A colloquio con il cardinale Czerny sul pontificato di Francesco

Maestro di umanità

Pope Francis during the Mass in Lampedusa Island, south Italy, 08 July 2013. Pope Francis arrives in ...
10 marzo 2023

«Buon samaritano», «fratellanza», «casa comune». Poi «migrazione», «sacramento» di tutto il magistero. Il cardinale gesuita Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, racchiude in queste parole-chiave i dieci anni di Papa Francesco alla guida della Chiesa universale. Una Chiesa che con il Pontefice argentino è divenuta «più inclusiva nei confronti dei poveri, delle donne, degli sfollati e degli emarginati». Una Chiesa, anche — dice Czerny a colloquio con i media vaticani — «più attenta al creato e aperta al dialogo interreligioso, più sinodale, più misericordiosa e lontana dalla cultura del clericalismo».

Eminenza, ci avviciniamo ai dieci anni dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio. Tanti i messaggi, i temi e le sfide lungo il pontificato. Come sintetizzerebbe lei il decennio di Francesco sul soglio di Pietro?

Lo racchiuderei in alcune parole come buon samaritano, fratellanza, casa comune. Queste non sono priorità astratte ma globali; sono priorità per i responsabili, i credenti e le persone di buona volontà, per tutti coloro che hanno a cuore la vita umana e il futuro della famiglia umana.

Secondo lei, il pontificato come procederà nel futuro? Cioè, quali sono i temi e le sfide a cui il magistero di Papa Francesco dovrà guardare?

Credo che, grazie anche alla riforma della Curia romana, la necessità più urgente è un “salto di qualità” delle Chiese locali. Non è un programma politico a priori, bensì l’invito alla vocazione e alla missione di accompagnare le Chiese locali nelle loro priorità, nelle loro urgenze.

Proprio guardando alla riforma cristallizzata nella Praedicate Evangelium, il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale che lei presiede si è subito adeguato alla “missionarietà” della Curia auspicata dal Papa cambiando la sua struttura interna. Adesso come vi state muovendo?

La nostra principale missione è cercare di fare di tutto per ascoltare le Chiese locali e tutti coloro che abbracciano la sfida dello sviluppo umano integrale. Noi restiamo accanto per capire in che modo aiutare, incoraggiare, stimolare e anche criticare, insomma aiutare la Chiesa a crescere e dare risposte al mondo di oggi. La domanda deve essere: quali sono i temi di principale preoccupazione per le Chiese locali? I poveri, la cura del creato, la salute, la (in)sicurezza, le migrazioni? Ecco, allora sviluppiamo tutto nelle relazioni reciproche.

Questo mondo, Eminenza, è ferito oggi dalla guerra ma anche dal fenomeno migratorio. È di pochi giorni fa la tragedia che ha toccato il Sud Italia con la morte di oltre 70 persone. Lei ha una lunga esperienza nell’ambito delle migrazioni. Cosa pensa di questa che molti definiscono “una tragedia annunciata”?

Non è stata una tragedia annunciata, ma una tragedia denunciata. Credo sia ipocrita dire non che è stato possibile dare una risposta... No, non abbiamo saputo o voluto anticipare. Nella Chiesa, a cominciare da Papa Francesco, in tanti lo hanno sottolineato mille volte: non c’è nessuna sorpresa in queste vicende, sono cose previste e molto politiche. Oltre che tristissime.

Il Papa all’Angelus ha lanciato un appello molto forte chiedendo di fermare i trafficanti. È quello il problema?

Anche. Credo però che il problema a monte sia una confusione, una incoerenza anche nella politica migratoria europea. Questo, da una parte; dall’altra, ci sono i trafficanti che sono furbi, impresari, e approfittano dell’incoerenza per far prosperare il loro business.

Parlando di migrazioni e tornando con lo sguardo al pontificato del Papa, uno dei momenti più simbolici è stato il viaggio del luglio 2013 a Lampedusa. Da allora il Papa non ha mai smesso di richiamare l’attenzione del mondo su questa tematica e su questa gente costretta ad abbandonare i propri Paesi...

Si può dire che il tema migratorio è il “sacramento” del magistero di Papa Francesco. Questa problematica così concreta, così umana e anche così “santa” nel senso della sua grandissima importanza, lui ha cercato di comunicarla a tutti i fedeli e non solo. A tutti nel mondo il Papa ha fatto capire quanto è fondamentale la dignità della vita umana e la necessità di rispondere al nostro vicino. Lui ha reso rilevante il fenomeno migratorio, ha reso evidente la presenza di Gesù, della Santa Famiglia, fra coloro che fuggono. A tutti ha aperto la possibilità di rispondere — come cristiani e come uomini — con il suo insegnamento: accogliere, promuovere, proteggere e integrare.

Queste quattro indicazioni del Papa, alla luce anche delle recenti tragedie, secondo lei sono state comprese e recepite?

Certo, tutte le persone hanno capito ciò che il Papa ha detto, anche i responsabili di queste cosiddette tragedie che sono piuttosto un crimine. Sono risultati di azioni politiche. Attenzione, quindi, a non mescolare le due cose... Le parole di Francesco arrivano a tutti, i credenti anzitutto, le persone che credono in Dio, nella vita, nella fraternità, nella casa comune. Costoro rispondono alle parole del Santo Padre, non cedono a un rifiuto crudele e inumano del prossimo.

Lei quale augurio vorrebbe fare al Papa?

Più che un augurio è il desiderio forte che riceva ancora la grazia e sappia quanto infinita è la nostra gratitudine, la gratitudine di tutto il mondo per questi dieci anni che ci hanno cambiato tutti in meglio.

di Salvatore Cernuzio