Il magistero

 Il magistero  QUO-051
02 marzo 2023

Venerdì, 24 febbraio

Uscire
dalla schiavitù
dell’egoismo

Siete venuti per rinfrancarvi spiritualmente sulla tomba di San Pietro e per attingere alle fonti vive della Chiesa l’amore di Cristo.

La testimonianza dell’Apostolo, così umana e piena della grazia di Dio, susciti in voi lo slancio missionario della Chiesa delle origini.

Il pellegrinaggio è il momento in cui portate le vostre generose offerte a sostegno della sollecitudine pastorale del Papa e delle opere della Santa Sede.

Siete ancora oggi testimoni della carità che animava i cuori dei vostri predecessori, che non hanno avuto paura di spendere la vita per amore della Chiesa.

Oggi la chiamata a donarsi per amore non è meno urgente: tanti soffrono a causa della guerra, della violenza, dell’esclusione, della povertà materiale e spirituale.

È significativo che il vostro pellegrinaggio coincida con l’inizio della Quaresima, tempo favorevole che ci chiama a convertirci per passare dalla schiavitù dell’egoismo alla libertà di amare e servire Dio e i fratelli.

Nella Chiesa nascente la generosità dei cristiani si manifestava tra di loro e verso la comunità con grande solidarietà.

Erano capaci di mettere tutto in comune per sostenere i più fragili.

Avevano capito di essere gli amministratori temporanei dei loro beni.

In effetti, tutto ciò che possediamo è dono di Dio e dobbiamo lasciarci illuminare da Lui nella gestione dei beni ricevuti.

Il suo spirito ci spingerà a dare a chi è nel bisogno, a combattere la povertà con ciò che dona.

Il Signore ci dà in abbondanza affinché a nostra volta possiamo dare noi stessi.

Mettiamo in pratica l’appello a operare il bene, amare i più piccoli e indifesi, gli abbandonati e disprezzati, chi è discriminato ed emarginato.

Ringrazio in particolare per il dono del ritratto che uno dei vostri membri ha avuto la gentilezza di realizzare e di offrirmi.

(Ai membri dell’Associazione “Pro Petri Sede” )

Sabato 25

Tra giustizia
e misericordia

Vi ringrazio per l’impegno nell’amministrazione della giustizia, che nell’ultimo anno è risultato particolarmente gravoso.

Il tempo trascorso dal nostro ultimo incontro è stato purtroppo segnato da eventi gravi e imprevisti, che hanno determinato profonde lacerazioni.

Dopo la terribile prova della pandemia, con il suo seguito pesante di lutti e crisi, abbiamo sperato in una pronta ripresa, alimentata e sostenuta da un diffuso spirito di solidarietà.

Abbiamo auspicato e operato affinché si mettessero da parte gli egoismi e la sete di profitto per cercare di ripartire insieme, a livello nazionale e sovranazionale, dimostrando senso di responsabilità e capacità di collaborazione.

Impegno
fianco a fianco

Grazie a Dio, in molte parti del pianeta e in molte iniziative questa speranza e ha trovato concreta realizzazione, con l’impegno fianco a fianco di credenti e non.

Purtroppo, proprio mentre si cercava di progredire in questo percorso di graduale ripresa, lo scoppio del conflitto in Ucraina e la sua tragica evoluzione hanno fatto ripiombare il mondo intero in una crisi profonda, aggravata dai molteplici focolai di guerra che continuano a divampare.

Ci sono guerre che toccano più da vicino, ma i conflitti nel mondo sono tanti, e sono una sorta di autodistruzione.

Di fronte a questi scenari, cresce in noi l’anelito alla pace e alla giustizia.

Si rafforza fino a diventare imperativo, il bisogno di dare testimonianza per aiutare a costruire la pace e la giustizia.

La pace senza giustizia non è vera, non ha solide fondamenta né futuro.

E la giustizia non è un’astrazione o un’utopia. Nella Bibbia, essa è l’adempimento onesto e fedele di ogni dovere verso Dio, è compiere la sua volontà.

Non è il frutto di un insieme di regole da applicare con perizia tecnica, ma la virtù per cui diamo a ciascuno ciò che gli spetta, indispensabile per il corretto funzionamento della vita comune.

Una virtù da coltivare mediante l’impegno di conversione personale e da esercitare insieme alle altre virtù cardinali della prudenza, fortezza e temperanza.

Questa virtù è affidata in modo eminente alla responsabilità di quanti sono impegnati nell’ambito giudiziario, per consentire il ristabilimento della pace violata fra i diversi soggetti della comunità in contesa.

In tale prospettiva operano i Tribunali dello Stato della Città del Vaticano, che svolgono a vantaggio della Santa Sede un ruolo prezioso di natura civile o penale.

Sono controversie che esulano dall’ambito di competenza dei Tribunali della Santa Sede e dei tribunali canonici e devono essere giudicate in base a un complesso intreccio di fonti canoniche e civili, qual è quello previsto dall’ordinamento vaticano, la cui applicazione richiede specifiche competenze.

Negli ultimi anni queste controversie e i processi sono aumentati, come pure è aumentata la gravità delle condotte, soprattutto nell’ambito della gestione patrimoniale e finanziaria.

