostra condanna.

Pilato si rivolse al popolo e disse: «Che male ha fatto costui?”. La folla rispose: «Crocifiggilo, crocifiggilo».

Senza una motivazione precisa, la folla, ovvero la società, condanna il povero, il senza casa, il senza lavoro, colui che vive ai margini della società civile, benestante e benpensante. L’Ecce homo dei tempi attuali è rivolto allo scartato o alla scartata, che viene condannato o condannata da gran parte dei componenti della società senza un motivo preciso, come lo fu Gesù ai suoi tempi e come viene ricordato nella prima stazione della via Crucis. La folla urla perché altri urlano e Pilato si lascia sopraffare dalla “non presa di posizione” e, dopo averlo fatto flagellare, affida Gesù ai soldati affinché venga eseguita la condanna a morte, come il popolo tutto chiedeva a una sola voce.

Quando partecipiamo alla via Crucis, pensiamo a coloro che vivono in prima persona una condanna senza aver commesso nulla di male.

Anche quest’anno si è ricordata la morte, dopo 40 anni, di Modesta Valenti, una senza casa di 71 anni, originaria di Trieste, che dormiva presso il binario 1 della stazione Termini a Roma, rifiutata da un’ambulanza solo perché sporca — questa la sua colpa — e lasciata morire di freddo il 31 gennaio del 1983. Modesta è commemorata ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio con una messa in suffragio. Potremmo fare un triste parallelo tra Ponzio Pilato e i componenti di quell’ambulanza: se ne sono lavati le mani, lasciando che una innocente morisse.

Gesù viene condannato a morte nella prima stazione, come viene condannato ogni emarginato tutte volte che incontra un Pilato dei giorni nostri. Ce ne sono ancora molti, anche se solo uno sarebbe sempre troppo.

II stazione
Gesù è caricato
della croce

Gesù, anche Pietro ti ha rinnegato. Ti hanno colpito e schernito mentre ti ponevano una corona di spine sul capo. Ora ti hanno caricato della croce. Gesù, io non l’ho cercata la mia croce. Mi è caduta addosso all’improvviso. Mi schiaccia questo peso. Mi fa paura pensare a dove mi porterà questa via lastricata di dolore. Gesù, insegnaci a portare la nostra croce.

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Affidarmi a te, Gesù, e confidare in te, nella tua infinita misericordia, mi danno una grande forza e una grande speranza di rinascita. Come hai detto a Nicodemo, “chi non rinasce per la seconda volta” non è figlio della luce. Riuscire a vedere la luce nei momenti più bui della propria esistenza è un “dono” del Signore Gesù Cristo e della nostra Madre celeste Maria. La tua parola indica la via d’uscita dalle tenebre del mondo.

Noi ti rinneghiamo ogni giorno e ogni giorno abbiamo un vitale bisogno del tuo perdono e della tua misericordia.

Gesù, hai detto: La messe è tanta, c’è bisogno di tanti operai. Anche oggi, come allora, la messe è grande e c’è bisogno di tanti operai. Fai, Signore Gesù, che anche io, misero peccatore, possa essere guarito e, convertendomi, fare parte di quegli operai che lavorano per te. Gesù, confido in te.

III Stazione
Gesù cade
per la prima volta

Gesù, non è il peso della croce a sopraffarti. A schiacciarti faccia a terra è il peso delle nostre cadute, delle nostre fragilità, delle nostre colpe. Come poteva essere altrimenti? Chi paga in carcere il suo conto con la giustizia degli uomini sa quanto possa essere pesante il male che l’uomo è capace di compiere. Sa quanto insopportabile sia il dolore che può provocare. Gesù, prendi la nostra mano e aiutaci a risollevarci.

La terza stazione ci riporta l’immagine di un uomo che, sofferente per le percosse, appesantito dalla croce e circondato da una folla quasi divertita davanti al suo dolore, cade a terra e viene frustato dai soldati perché si rialzi.

Guardando questa scena o, meglio, questo atto di barbarie, non possiamo che rivedere noi stessi, in cammino su questa via in salita, mentre cerchiamo di riprende in mano la nostra vita, circondati da un muro di indifferenza e dall’ignavia di tante persone.

Questa scena rappresenta la nostra vita in carcere.

