Bailamme

Della solidarietà

 Della solidarietà  QUO-052
03 marzo 2023

A meno che non si voglia tornare indietro di secoli (e qualche volta è un bene farlo per leggere la storia nella sua dimensione giusta) bisogna cancellare Sparta e il mito dell’efficientismo se si vuole guardare all’uomo non per la sua forza fisica, ma per il suo spirito, per la sua intelligenza e per la sua cultura. Certo, la vecchiaia, la malattia e la miseria sono la parte debole dell’umanità e sono un peso, in tutti i sensi, del vivere quotidiano, ma allora bisogna eliminare la vecchiaia e anche la malattia? Si entrerebbe inevitabilmente nella logica dello scarto di cui tanto parla, purtroppo a proposito, Papa Francesco.

Su questa domanda dunque bisogna riflettere, a lungo, uscendo dagli egoismi, pensando che, ahimé, le cose brutte possono capitare a chiunque.

Federico Garcia Lorca grida a un certo punto del Lamento per la morte di Ignazio: «Voglio vederli qui gli uomini di voce dura /davanti a questo corpo con le redini rotte». E un saggio della fine dell’Ottocento invita i potenti a visitare almeno una volta gli ospedali, sperando di non averne mai bisogno.

Che significa questa premessa? Che la povertà, la malattia, il bisogno non sono stabiliti ab aeterno con accanimento verso qualcuno; vagano e colpiscono a caso. Allora è bene che consideriamo gli altri non come estranei al nostro percorso, perché potremmo imbatterci anche noi nella miseria e nel male, come dice sant’Agostino, e santa Teresa d’Ávila invita a dare senza chiedere, ad essere solidali per «il piacere del dono», al di là d’ogni eventuale ricompensa.

La solidarietà è la partecipazione al dono della vita, è il saper stare con gli altri al di là delle regole stabilite dai codici, è il saper entrare nella possibilità del futuro.

Ovviamente, se si consultano i dizionari si trovano infinite definizioni della solidarietà, a cominciare da quella economica e finire a quella filosofica, ma credo che Giuseppe Mazzini meglio di tutti abbia sintetizzato il concetto affermando che si tratta di un dovere degli uomini per non abbrutirsi al pari delle belve feroci.

Quali che siano le credenze di ognuno, la vita passa come un soffio e «il non dispiacersi di morire si addice propriamente solo a quelli a cui piace vivere», come diceva Montaigne) e non accorgersi di ciò che sta dinanzi ai nostri occhi è davvero un ritorno alla barbarie. La solidarietà dovrebbe diventare un imperativo categorico in tutti i cuori in modo da poter diventare una misura del rapporto che si instaura col mondo e così dovrebbe essere la capacità di saper entrare in un rapporto sereno con gli altri, comprenderne le necessità, partecipare della sofferenza. Se una società civile dimentica la solidarietà finisce che tutto si debba rispecchiare dentro leggi prive di vita, di sentimento. Ovviamente gli obiettivi della solidarietà non possono mai essere quelli dello stato che legifera e stabilisce: la solidarietà è anche slancio e partecipazione emotiva e quando si fa specchio del consenso del cuore, allora abbiamo spiriti magni come Madre Teresa di Calcutta, in cui si rispecchia l’armonia del creato in modo meraviglioso.

Purtroppo ci sono molte incongruenze anche in coloro i quali fanno sfoggio di solidarietà. Conosco genitori che non soccorrono i figli e fanno parte di organizzazioni per l’aiuto ai miseri, agli emarginati; signore imbellettate e ingioiellate che non hanno una briciola di umanità e si fanno paladine di solidarietà. Solo per apparire. Tutto questo contamina il concetto alto di solidarietà, lo deturpa. Attenti, dunque, agli esibizionisti della solidarietà, a quelli che alla fine, magari inconsapevolmente, non vogliono che essa diventi il principio cardine della società civile. 

di Dante Maffìa