Nessuno tocchi Eva

(FILES) In this file photo taken on September 20, 2022 a protester holds a portrait of Mahsa Amini  ...
08 marzo 2023

Non sono libere. Di rimanere nel loro Paese, di lavorare, di esprimersi, di manifestare, di studiare, di uscire di casa in tutta sicurezza. In sintesi: di vivere. Sono le donne afghane che, dal ritorno dei talebani al potere a Kabul nell’agosto 2021, si ritrovano ad essere vittime di una sorta di “apartheid di genere”, secondo il quadro tracciato dall’Onu: divieto di visitare parchi, palestre e bagni pubblici, ma anche editti per impedire l’accesso all’università e a un impiego nelle ong. Un «declino» delle libertà fondamentali nel Paese, dice nell’odierna Giornata internazionale della donna il relatore speciale del Palazzo di Vetro sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, Richard Bennett, facendo eco alle parole del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che ha denunciato come il progresso verso la parità di genere stia «svanendo davanti ai nostri occhi».

Il riferimento è agli alti tassi di mortalità materna, di ragazze costrette a matrimoni precoci, di rapimenti e aggressioni per aver frequentato la scuola. O semplicemente per aver manifestato per i propri diritti, quelli che «vengono abusati, minacciati e violati in tutto il mondo», ha ricordato Guterres.

Succede per le donne in Iran, la cui dignità è calpestata e negata da una repressione contro le proteste di piazza che si protraggono da quasi sei mesi, innescate dalla morte il 16 settembre di Mahsa Amini, mentre era sotto custodia della polizia di Teheran con l’accusa di non aver indossato correttamente l’hijab. E la cui salute è messa in pericolo da casi di avvelenamento e intossicazioni, avvenuti proprio nei luoghi dove dovrebbero essere più protette, scuole e dormitori studenteschi.

Accade inoltre per le donne migranti, siano esse nigeriane o rohingya, siriane o haitiane, il cui viaggio finisce drammaticamente nelle acque di un mare in tempesta o lungo un percorso fatto di fame, freddo, indifferenza. Ed è la realtà delle donne ucraine, che sono diventate «forze indistruttibili» di fronte alla devastazione della guerra, come ricorda oggi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

L’8 marzo il mondo grida: «Nessuno tocchi Eva». Da ricordare anche durante il resto dell’anno.

di Giada Aquilino