Le risposte a «Il Fatto Quotidiano»

Sofferenza per la corruzione che «uccide il futuro»

 Sofferenza per la corruzione che «uccide il futuro»  QUO-061
14 marzo 2023

La corruzione, quella economica e quella «del cuore», dalla quale è molto difficile tornare indietro: è ciò che ha fatto soffrire di più Papa Francesco in questi dieci anni di pontificato. Il Pontefice ne parla nell’intervista con Francesco Antonio Grana, vaticanista de «Il Fatto Quotidiano»,  pubblicata alla vigilia dell’anniversario della sua elezione. Il Papa ribadisce che la corruzione «spuzza», come disse a Napoli nel 2015, «fa imputridire l’anima», ed è per questo che «i mafiosi sono scomunicati: hanno le mani sporche di soldi insanguinati. Fanno affari con le armi e la droga. Uccidono i giovani e la società», e nella Chiesa «non c’è posto per i mafiosi! I beati Pino Puglisi e Rosario Livatino non sono scesi a patti con la mafia e perciò hanno pagato con le loro vite».

Dallo scandalo della corruzione a quello della pedofilia nella Chiesa, denunciato pubblicamente con coraggio da Benedetto xvi, che — ricorda Francesco — già da cardinale «ha lottato con tutte le sue forze contro l’omertà e l’insabbiamento che per decenni hanno coperto chi nella Chiesa ha commesso gli abusi». «Io — sottolinea — mi sono posto sulla strada tracciata da lui». E, ribadisce, oggi «nella Chiesa non c’è posto per chi si macchia di questo abominevole peccato contro Dio e contro l’uomo». Il cambiamento più radicale di mentalità nella Chiesa per affrontare questo scandalo, per il Pontefice, è stato «partire dall’ascolto delle vittime. Per un pastore è fondamentale». Ha incominciato a farlo Benedetto xvi nei suoi viaggi, e poi lo hanno fatto, per la prima volta, molti presidenti delle Conferenze episcopali, per prepararsi al summit mondiale sulla pedofilia nel clero del febbraio 2019 in Vaticano, e «hanno pianto insieme con loro: il dono delle lacrime».

Papa Francesco parla anche del dibattito interno alla Chiesa, per il quale non ha «mai perso il sonno», perché «è bello che tra fratelli si abbia il coraggio di dirsi le cose in faccia, con i pantaloni, non alimentando il chiacchiericcio che uccide». E molte ricostruzioni sono «totalmente inventate». La Chiesa non è un’orchestra dove tutti suonano la stessa parte, ribadisce, per cui «dobbiamo tendere all’unità che non significa uniformità. Siamo fratelli! Dobbiamo avere il coraggio delle nostre idee, il coraggio di dircele direttamente, ma poi dobbiamo ritrovarci attorno alla stessa mensa».

Per il futuro, il Papa  si augura la pace «nella martoriata Ucraina e in tutti gli altri Paesi che soffrono l’orrore della guerra», e meno indifferenza nel mondo. Perché una cosa «che mi fa soffrire molto è la globalizzazione dell’indifferenza, girare la faccia dall’altra parte e dire: “A me che importa? Non mi interessa! Non è un mio problema!”». E indifferenza, ricorda, è la parola che Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, vorrebbe scrivere al binario 21 della stazione di Milano, dove partivano i treni per i campi di concentramento nazisti. Fa riflettere «perché quel massacro di milioni di persone è avvenuto nell’indifferenza vigliacca di tanti che hanno preferito girare la faccia dall’altra parte e dire: “A me che importa?”».

Per la Chiesa, Francesco si augura che impari davvero ad «uscire, deve stare in mezzo alla gente», e porta l’esempio di don Tonino Bello: «Un grande vescovo pugliese che stava in mezzo al suo popolo e ha lottato con tutte le sue forze per la pace. Un uomo non compreso nel suo tempo perché era molto avanti. Lo si sta riscoprendo oggi. Un profeta!». E ricorda che è già venerabile ed è in cammino verso la beatificazione. «Sogno — aggiunge  — una Chiesa senza clericalismo, la cosa «più brutta che possa accadere alla Chiesa, peggio ancora che ai tempi dei Papi corrotti. Un prete, un vescovo o un cardinale che si ammalano di clericalismo fanno molto male alla Chiesa». E anche peggiori «sono i laici clericalizzati», una «peste nella Chiesa. Il laico deve essere laico».

Il Pontefice ribadisce infine che il suo programma di governo è stato e continuerà ad essere quello di porsi «umilmente in ascolto» della volontà del Signore e metterla in pratica. «Può sembrare un compito molto semplice, ma non lo è. Bisogna sintonizzarsi con il Signore, non con il mondo». Che è quello espresso da Benedetto xvi nella messa di inizio del suo pontificato: «in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore, e lasciarmi guidare da lui, cosicché sia egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia». E ai lettori del sito chiede infine: «Non perdete mai la speranza! Anche se vi sono successe cose brutte, anche se l’esperienza che avete avuto con qualche uomo o donna di Chiesa non è stata tanto bella, non lasciatevi condizionare. Il Signore vi aspetta sempre a braccia aperte».