Ecco, all’improvviso, una decisione ci spinge al male, ci fa compiere il male. Quasi senza freni compi e ripeti dinamiche negative. Poi, vieni fermato, giudicato e tu — consapevole di quanto hai fatto — aspetti una condanna che quando arriva, con tempi e modalità non rispettose di te stesso, ti getta in pasto — se non è già avvenuto — all’opinione pubblica che ha emesso la sua sentenza prima ancora del tribunale. Senza capire cosa ti attende, vieni rinchiuso in una cella. Ti viene tolto tutto. Anche la nozione del tempo. Solo l’alzare e l’imbrunire del sole dicono quando è mattino e quando è sera.

In cella cerchi di capire, di fare mente locale. Come vivere nel mondo nel quale sei sprofondato? Nel tuo silenzio interiore capisci che la caduta e la croce sono il segno dell’umanità errata che hai vissuto. Capisci che, per tutto il tempo della detenzione, porterai quel peso per il male che hai fatto. Capisci che quello è il peso di tutti i dolori provocati a chi hai offeso, del danno fatto ai tuoi familiari e alla società che in te aveva creduto e che tu non hai rispettato.

La pena che sconti — dice la Costituzione — dovrebbe tendere alla rieducazione del condannato. Non è quasi mai così. Quando provi a rialzarti, non trovi elementi che ti aiutino a migliorare. Senti solo il peso del male compiuto e l’assenza di strumenti che ti aiutino a riabilitarti.

Anche chi è in carcere ha “fame e sete della giustizia”, come dice Matteo. Solo la fede in chi, per amore, ha preso sulle sue spalle anche la mia colpa può far germogliare la speranza.

IV stazione
Gesù
incontra sua Madre

Gesù, ecco ti viene incontro tua Madre, che è anche Madre nostra. Nel suo cuore palpita ancora il canto del “Magnificat”, ma sul suo volto scorrono le lacrime dell’ultima ora. Hanno lo stesso sapore amaro di quelle che bagnano il volto delle tante madri alle quali la guerra strappa i figli dal seno. Gesù, posa il tuo sguardo su di loro. Tu solo puoi consolare l’inconsolabile.

«Stabat Mater dolorosa, iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius» (La Madre dolente stava in lacrime presso la croce mentre pendeva il Figlio). Su questa immagine drammatica, tragica, nel 1736 Giovan Battista Pergolesi scrisse una delle sue composizioni più belle.

Nelle sacre maternità, ha spiegato una guida durante una recente visita museale, Maria è solitamente raffigurata con un’espressione triste, desolata: conosceva la sorte di suo Figlio. Si sa, lei serbava in cuor suo molte cose che lo riguardavano: in fondo era Deipara, Θεοτóκος, insomma Madre di Dio.

In Grecia, sull’isola di Lipsi, c’è un santuario molto importante che attrae un gran numero di devoti, soprattutto in occasione della solennità dell’Assunta. Vi si venera un’icona, più unica che rara, detta Η Παναγιά του Χάρου — La Madonna della Morte —, perché Maria regge, non già il bambino Gesù, bensì un crocifisso.

Quando incontra il Figlio sulla via della Croce, Maria già sa che una spada sta per squarciarle il petto. Ma sa pure che per quel dolore passa la vittoria della vita sulla morte.

Ma cosa sanno le tante, troppe madri alle quali, ieri come oggi, in tante parti del mondo, la violenza e l’odio strappano dal seno i loro figli, esseri solo umani?

Anch’esse lacrimano, ma spesso senza neanche una croce alla quale aggrapparsi. Piangono i propri figli morti non in virtù di un disegno divino, ma per i disegni del potente di turno.

Quanta fede occorre per affrontare uno strazio simile? Maria sapeva, ma una madre comune?

Se la domenica, alla fine, Gesù è risorto, quante domeniche dovranno aspettare le madri dell’Ucraina e della Russia, e di ogni parte dove si combatte questa terza guerra mondiale, per incontrarsi di nuovo con i loro figli?

Abbi per loro, Signore, quell’occhio di riguardo che solo tu sai avere.

V stazione
Simone di Cirene aiuta
Gesù a portare la croce

Gesù, sono un uomo qualsiasi. Anche io, forse come Simone di Cirene, sono qui per caso. Mi dicono di portare la tua croce, ma la mia è già così pesante. Dammi la forza di sopportare il peso di entrambe e di capirne il senso.

