Papa Francesco e il dialogo interreligioso

La “road map”
di un pontificato

 La “road map” di un pontificato  QUO-063
16 marzo 2023

«Le nostre necessarie e feconde ricerche accademiche siano sempre radicate in uno spirito di amicizia e di ascolto, sia di Dio sia del prossimo, spirito radicato nella realtà e rispettoso verso le persone che ci hanno condotto sul cammino del dialogo». Lo ha auspicato il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presentando martedì 14 marzo il Congresso internazionale sul tema «Un’apertura nella verità e nell’amore — Papa Francesco e il dialogo interreligioso» svoltosi alla Pontificia università Urbaniana per celebrare il decennale dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio al pontificato. Hanno partecipato all’organizzazione e ai lavori studiosi delle facoltà di Missiologia dell’ateneo promotore e della Pontificia università Gregoriana, del Pontificio istituto di Studi arabi e d’Islamistica e della Seton Hall University. Pubblichiamo, in una nostra traduzione dall’inglese, la parte conclusiva — dedicata specificamente a «un Papa che colloca il dialogo interreligioso all’interno di un più ampio dialogo sociale — della relazione introduttiva, tenuta dal segretario del Dicastero per il dialogo interreligioso.

Possiamo dire che già il nome Francesco prefigura la “road map” del suo pontificato. Si avvicina al dialogo interreligioso principalmente come pastore e teologo pratico. Pertanto, adotta uno stile semplice e diretto con poco gergo teologico nella comunicazione. Situa il dialogo interreligioso all’interno di un più ampio dialogo tra Chiesa e società (politica, economica, culturale, scienza contemporanea) per affrontare le sfide odierne.

Lo afferma il rabbino Abraham Skorka. «Durante uno dei nostri incontri [...] a Buenos Aires, ho detto al mio amico arcivescovo Jorge Mario Bergoglio: “Sto valutando l’idea di scrivere un libro su Dio”. Ho chiesto la sua collaborazione. Non era entusiasta dell’idea. Un mese dopo mi ha chiamato e mi ha detto: “Scriviamo un libro di dialoghi, tu ed io, sui temi scottanti che interessano la gente comune”. Mi ha incoraggiato ad assumere un atteggiamento profetico, a esprimere concetti profondi attraverso parole semplici, mettendo da parte ogni raffinatezza intellettuale e parlando a tutti».

Esaminando i primi discorsi del pontificato scopriamo il suo programma per il dialogo interreligioso.

Ai rappresentanti delle Chiese e delle comunità ecclesiali e di altre religioni, il 20 marzo 2013, dice che la pietra angolare di ogni dialogo è l’amicizia e il rispetto. Essi, quando sono solidi e genuini, aprono poi la strada al dialogo dell’azione. Il Papa sottolinea poi la minaccia posta dal secolarismo alle religioni, ma, nello spirito del concilio Vaticano ii, estende il dialogo anche alle persone di nessuna appartenenza religiosa, per lavorare e camminare insieme nel costruire un mondo migliore.

Con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, incontrato il 22 marzo seguente, rimarca l’importanza di costruire ponti per favorire la fraternità, invitando tutti i Paesi rappresentati a un percorso comune ed esortando a trovare insieme soluzioni attraverso il dialogo sociale. E negli ultimi dieci anni, egli ha lavorato duramente per costruire un mondo fraterno attraverso quest’ultimo.

Vediamo ora come Francesco mette in relazione il dialogo interreligioso con la più ampia missione della Chiesa. Anzitutto ribadisce che «se vogliamo incontrarci e aiutarci, dobbiamo dialogare». Attraverso il dialogo cerca quindi di promuovere una cultura dell’incontro. Significa che noi, come popolo, dobbiamo avere la passione di incontrare gli altri, cercare punti di contatto, costruire ponti, progettare un progetto che includa tutti.

Inoltre il dialogo è una bella avventura, molto importante per la nostra maturità. Infine la pietra angolare del dialogo teologico è il dialogo della vita, che significa condivisione delle esperienze quotidiane in tutta la loro concretezza, con le gioie e le sofferenze, le fatiche e le speranze; assumendo responsabilità condivise; progettando un futuro migliore per tutti. Del resto Francesco insiste perché il tavolo di dialogo includa tutti, non limitandolo solo a pochi, ai responsabili delle comunità religiose, ma estendendolo il più possibile, coinvolgendo i diversi settori della società civile, in particolare i giovani.

E se il dialogo è parte integrante della missione, che ruolo assegna il Papa all’annuncio? Egli sostiene che «evangelizzazione e dialogo interreligioso, lungi dall’essere contrapposti, si sostengono e si alimentano vicendevolmente». Occorre perciò prestare attenzione a questo «legame essenziale» perché «da questa identità profonda — il nostro essere radicati in una fede viva in Cristo — parte il nostro dialogo».

