Il magistero

 Il magistero  QUO-075
30 marzo 2023

Domenica 26

Risurrezione
di Lazzaro

Nella quinta domenica di Quaresima il Vangelo presenta la risurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-45), l’ultimo dei miracoli di Gesù prima della Pasqua.

Lazzaro è un caro amico di Gesù, il quale sa che sta per morire; si mette in cammino, ma arriva a casa sua dopo la sepoltura, quando ogni speranza è perduta.

La sua presenza però riaccende fiducia nel cuore delle sorelle Marta e Maria. Esse, pur nel dolore, si aggrappano a questa piccola luce.

Gesù le invita ad avere fede e chiede di aprire il sepolcro. Poi prega il Padre e grida a Lazzaro: «Vieni fuori!». E questi torna a vivere ed esce.

Questo è il miracolo. Il messaggio è chiaro: Gesù dà la vita anche quando sembra non esserci più speranza.

Capita, a volte, di sentirsi senza speranza o di incontrare persone che hanno smesso di sperare, amareggiate perché hanno vissuto cose brutte, il cuore ferito non può sperare.

Per una perdita dolorosa, una malattia, una delusione, per un torto o un tradimento, per un grave errore... hanno smesso di sperare.

A volte sentiamo qualcuno che dice: “Non c’è più niente da fare!”, e chiude la porta a ogni speranza.

Sono momenti in cui la vita sembra un sepolcro chiuso: tutto è buio, intorno si vedono solo dolore e disperazione.

Gesù insegna
a non lasciarci
imprigionare
dal dolore

Il miracolo di oggi dice che la fine non è questa, che non siamo soli, anzi che proprio in questi momenti Lui si fa più che mai vicino per ridarci vita.

Gesù piange davanti al sepolcro di Lazzaro e oggi piange con noi.

Al tempo stesso invita a non smettere di credere e di sperare, a non lasciarci schiacciare dai sentimenti negativi.

Si avvicina ai nostri sepolcri e dice a noi, come allora: «Togliete la pietra».

In questi momenti abbiamo come una pietra dentro e l’unico capace di toglierla è Gesù, con la sua parola.

Togliete il dolore, gli errori, anche i fallimenti, non nascondeteli dentro di voi, in una stanza buia e solitaria, chiusa.

Tirate fuori tutto quello che c’è dentro. “Ah, mi dà vergogna”. Gettatelo in me con fiducia, dice il Signore, io non mi scandalizzo; senza timore, perché io vi voglio bene e desidero che torniate a vivere.

Come a Lazzaro, ripete a ognuno di noi: Vieni fuori! Rialzati, riprendi il cammino, ritrova fiducia!

Quante volte ci siamo trovati in questa situazione di non avere forza per rialzarci. E Gesù: “Vai, vai avanti! Sono con te. Ti prendo per mano”, come quando da piccolo imparavi a fare i primi passi. Togliti le bende che ti legano, non cedere al pessimismo che deprime, al timore che isola, allo scoraggiamento per il ricordo di brutte esperienze, alla paura che paralizza.

Gesù ci dice: “Io ti voglio libero, vivo, non ti abbandono! È tutto buio, ma io sono con te! Non lasciarti imprigionare dal dolore, non lasciar morire la speranza. Ritorna a vivere!”.

Inno alla vita

Questo brano è un inno alla vita, e lo si proclama quando la Pasqua è vicina.

Forse anche noi in questo momento portiamo nel cuore qualche peso o qualche sofferenza, che sembrano schiacciarci; qualche cosa brutta, qualche peccato vecchio che non riusciamo a tirare fuori, qualche errore di gioventù.

Queste cose brutte devono uscire. E Gesù dice: “Vieni fuori!”.

Allora è il momento di togliere la pietra e uscire incontro a Gesù.

Riusciamo ad aprirgli il cuore e ad affidargli le preoccupazioni? Ad aprire il sepolcro dei problemi e a guardare oltre la soglia verso la sua luce, o abbiamo paura?