Il passo del Vangelo di Luca (23,26), che scandisce la quinta stazione della via Crucis, credo che mostri tutta l’umanità di Gesù (Dio) e di Simone di Cirene. Toglie quella sacralità che, forse, non hanno mai chiesto o che, forse, io non ho mai visto. Sono due uomini e uno aiuta l’altro. Questo non fa che rafforzare il mio pensiero, la mia convinzione che se tutti noi, esseri umani, ci aiutassimo di più, la pesante croce che la vita ci mette sulle spalle sarebbe molto più leggera.

VI stazione
Veronica asciuga
il volto di Gesù

Gesù, non mi spaventa il tuo volto, nonostante il sangue e i lividi per le percosse che hai ricevuto. Quanti volti sfigurati e disprezzati ho visto nella mia vita, anime — come la mia — sfregiate dalla povertà e dall’indifferenza. Lascia che io, che non posseggo nulla, asciughi il tuo volto con la mia poesia.

A volte vorrei pregare, Signore,

ma non trovo le parole.

Tu sei stato crocifisso

e sai bene cos’è il dolore.

Quante lacrime ho versato,

perché non mi sentivo amata.

Tante altre ne verserò

e da sola morirò.

Non guardarmi con sospetto,

hai tutto il mio rispetto.

Nel tuo viso c’è il dolore,

nei tuoi occhi solo amore.

Benedicimi Signore, sono stanca

di lottare per una vita che fa male!

VII stazione
Gesù cade
per la seconda volta

Gesù, quante volte sono caduto anche io sotto il peso della mia croce… Anzi, forse ancora oggi quel peso mi tiene inchiodato a terra. Provo a rialzarmi, ma è così difficile. È difficile trovare qualcuno che ti dia un lavoro, che ti dia la possibilità di riconquistare la dignità. Ma il tuo rialzarti in piedi per amore, il tuo andare incontro al supplizio della croce perché ci ami, perché mi ami, mi dice che anche io sono già in piedi.

Ecco, Gesù cade per la seconda volta sotto il peso della croce. E noi? Quanti di noi nella propria vita sono caduti una volta e anche una seconda volta sotto il peso della propria croce?

Credo che almeno una volta nella vita tutti noi siamo caduti sotto il peso delle nostre sofferenze, dei nostri errori, delle nostre paure. Come Gesù, siamo caduti la seconda volta perché quella croce che avevamo sulle spalle ci è sembrata impossibile da portare.

Sì, tutti siamo caduti e ancora continuiamo a cadere sotto le croci dell’odio, dell’indifferenza, del male, della guerra. La cosa difficile non è cadere, ma rialzarsi come ha fatto Gesù, portando la sua Croce che poi è la nostra Croce.

Signore, tu che ti sei rialzato, tu che hai preso sulle tue spalle tutti i mali e tutti i peccati del mondo, aiutaci a rialzarci, aiutaci a capire come fare a non cadere sotto il peso delle nostre croci, delle croci del mondo che ogni giorno ci sembrano più pesanti.

Quando cadiamo sembra impossibile poterci rialzare, ma è in quel momento, quando si tocca il fondo, che dobbiamo reagire e dobbiamo dire: Gesù, tu che sei caduto, tu che ti sei rialzato sotto il peso della croce, aiutaci e aiuta tutti quelli che in questo momento cadono sotto le croci del mondo, del male nel mondo, a rialzarci e, insieme a te, porteremo la tua croce.

VIII stazione
Gesù incontra le donne
di Gerusalemme

Gesù, sono una donna che ha molto sofferto. So cosa significa vivere in strada o in una macchina, non avere da mangiare… È dura la vita di un senza dimora, ma è ancora più difficile se sei una donna. Con tutte le donne che sono povere e in difficoltà ti accompagniamo mentre percorri la tua strada, che è anche la nostra.

Gesù inizia la salita, cade e ricade. Maria Maddalena cammina con lui. I loro sguardi s’incontrano in un silenzio più intenso delle parole. Con lui camminano le pie donne, il discepolo Giovanni, Veronica e Simone di Cirene. Gesù li consola, eppure le sue parole sono piene di tristezza e di malinconia.

Anche io ho percorso la via del Calvario e ho imparato che cos’è la sofferenza. Sono stata senza casa, sono stata esclusa da tutto e da tutti. Ma da quell’esperienza ho capito che cosa voleva veramente Gesù da me: che lo amassi ogni giorno di più, che soffrissi come aveva sofferto lui.

Quell’esperienza mi ha insegnato che l’amore è più grande di ogni cosa. Gesù ci esorta a seguirlo e ad essergli fedele, scoprendo la gioia di donare anche se nella vita incontrerai la sofferenza e la croce.

