I naufragi nel Mediterraneo richiamano tutti alle proprie responsabilità

«Dov’è tuo fratello?»

Rescued migrants look out to sea on the Geo Barents rescue ship, operated by Medecins Sans ...
27 marzo 2023

Eppure il Mediterraneo lo chiamiamo mare nostrum. Ma a volte sembriamo dimenticarcene, quasi assuefatti dalle tante, troppe tragedie di migranti che in esso avvengono. In realtà, così come è “nostro” quel mare, altrettanto “nostre” sono le vittime che scompaiono tra i suoi flutti. Sono nostre perché ci riguardano e chiamano alla responsabilità sia il mondo della politica che la gente comune. Non a caso, in visita a Siracusa, in Sicilia, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha evidenziato la necessità di «trovare delle risposte insieme». «Dobbiamo avere una visione per il futuro — ha detto il porporato —. Accoglienza vuol dire scegliere il domani, chiusura vuol dire restare quello che siamo».

Parole che fanno eco al grido «Dov’è tuo fratello?» lanciato da Papa Francesco l’8 luglio 2013, quando da Lampedusa ha invocato i principi dell’accoglienza e della solidarietà. Dieci anni dopo — mentre l’isola siciliana continua a essere terra di sbarchi disperati e mentre in Calabria si commemorano le vittime del drammatico naufragio di Steccato di Cutro, avvenuto un mese fa — la domanda del Pontefice è ancora senza risposta. Perché nel Mediterraneo si continua a morire e quelle barche che dovevano essere «una via di speranza» sono ancora una volta «una via di morte».

La cronaca