A nostra volta, come piccoli specchi dell’amore di Dio, riusciamo a illuminare gli ambienti in cui viviamo con parole e gesti di vita? Testimoniamo la speranza e la gioia di Gesù?

Vorrei dire ai confessori: non dimenticate che anche voi siete peccatori, e siete nel confessionale non per torturare, per perdonare tutto, come il Signore.

100 anni della
Aeronautica
militare
italiana

Rivolgo un saluto alla delegazione dell’Aeronautica Militare Italiana, che celebra il centenario di fondazione. Auguri per questa ricorrenza, vi incoraggio a operare sempre per la costruzione della giustizia e della pace.

(Angelus in piazza San Pietro)

Lunedì 27

Camminare
insieme
nella fraternità

Saluto i Rettori, i Padri spirituali e i Formatori e i Vescovi: a voi è affidato un compito che richiede la fatica quotidiana dell’accompagnamento e del discernimento.

La vostra terra a volte sale alla ribalta della cronaca portando alla luce vecchie e nuove ferite, [ma] siete figli dell’antica civiltà greca e custodite tesori culturali e spirituali che uniscono Oriente e Occidente.

Ulisse approdò ad un lembo di terra da cui poté ammirare la bellezza di due mari. Questo fa pensare alla vostra terra, incastonata tra Tirreno e Ionio. Essa brilla anche come luogo di spiritualità, che annovera Santuari, figure di santi ed eremiti, e la Comunità greco-bizantina.

Questo patrimonio rischierebbe di restare solo un bel passato, se non ci fosse un rinnovato impegno per promuovere evangelizzazione e formazione sacerdotale.

Gesù ci ricorda di rimanere con il Signore e mettere Lui a fondamento del nostro ministero; altrimenti cercheremo soprattutto noi stessi e, pur impegnandoci in cose buone, sarà per riempire il vuoto che abbiamo dentro.

Il carrierismo
è una peste

La vostra vocazione è fare strada con il Signore. Non cadere nel carrierismo, che è una peste, una delle forme di mondanità più brutte che possiamo avere noi chierici.

A volte cerchiamo una “ricetta” facile, Gesù invece invita a guardarci dentro, per verificare le ragioni del nostro cammino.

Vorrei domandare ai seminaristi: cosa cercate? Quale desiderio vi ha spinto sulla via del sacerdozio?

È triste quando trovi sacerdoti che sono funzionari, che hanno dimenticato l’essere pastori di popolo e si sono trasformati in chierici di Stato.

Magari cerchiamo il ministero sacerdotale come un rifugio dietro cui nasconderci o un ruolo per avere prestigio, invece che essere pastori con lo stesso cuore compassionevole e misericordioso di Cristo.

Il Seminario è il tempo in cui fare verità con noi stessi, lasciando cadere le maschere, i trucchi, le apparenze.

La domanda, però, vorrei rivolgerla anche ai Vescovi, responsabili della formazione di questi ragazzi... perché nel tempo in cui è tramontata una certa cristianità del passato, si è aperta una nuova stagione ecclesiale, che richiede una riflessione sulla figura e sul ministero del prete.

Evangelizzare
i giovani

Non possiamo più pensarlo come pastore solitario, chiuso nel recinto parrocchiale; occorre unire le forze e mettere in comune le idee, i cuori, per affrontare sfide trasversali a tutte le diocesi di una Regione.

Penso all’evangelizzazione dei giovani; ai percorsi di iniziazione cristiana; alla pietà popolare, alle esigenze della carità e alla promozione della cultura della legalità.

Ciò chiama a formare preti che sappiano coltivare una visione comune del territorio e abbiano una formazione umana, spirituale e teologica unitaria.

Vorrei chiedere una scelta chiara: orientare tutte le energie umane, spirituali e teologiche in un unico Seminario. Questo non vuol dire annientare i seminari; vedete voi come fare quest’unità.

Non si tratta di una scelta logistica o meramente numerica, ma finalizzata a maturare insieme una visione ecclesiale, invece che disperdere le forze, tenendo in piedi piccole realtà con pochi seminaristi.

