Il cardinale Piacenza al corso sul Foro interno

L’indulgenza segno
della misericordia

 L’indulgenza segno della misericordia   QUO-068
22 marzo 2023

«Non è misericordia mentire sul peccato» e tanto meno lo è lasciare i fedeli «in stato di peccato a causa della pavidità del confessore nel parlare al fedele, come padre autorevole e medico premuroso». Lo ha sottolineato il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, nella lectio magistralis svolta nel pomeriggio di martedì 21 marzo, secondo giorno di lavori del xxxiii corso sul Foro interno.

Sviluppando il tema «Il dono dell’indulgenza: nel cuore del mistero della redenzione», il porporato ha affermato che solo una «malintesa misericordia, priva di cristiano realismo», può «abdicare al gravissimo compito di giudice e di medico che Cristo affida agli apostoli e ai loro successori». E in particolare, che Cristo affida a ogni confessore.

In questo senso, utilizzando tutti «i mezzi del dialogo fraterno, dell’autentica paternità spirituale», ed aiutando il fedele a percepire «l’infinita bontà di Dio e la disponibilità permanente del Signore a coprire e a distruggere, con il fuoco della sua misericordia, ogni peccato», il sacerdote ha il «grave dovere di ammonire il peccatore circa la gravità della propria condizione». E «se non lo facesse, ne risponderebbe egli stesso davanti a Dio».

Il cardinale ha messo in luce che è possibile farsi santi ed è possibile «vivere santamente già questa vita terrena, accogliendo, ogni volta che sarà necessario, il dono della divina misericordia» e vivendo permanentemente «nell’abbraccio amorevole di Dio, che sempre ci rinnova il suo “sì”, anche attraverso il dono dell’indulgenza».

Per il penitenziere maggiore, in un orizzonte secolarizzato come quello attuale «acquista un profondo valore profetico» l’approfondimento delle indulgenze, soprattutto «per i ministri della riconciliazione». Certo, ha riconosciuto, «non è semplice parlare di indulgenze o di remissione della pena temporale». Tuttavia, si può «presentare questo dato di fede, interpretandolo in chiave relazionale». Infatti, come «l’amata ha sempre il cuore aperto verso l’amato e anela a lui, così l’anima è chiamata ad una permanente tensione verso il suo Signore; tensione alimentata, orientata e permanentemente sostenuta dal dono ecclesiale dell’indulgenza».

Soprattutto le indulgenze parziali — definite dal cardinale anche “indulgenze feriali” — che più volte nella giornata, attraverso «una giaculatoria, un gesto penitenziale, la lettura di un versetto delle Scritture, un atto di carità, possiamo ottenere, mantengono costantemente il nostro cuore aperto a Dio e il nostro sguardo rivolto al Cielo».

Insieme allo stupore «per l’opera della creazione e della redenzione», emerge con chiarezza come l’indulgenza «si collochi non solo nell’ambito redentivo, ma per la sua ricchezza ci sospinga nel terzo grande movimento della storia della salvezza: la santificazione». In tal senso, le indulgenze «mantengono certamente un valore espiatorio», ma di esse è sempre opportuno evidenziare anche «la preziosità relazionale, spirituale e dunque di sostegno al personale cammino di santificazione».

Il porporato ha quindi sottolineato come si tratti di un dono che «la Chiesa fa, attingendo all’incommensurabile tesoro della divina misericordia; dunque, suscitano nel cuore del fedele quella gratitudine del figlio verso la Madre che provvede ad ogni sua necessità». Risulta evidente come la catechesi sulle indulgenze possa, «e forse debba, essere un punto di arrivo certamente successivo all’annuncio di Cristo, della sua opera di salvezza, della Chiesa come suo Corpo visibile, dei sacramenti e in particolare dell’Eucaristia», come attualizzazione «dell’opera di Cristo, della risurrezione della carne e della vita eterna, senza della quale è praticamente impossibile parlare di indulgenze». Ciò non di meno, ha osservato Piacenza, spesso «la curiosità e la devozione del popolo può anche suggerirci il cammino inverso e cioè, partendo da un’adeguata spiegazione di una pia pratica indulgenziata, è possibile annunciare la grandezza del mistero della redenzione e, con essa, di quello della santificazione».