Che la risurrezione della domenica di Pasqua sia segno di pace, di amore e di speranza per tutti.

IX stazione
Gesù cade
per la terza volta

Gesù, è la tua terza caduta, l’ultima. È il momento in cui le speranze svaniscono e sembra prendere il sopravvento la tentazione di mollare tutto. So cosa significa. Ti senti schiacciato dalle ingiustizie e dall’indifferenza della gente. Tu ti rialzi per andare verso la morte in croce: il tuo gesto è la mia e la nostra salvezza. Lo fai per amore.

Gesù cade per la terza volta sulla strada di terra battuta, arsa dal sole di Gerusalemme, con il volto pieno di sangue per via della corona di spine, che gli era stata messa in testa per infliggergli un’ulteriore pena e umiliazione. Intorno, la gente lo schernisce con parole indicibili e ingiurie di ogni tipo.

È il momento in cui tutto sembra inutile, anche le convinzioni più salde sembrano cadere. Come ogni uomo, si sente assalito dai dubbi, dalle sofferenze, da dolori così atroci che la morte appare quasi come una liberazione. Sono proprio questi i momenti in cui Dio ci mette alla prova. Si sente umiliato e deriso proprio dal popolo che pochi giorni prima ascoltava le prediche e le parabole. Sono loro i primi a voltare le spalle come tanti Giuda.

Gesù sarà crocifisso e lasciato al rantolo. Qualche donna si prenderà cura del suo corpo martoriato, lavandolo e avvolgendolo in un lenzuolo bianco per essere messo nella tomba, che, dopo tre giorni, sarà vuota.

Non sono mai stato un cristiano fervente, ma neanche un peccatore incallito. Ho cercato, come sempre, di capire, per quanto sono in grado di fare. Comunque, una cosa la voglio dire: di tutte le cose che mi ha insegnato il cristianesimo — per quanto i miei studi risalgano al catechismo che si faceva prima della Comunione e della Cresima —, la più importante è l’umiltà. Se si è umili, nella vita e nell’animo, sarai sicuramente una persona buona e giusta.

X stazione
Gesù è spogliato
delle vesti

Gesù, ho visto le tue vesti strappate in quelle di tanti migranti, che, come me, hanno lasciato tutto per inseguire il loro diritto a una vita degna. Ho visto fare merce delle nostre vite.

Sono qui di fronte al mare. Un mare che non è il mio. Mosso, ma silenzioso. Di un colore grigio appassito. Che sputa e inghiotte come se niente fosse. Fa parlare di sé senza pronunciare parola. Piuttosto, trattiene corpi e spezza ricordi. Ondeggia tra la vita e la morte.

Sono qui, davanti al mare di Crotone, in Calabria, perché su questa costa alcune settimane fa sono annegate e morte più di 70 persone. Non migranti, non stranieri, non naufraghi, non corpi. Persone. Tante di loro venivano dalla mia terra, l’Afghanistan, che hanno lasciato per i miei stessi motivi: la guerra, la povertà, la ricerca della speranza.

Come Cristo, anche queste persone sono state spogliate delle loro vesti: chi della casa, chi della famiglia, chi dei soldi, chi del lavoro o dello studio. Sono arrivate nude. Non avevano nulla, non volevano nulla, non potevano nulla.

Anche il telo, che è stato steso sui loro corpi recuperati dal mare, è senza cuciture come la tunica, tessuta tutta d’un pezzo, del Cristo crocifisso. Tutti siamo unici e, in nome di questa unicità, abbiamo bisogno dell’altro e l’altro ha bisogno di noi. Ed è difficile indossare o persino cedere la propria tunica al prossimo. È difficile mettersi nei panni di chi non si conosce.

Anche io mi sento spogliato delle vesti. Anche io mi sento nudo. Riempito solo da incertezze. Perché io sì e loro no? Per quanto ancora dovremo vedere immagini simili? Cosa vogliono le persone che giudicano severamente? Chi è veramente consapevole del dramma di chi parte? Sappiamo cosa si lasciano alle spalle? Sarò capace di perdonare? Chi saranno i prossimi?

Ma forse è così che dev’essere la vita. Piena di domande senza risposte. L’importante è farsi domande. Essere curiosi. Cercare la verità. Incontrare l’amore. Non chiudendo, ma aprendo. Non respingendo, ma accogliendo.