Un seminario di 4, 5, 10 non è un seminario; uno di 100 è anonimo, ci vogliono piccole comunità anche dentro un grande seminario, un seminario a misura umana.

Ma non sarà Roma a dirvi cosa fare. Noi diamo le idee, gli orientamenti, i consigli, ma lo Spirito Santo lo avete voi.

Se Roma incominciasse a prendere le decisioni sarebbe uno schiaffo allo Spirito Santo, che lavora nelle Chiese particolari.

Questo processo si sta avviando in molte parti del mondo ed è naturale che vi sia qualche resistenza. Ma l’attaccamento alla storia e ai luoghi della tradizione non deve impedire alla novità dello Spirito di tracciare sentieri da percorrere, specie quando il cammino della Chiesa lo richiede.

Provincialismi
che fanno male

Il Signore domanda vigilanza, perché non succeda “come ai giorni di Noè”, quando la gente non si accorse che arrivava il diluvio.... Occhi aperti e cuore attento per cogliere i segni dei tempi!

Tutto il corpo della diocesi deve aiutare il Vescovo. Poi lui si assume la responsabilità della decisione.

Voi Vescovi non lasciatevi paralizzare dalla nostalgia e non restate prigionieri dei provincialismi che fanno male!

E voi, Vescovi emeriti, non fate mancare nel silenzio e nella preghiera il vostro sostegno... perché, quando un Pastore ha concluso il mandato si vede se ha imparato a congedarsi «spogliandosi... della pretesa di essere indispensabile» o se continua a cercare di condizionare la diocesi.

Ho scritto una lettera sull’argomento “Imparare a congedarsi”, senza tornare a ficcare il naso, mantenere quella presenza assente, quella presenza lontana, per cui si sa che l’Emerito è lì ma prega per la Chiesa, è vicino ma non entra nel gioco.

Una cosa che a me colpisce soprattutto quando devo andare in aeroporto, è passare davanti a quelle case che negli anni ’60, ’70, il periodo in cui fiorivano le vocazioni, erano le grandi case di formazione: oggi sono vuote.

Fate uno stile di formazione vivo sempre e che non dipenda dall’esteriorità. E prendete decisioni con coraggio. Il Signore vi accompagnerà. Insieme, nella fraternità. Andate avanti con fiducia e gioia!

(Ai seminaristi delle diocesi della Calabria)

Mercoledì 29

Cristianesimo:
non è
maquillage
ma incontro
che cambia
il cuore

Nel cammino di catechesi sullo zelo apostolico, cominciamo a guardare ad alcune figure che hanno dato testimonianza esemplare di che cosa vuol dire passione per il Vangelo. E il primo è l’Apostolo Paolo. A lui vorrei dedicare due catechesi.

La storia di Paolo di Tarso è emblematica. Nel primo capitolo della Lettera ai Galati, così come nella narrazione degli Atti degli Apostoli, possiamo rilevare che il suo zelo per il Vangelo appare dopo la conversione, e prende il posto del precedente zelo per il giudaismo.

Era un uomo zelante per la legge di Mosè e dopo la conversione questo zelo continua ma per proclamare Cristo.

Saulo era già zelante, ma Cristo converte il suo zelo: dalla Legge al Vangelo.

Il suo slancio prima voleva distruggere la Chiesa, dopo invece la costruisce.

Ciò che lo ha cambiato non è una semplice idea o una convinzione: è stato l’incontro con il Signore risorto.

L’umanità
di san Paolo

L’umanità di Paolo, la sua passione per Dio e la sua gloria non viene annientata, ma trasformata, “convertita” dallo Spirito. L’unico che può cambiare i nostri cuori è lo Spirito Santo.

Proprio come succede nell’Eucaristia: il pane e il vino non scompaiono, ma diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Lo zelo di Paolo rimane, ma diventa lo zelo di Cristo. Cambia il senso ma è lo stesso.

Il Signore lo si serve con la nostra umanità, con le nostre prerogative e caratteristiche, ma ciò che cambia tutto non è un’idea bensì la vita vera e propria, come dice lo stesso Paolo: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» .