Il vescovo di Roma sottolinea che la vera apertura implica rimanere fermi nelle proprie convinzioni, pur essendo aperti a comprendere quelli dell’altra parte, nella consapevolezza che il dialogo può arricchire ciascuna parte.

Francesco ci dice anche che il dialogo non è un puro atto intellettuale, piuttosto è un atto sacro: pertanto richiede «momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello o nella sorella».

Per essere autentico il dialogo esige poi una capacità di empatia «che porti a vedere gli altri come fratelli e sorelle, e ad “ascoltare”, dentro e al di là delle loro parole e delle loro azioni, ciò che il loro cuore desidera comunicare. In questo senso, il dialogo esige da noi uno spirito contemplativo».

Legata all’empatia è la misericordia, che sprona a inchinarci davanti ai bisognosi: un tema familiare a molte tradizioni religiose e culturali. La stessa parola è un appello a un cuore aperto e compassionevole.

E se il dialogo interreligioso è un atto sacro e compassionevole, qual è il rapporto tra dialogo e preghiera? Citando l’Ecclesiam suam di Paolo vi, Francesco osserva che «la religione è per sua stessa natura una certa relazione tra Dio e la persona umana. Trova la sua espressione nella preghiera, e la preghiera è dialogo» (cfr. n. 70).

Troviamo alcune esperienze di dialogo intermonastico nel benedettino Hendri Le Saux (Abhishiktananda) che ha osservato: «Il mistero che è presente nel mio cuore è anche presente in ogni cuore umano». Nel luogo dove dimora Dio nessuno è separato dai suoi fratelli e sorelle. Al centro stesso del suo cuore, dove c’è Dio, trova misteriosamente presente l’intera famiglia umana e tutta la creazione. Anche Thomas Merton a Bangkok, nel 1968, ha sottolineato l’obiettivo del suo dialogo con altri ricercatori religiosi. «Vengo [come] un pellegrino ansioso di ottenere non solo informazioni, non solo “fatti” su altre tradizioni, ma di attingere alle antiche fonti della visione e dell’esperienza monastica. (...) Penso che ora abbiamo raggiunto una fase di maturità religiosa (attesa da tempo) in cui potrebbe essere possibile per qualcuno rimanere perfettamente fedele a un impegno monastico cristiano e occidentale, e tuttavia apprendere in profondità, diciamo, da un buddista o disciplina o esperienza indù. Credo che alcuni di noi debbano farlo per migliorare la qualità della propria vita monastica».

Se la preghiera e il dialogo sono interconnessi, che dire del dialogo e della pace? Francesco dice che il dialogo può creare la pace e che «le religioni, con le loro risorse spirituali e morali, hanno un ruolo specifico e unico da svolgere nella costruzione della pace». Pertanto, esse «possono svolgere un ruolo significativo nel riparare le ferite emotive, spirituali e psicologiche» di quanti hanno sofferto a causa di conflitti.

Tuttavia, alcuni usano la religione per la politica e anche per giustificare la violenza. Il Papa alza la voce contro questa piaga sociale: «Non ci stanchiamo mai di ripetere che il nome di Dio non può essere usato per giustificare la violenza. Solo la pace è santa. [...] non la guerra!».

Per tale motivo i seguaci di differenti tradizioni religiose dovrebbero tornare alle radici della loro saggezza, forgiata da secoli di esperienze, per risvegliare le loro spiritualità e innovare movimenti di riforma basandosi su quattro principi: i. il tempo è maggiore dello spazio; ii. l’unità prevale sui conflitti; iii. le realtà sono più importanti delle idee; iv. il tutto è maggiore della somma delle sue parti.

Dal 2013 Papa Bergoglio ha compiuto 40 viaggi apostolici visitando 60 Paesi del mondo. Nel corso degli ultimi dieci anni, attraverso iniziative di collaborazione come Incontri mondiali dei movimenti popolari, Giornate mondiali dei poveri, The Economy of Francesco, Global Compact on Education, Giornate internazionali della fratellanza umana, Laudato si’ action, incontri di gruppi, insegnamenti magisteriali, ha promosso un dialogo a più livelli per favorire un mondo fraterno.

Viviamo in un mondo devastato dalla guerra, ecologicamente martoriato e post-pandemico, caratterizzato da disperazione. Ma Francesco, Papa del sud del mondo, non si dispera e invita tutti a «sognare, come un’unica famiglia umana» di «fratelli e sorelle tutti», perché «l’amicizia sociale all’interno di una società rende possibile una vera apertura universale».

La particolare ermeneutica che il Pontefice ha applicato a tutto il suo magistero è: «Dobbiamo andare in periferia, è quello che fa Dio», e propone il Buon Samaritano come modello per rispondere alle sfide del nostro tempo. Nel corso di dieci anni, Francesco ha sparso i semi del dialogo su diversi tipi di terreno e, nonostante le resistenze, è possibile vedere anche oggi i frutti di questo dialogo.

di Indunil J. Kodithuwakku K.