XI stazione
Gesù è inchiodato
alla croce

Gesù, i chiodi trafiggono la tua carne. Dov’è la tua rabbia? Tu, l’innocente, perché non ti ribelli all’ingiustizia che subisci? Nella solitudine delle nostre vite, quando l’indifferenza ci raschia l’anima, insegna anche a noi ad avere parole di perdono. Dalla croce tendi la tua mano verso di noi, per aiutarci a salire sulla nostra croce senza perdere l’amore.

Gesù, al culmine del tuo dolore, della tua solitudine, hai trovato parole di perdono per i tuoi aguzzini e per tutti noi, poveri peccatori!

Tu sei Dio e, per questo, sapevi di doverlo fare. Per me, un pover’uomo peccatore, quanto è difficile, davanti alla tua infinita bontà, provare un sincero pentimento per il tanto male che ho potuto fare al mio prossimo, ai miei cari, a te, Signore, venendo meno ai tuoi sacri insegnamenti.

Nel corso della mia ormai lunga esistenza, ne ho viste tante: le distruzioni dopo una lunga guerra, la fame, la sofferenza di tanta povera gente e mia, anche dopo la morte prematura della mia adorata figlia, Michela, stroncata dal covid a soli 47 anni.

Ho lottato tanto contro mille difficoltà, ho lavorato per oltre 40 anni in paesi dove le condizioni di vita sono durissime ed ora provo l’umiliazione di aver perso tutto quello per cui ho tanto faticato e fatto sacrifici, sempre garantendo ai miei cari una vita serena.

In te trovo oggi la forza per non portare rancore per quello che ho perso, in particolare, contro la mia stessa famiglia e quanti mi hanno voltato le spalle nel momento del bisogno. Li ho perdonati e ti prego di aiutarli e proteggerli, come hai fatto con me durante l’arco di tutta la mia vita.

XII stazione
Gesù
muore in croce

Gesù, sei morto. Ti ha ucciso il peccato degli uomini, la freddezza del loro cuore, il loro disprezzo. Come te, tante donne e tanti uomini ogni giorno muoiono abbracciati a una croce fatta di stracci vecchi. Il cuore è trafitto dalla lancia dell’indifferenza. Tu, che conosci i loro nomi, perché ti sono fratelli e sorelle, tienili alla tua destra in Paradiso.

Freddo, alcol, fame… quanti nomi ha l’indifferenza che uccide. Un altro senza fissa dimora morto per strada: qualche riga sul giornale e poi, di nuovo, tutto come prima, tutto peggio di prima. Tante tombe senza un fiore, solo un numero in più per le statistiche.

Ma sono persone. Per questo, ai piedi della tua croce, vogliamo ricordare tutti coloro che in questi ultimi mesi sono morti per le strade di Roma:

— Mariana, donna bulgara di 64 anni, morta a Trastevere in piazza Mastai;

— Edward di 30 anni, trovato senza vita davanti all’Oratorio dei Filippini a Corso Vittorio;

— Andrea di 60 anni, deceduto in piazza della Chiesa Nuova;

— Burkhard, tedesco di 61 anni, uscito da pochi giorni dal carcere e trovato senza vita sotto il colonnato di San Pietro;

— Marian, romeno di 55 anni, morto nei pressi di Porta Maggiore;

— Kolia, montenegrino di 68 anni, il cui corpo è stato ritrovato nella pineta di Castel Fusano dopo molti giorni dalla morte;

— Youssef, tunisino di 38 anni, deceduto per strada in via di Acqua Bullicante, al Prenestino;

— Tadeush, polacco di 64 anni, morto nella sua auto nei pressi di via Gregorio vii ;

— Krystof, polacco di 47 anni, morto nella zona di San Pietro a causa di una lite;

— Florin, 56 anni di nazionalità russa, morto su una panchina a Testaccio.

A questi nomi uniamo quelli, conosciuti e sconosciuti, delle troppe persone — come le vittime del naufragio davanti alle coste di Crotone — per le quali il comportamento e il cuore insensibile degli uomini hanno trasformato il mar Mediterraneo nella loro via Crucis e nel loro sepolcro.