L’incontro con Gesù ti cambia da dentro, ti fa un’altra persona. Se uno è in Cristo è una nuova creatura.

Diventare cristiano non è un maquillage che ti cambia la faccia! Se tu sei cristiano ti cambia il cuore, ma se tu sei cristiano di apparenza, questo non va... cristiani di maquillage non vanno. Il vero cambiamento è del cuore. E questo è successo a Paolo.

La passione per il Vangelo non è una questione di comprensione o di studi, che pure servono ma non la generano; significa ripercorrere quella stessa esperienza di “caduta e risurrezione” che Saulo visse e che è all’origine del suo slancio apostolico.

Tu puoi studiare tutta la teologia che vuoi, la Bibbia, e diventare ateo o mondano; nella storia ci sono stati tanti teologi atei!

Studiare serve ma non genera la nuova vita di grazia. Come dice s. Ignazio di Loyola: «Non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e il gustare le cose internamente».

Si tratta delle cose che ti cambiano dentro, che ti fanno sapere un’altra cosa, gustare un’altra cosa.

Quando entra Gesù nella tua vita, come è entrato nella vita di Paolo, Gesù entra cambia tutto.

Da persecutore
ad apostolo

Tante volte abbiamo sentito: “era un disgraziato e adesso è un uomo buono... Chi lo ha cambiato? Gesù”. Se non è entrato Gesù nella tua vita non è cambiata. Tu puoi essere cristiano di fuori soltanto. No, deve entrare Gesù e questo ti cambia e questo è successo a Paolo.

Bisogna trovare Gesù e per questo Paolo diceva l’amore di Cristo ci spinge, quello che ti porta avanti. Lo stesso cambiamento è capitato a tutti i Santi, che quando hanno trovato Gesù sono andati avanti.

Paolo da persecutore diventò apostolo di Cristo

Notiamo che in lui si verifica una specie di paradosso: infatti, finché lui si ritiene giusto davanti a Dio, allora si sente autorizzato a perseguitare, ad arrestare, anche ad uccidere, come nel caso di Stefano; ma quando, illuminato dal Signore Risorto, scopre di essere stato “un bestemmiatore e un violento” allora incomincia a essere davvero capace di amare.

Se uno dice: “Grazie Signore, perché sono una persona buona... non faccio peccati grossi” non è una buona strada, è autosufficienza; è una strada che non ti giustifica, ti fa un cattolico elegante, non santo.

Il vero cattolico, il vero cristiano è quello che riceve Gesù dentro, che cambia il cuore.

Oggi cosa significa Gesù per me? L’ho lasciato entrare nel cuore o soltanto lo tengo a portata di mano? Mi sono lasciato cambiare da Lui? O è soltanto un’idea, una teologia.

Questo è lo zelo, quando uno trova Gesù sente il fuoco e come Paolo deve predicare, deve parlare di Gesù, deve aiutare la gente, deve fare cose buone.

Quando uno trova l’idea di Gesù rimane un ideologo del cristianesimo e questo non salva, soltanto Gesù ci salva, se tu lo hai incontrato e gli hai aperto la porta del tuo cuore.

L’idea di Gesù non ti salva!

Il Signore ci aiuti a trovare Gesù, a incontrare Gesù, e che questo Gesù da dentro ci cambi la vita e ci aiuti ad aiutare gli altri.

Per i migranti
morti nel rogo
in Messico

Preghiamo per i migranti morti in un tragico incendio a Ciudad Juárez, in Messico, perché il Signore li accolga nel suo Regno e dia conforto alle loro famiglie.

Per la
martoriata
Ucraina

Tra pochi giorni ascolteremo una commovente descrizione della Passione di Cristo. Questo racconto risvegli nei vostri cuori il pentimento e l’apertura all'amore di Cristo, che ci ha amato fino alla fine.

Abbandonando l'uomo vecchio, potete portare il Signore con rinnovato zelo a coloro che vivono in mezzo a voi.

In particolare, continuate a sostenere i vostri fratelli e sorelle sofferenti nell'Ucraina, nella martoriata Ucraina.

(Udienza generale in piazza
San Pietro
)