Intervista del Papa al sito “Infobae” di Daniel Hadad

Voglio andare in Argentina

 Voglio andare in Argentina   QUO-058
10 marzo 2023

Il viaggio in Argentina, la speranza di un cambiamento in Venezuela e la denuncia di una “rozza dittatura” in Nicaragua. È soprattutto sul centro e il sud America il focus di Francesco nella intervista rilasciata al sito di informazione argentino «Infobae», a pochi giorni dalla celebrazione dei dieci anni di pontificato. Nel colloquio a Santa Marta con il proprietario del portale Daniel Hadad, il Pontefice spazia da temi geopolitici, come la guerra in Ucraina, a questioni ecclesiali, come l’approccio verso le persone omosessuali e il ruolo delle donne, fino a tematiche più personali (“Perché non guarda più la tv?”).

In particolare, il Papa si pronuncia sulle difficoltà che vivono oggi il popolo e la Chiesa del Nicaragua, dove è stato espulso il nunzio e sono state vietate le processioni della Settimana santa, e si registrano continui attacchi contro vescovi e sacerdoti. Il Pontefice denuncia la mancanza di equilibrio di chi guida il Paese e in riferimento al vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Álvarez, condannato a 26 anni di carcere, aggiunge: «Abbiamo un vescovo incarcerato. Un uomo molto serio, molto capace. Ha voluto dare la sua testimonianza e non ha accettato l’esilio. È qualcosa che non è in linea con quello che stiamo vivendo, è come portare la dittatura comunista del 1917 o hitleriana del 1935, portare quelle stesse qui, no? Sono una sorta di dittature rozze. O, per usare una bella definizione argentina, guarangas (grossolane)».

A proposito di Argentina, immancabile la domanda su un possibile viaggio nel Paese natale. «Era previsto per dicembre 2017», spiega Jorge Mario Bergoglio, ripetendo quanto già affermato sul volo di ritorno dall’Iraq: «Si andava prima in Cile, poi in Argentina e Uruguay. Il programma era quello. Ma cosa è successo? C’erano le elezioni proprio in quel momento. Quindi abbiamo dovuto spostare il Cile a dicembre e poi andare in Argentina e Uruguay a gennaio. A gennaio non trovi nemmeno il gatto... Poi il programma è stato cambiato e sono stati realizzati Cile e Perú. E l’Argentina e l’Uruguay sono state lasciate per dopo... Non c’è un rifiuto di andare — afferma il Papa —. In nessun modo. Il viaggio era programmato. Sono aperto all’opportunità... Voglio andare in Argentina».

Francesco sposta poi lo sguardo sul Venezuela, dichiarando di vedere un barlume di speranza che il regime possa essere cambiato: «Lo penso — dichiara — perché sono le circostanze storiche che li costringeranno a cambiare il loro modo di dialogare… Non chiudo mai la porta a possibili soluzioni. Al contrario, le incoraggio».

Più cauto il Papa su una soluzione della guerra in Ucraina: «Stanno tutti lavorando per questo. Stanno tutti lavorando», afferma. «Modi (il Primo ministro dell’India, ndr) può fare qualcosa, non so. So che ci sono diversi governanti che si stanno muovendo. C’è un gruppo israeliano che si sta muovendo bene. Ma non sappiamo a cosa porterà».

Omosessuali, divorziati risposati, donne, celibato, sono poi gli altri temi che il Papa affronta nell’intervista. Sull’accoglienza alle persone gay, Francesco richiama direttamente alle parole di Gesù: «La grande risposta è stata data» da Lui, dice. «Tutti. Tutti. Tutti dentro. Quando “i raffinati” non volevano andare al banchetto, lasciava che andassero ai crocicchi e chiamava tutti, buoni, cattivi, vecchi, giovani, bambini, tutti. Tutti. La Chiesa è per tutti. E ognuno risolve la sua posizione davanti al Signore con le forze che ha. Questa è una Chiesa di peccatori».

«Non so dove sia la Chiesa dei santi, qui siamo tutti peccatori», ribadisce il Pontefice, e come nel primo viaggio a Rio de Janeiro del 2013, ripete: «Chi sono io per giudicare una persona se ha buona volontà, giusto? Se è più simile a uno della banda del diavolo, beh, difendiamolo un po’. Ma oggi c’è molta attenzione a questo problema. Gesù chiama tutti e ognuno risolve il suo rapporto con Dio come può o come vuole, a volte vuole e a volte non può, ma il Signore aspetta sempre».

Sulla stessa scia, il Papa, parlando dei sacramenti ai divorziati risposati — tema centrale nel doppio Sinodo sulla famiglia del 2014-15 —, richiama «la coscienza del vescovo» e suggerisce alle coppie separate «di andare dal loro vescovo, di andare a presentargli la loro situazione».

Mentre sulle donne rimarca il fatto che ora è maggiore il numero di quelle che lavorano nella Chiesa: un passo avanti necessario perché «il maschilismo è cattivo», afferma. «A volte il celibato può portarti al maschilismo. A un prete che non sa lavorare con le donne manca qualcosa, non è maturo. Il Vaticano era molto maschilista, ma fa parte della cultura, non è colpa di nessuno. Si è sempre fatto sempre così». Ma ora le cose stanno cambiando: «Hanno un’altra metodologia, le donne. Hanno un senso del tempo, dell’attesa, della pazienza, diverso dall’uomo. Questo non sminuisce l’uomo, sono diversi. E devono completarsi a vicenda».

Proprio sul celibato nella Chiesa occidentale Papa Francesco si sofferma per spiegare: «È una prescrizione temporanea… Non è eterna come l’ordinazione sacerdotale… Il celibato, invece, è una disciplina». «Quindi potrebbe essere rivisto?, domanda l’intervistatore. «Sì», replica il Papa.

Hadad cita poi il cardinale novantaduenne Julián Herranz, quando disse che sui sei Papi con i quali ha collaborato «forse il diavolo ha lavorato con due, Paolo vi e Francesco, sempre per dividere la Chiesa e ostacolare la diffusione del Vangelo». «Non posso giudicare se sia vero o meno», è la risposta. «Ma a volte c’è resistenza, ma di quella cattiva. Non quella buona. Perché la resistenza buona è che se faccio un buon progetto, vediamo un po’, discutiamone. La resistenza cattiva è quella che si discute qui e va all’indietro cercando anche il tradimento. Ma o sono ingenuo o non le ascolto». Di cose del genere nella Chiesa «ce ne sono, sono lì, in un angolo, nascoste. Sull’orlo dello scisma, questa è la cosa brutta — commenta il Papa —. Per esempio, il caso di un vescovo americano, molto conosciuto, che è stato nunzio. Non si sa se quest’uomo sia cattolico o meno, è sul confine. Queste resistenze gestite male. Nella Chiesa, fin dall’inizio, c’è stata resistenza». «Quando mi criticano a testa bassa, lo apprezzo — aggiunge —. A volte non mi piace, ma lo apprezzo».

Da qui, un cenno sul voto fatto trentatré anni fa alla Vergine del Carmelo di non guardare la televisione. Era il 15 luglio 1990 e mentre stava con la comunità sulla tv venivano «trasmesse cose che non fanno bene al cuore. Non cose peccaminose, ma quei relativismi che indeboliscono il cuore». Il giorno dopo, alla Messa della Virgen del Carmen, Francesco ha sentito «che non dovevo vederla, senza alcun problema». Quindi ha detto «basta», salvo alcune concessioni brevi. (Salvatore Cernuzio).