XIII stazione
Gesù
è deposto dalla croce

Gesù, prendo tra le tue braccia il tuo corpo freddo. Sono stato uno scartato, ho conosciuto l’umiliazione di non avere cosa mangiare né dove dormire… Non lo dimentico neanche adesso che ho ripreso in mano la mia vita. Qualcuno, in nome tuo, si è preso cura di me…

Gesù, prendo il tuo corpo freddo tra le braccia e ricordo il mio preso in braccio da te. Era Venerdì Santo, quando caddi senza respiro, abbattuto da una polmonite. Vivevo tra chi non ha un posto dove vivere, la Quaresima era stata un cammino per le strade di un inverno gelido. Tu sei venuto a prendermi, incarnandoti nella concreta misericordia degli uomini e delle donne che mi hanno aiutato. Nella loro misericordia ho incontrato la verità del mistero pasquale, di questo corpo senza vita, eppure tutto rivolto alla vita, che adesso stringo forte. Adesso so, perché tu me lo hai insegnato, che il respiro e il calore possono tornare anche nel freddo più assoluto. Donaci, Gesù, la grazia di incontrare te nel corpo di ogni fratello e sorella che ha bisogno del nostro abbraccio. E di darlo, quell’abbraccio, senza riserve, senza domande, senza condizioni. Solo per amore.

XIV stazione
Gesù
è collocato nel sepolcro

Gesù, il tuo corpo è stato deposto al sicuro nel sepolcro. Una pietra è stata messa all’ingresso perché nessuno possa entrare. Come sono limitati i pensieri degli uomini… Come se bastasse un masso di roccia a fermare la potenza dell’amore. La tua morte e la nostra morte. La tua vita e la nostra vita. Tra tre giorni quel sepolcro sarà vuoto… Ecco il mistero dell’amore che non ci fa temere la morte.

Cos’è il posto del morto? Il corpo di Gesù messo in una tomba, il nostro messo in una bara. Entrambe ben chiuse. Quale differenza esiste? Moriamo tutti! Anche se non lo vorremmo.

La vita e la morte sono una malattia?

Sappiamo vivere, sappiamo amare?

Paure, troppe le paure di quello che non conosciamo, di perdere quello che abbiamo!

Riconosciamo quello che siamo!

Pronti alla rinascita.

La vita va vissuta nell’accettazione della morte, perché la morte è vita. Non bisogna cercare la morte con il suicidio o l’omicidio. La vita va apprezzata. È un dono, un bellissimo dono che spesso non comprendiamo e viviamo.

Troppa paura di soffrire.

Troppa paura di morire, pensando di perdere tutto.

Consideriamo la morte come la fine, la fine di tutto. Eppure è la continuazione del tutto: l’amore.

L’amore è prima di noi, nasce con noi, cresce con noi. Ci può sembrare strano, ma non si spegne dopo di noi.

Ad un funerale, un parente del defunto ha letto un brano che diceva così: «Tu pensi che io sia morto. Solo perché sono in questa bara. In realtà non lo sono. Solo perché non mi vedi più, pensi che sia morto. Sono solo dall’altra parte. Il mio amore rimarrà sempre con te anche se non mi vedrai. Sarò sempre con te».

Allora, perché soffrire?

La paura nel vedere la pietra della tomba di Gesù rotolata via.

Chissà quale terrore nel non trovare più il corpo al quale si era legati.

Facciamo spesso lo stesso errore. L’amore non si esaurisce con la morte!

È universale.

È perenne.

Ma, in pratica, come si può riuscire a sentire, a vivere l’amore e a non avere paura?

Sicuramente aprendosi al mondo. Restando curiosi, vivendo le varie esperienze con serenità. Anche le più difficili.

Riconoscendo l’amore, quello vero, che possiamo dare e che riceviamo.

All’inizio è molto difficile!

Cadremo, ricadremo più volte.

Però, rialzandoci ogni volta, inizieremo a capire che, uniti alla vita — è piena di opportunità — e all’amore, tutto migliorerà. Anche se spesso non lo capiamo subito.

Risurrezione

Al vento di questo paradiso

si culla il tuo verde ventaglio,

l’accesa fioritura di colori

brilla nella chioma rigogliosa

al sole di un tempo sterminato,

ora la tua resina è miele.

Tu albero della mia terra

da albero a croce da croce a nido

casa d’animali e figli arrampicati

di vita eterna nella gioia

e giochi di fratelli senza paura,

ecco la terra che ti promisi

il regno dove nulla soffre

e a morire è solo la morte.

Stefano Cuneo

Daniele Mureddu

s.c.

Fabrizio Salvati

Domenico

Anna Maria Lo Presti

Angelo Zurolo

Lia

Antonio

Dawood Yousefi

Alessandro

Sergio Calvello

Alessio Aringoli

Mimmo

Daniele Mencarelli