Bisogna essere chiari ed evitare il rischio di “confondere il dito con la luna”: il problema non sono i processi, ma i fatti e i comportamenti che li determinano e li rendono dolorosamente necessari.

Tali comportamenti, da parte di membri della Chiesa, nuocciono gravemente alla sua efficacia nel riflettere la luce divina.

Con misericordia e vicinanza siamo chiamati a guardare i fratelli e le sorelle, soprattutto quando sono in difficoltà, quando sbagliano, quando sono sottoposti alla prova del giudizio.

Una prova che a volte è necessaria, quando si tratta di accertare condotte che offuscano il volto della Chiesa e destano scandalo nella comunità.

È di aiuto un rigoroso discernimento... come pure il prudente ricorso al canone dell’equità, che può favorire la ricerca dell’equilibrio fra giustizia e misericordia.

Esse non sono alternative, camminano insieme, in equilibrio verso lo stesso fine, perché la misericordia non è la sospensione della giustizia, ma il suo compimento.

La giustizia rende possibile una fraternità in cui tutti sono tutelati, specie i più deboli. Operate mantenendo sempre viva questa consapevolezza e la tensione verso la verità.

(Inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale
dello Stato della Città del Vaticano)

Domenica 26

Mai negoziare
col “divisore”

Il Vangelo di questa prima Domenica di Quaresima ci presenta Gesù nel deserto tentato dal diavolo (Mt 4, 1-11).

Diavolo significa “divisore”... vuol sempre creare divisione, ed è ciò che si propone anche tentando Gesù.

Vediamo da chi lo vuole dividere e in che modo lo tenta.

Dopo aver ricevuto il Battesimo da Giovanni nel Giordano, Gesù era stato chiamato dal Padre «il Figlio mio» e lo Spirito era sceso su di Lui in forma di colomba.

Il Vangelo presenta così le tre Persone divine unite nell’amore.

Poi Gesù stesso dirà di essere venuto nel mondo per rendere anche noi partecipi dell’unità che c’è tra Lui e il Padre.

Il diavolo, invece, fa il contrario: entra in scena per dividere Gesù dal Padre e distoglierlo dalla sua missione di unità.

Vuole approfittare della condizione umana di Gesù, che è debole perché ha digiunato quaranta giorni e ha fame.

Il maligno allora cerca di instillare in lui tre “veleni” potenti, per paralizzare la sua missione di unità. Questi sono l’attaccamento, la sfiducia e il potere.

Attaccamento
alle cose
ai bisogni

Con ragionamenti suadenti il diavolo prova a suggestionare Gesù: “Hai fame, perché digiunare? Ascolta il tuo bisogno, soddisfalo, ne hai il diritto e il potere: trasforma le pietre in pane”.

Sfiducia

“Sei sicuro — insinua il maligno — che il Padre voglia il tuo bene? Mettilo alla prova, ricattalo! Buttati giù dal punto più alto del tempio e fagli fare quello che vuoi tu”.

Potere

“Di tuo Padre non hai bisogno! Perché aspettare i suoi doni? Segui i criteri del mondo, prenditi tutto da solo e sarai potente!”.

Anche noi viviamo queste tre tentazioni, sempre. È terribile, ma è proprio così: l’attaccamento alle cose, la sfiducia e la sete di potere sono tentazioni diffuse e pericolose, che il diavolo usa per dividerci dal Padre e non farci sentire fratelli e sorelle, per portarci alla solitudine e alla disperazione.

Questo volle fare a Gesù, questo vuol fare a noi.

Ma Gesù vince le tentazioni. Come? Evitando di discutere col diavolo e rispondendo con la Parola di Dio.

Con il diavolo non si discute, non si dialoga!

Gesù gli fa fronte con la Parola di Dio.

Cita tre frasi della Scrittura che parlano di libertà dalle cose (Dt 8, 3), di fiducia (Dt 6, 16) e di servizio a Dio (Dt 6, 13), tre frasi opposte alle tentazioni.

Non dialoga mai con il diavolo, non negozia, ma respinge le insinuazioni con le Parole benefiche della Scrittura.

È un invito anche per noi: il diavolo non lo si sconfigge trattando, è più forte.

Lo sconfiggiamo opponendogli con fede la Parola divina.

Difendere
l’unità con Dio

In questo modo Gesù ci insegna a difendere l’unità con Dio e tra di noi dagli attacchi del divisore.

Chiediamoci: che posto ha nella mia vita la Parola di Dio? Ricorro ad essa nelle mie lotte spirituali? Se ho un vizio o una tentazione ricorrente, perché, facendomi aiutare, non cerco un versetto della Parola di Dio che risponda a quel vizio?

Poi, quando arriva la tentazione, lo recito, lo prego confidando nella grazia di Cristo.

Proviamo, ci aiuterà nelle tentazioni, perché, tra le voci che si agitano dentro di noi, risuonerà quella benefica della Parola di Dio.

Maria, che ha accolto la Parola di Dio e con la sua umiltà ha sconfitto la superbia del divisore, ci accompagni nella lotta spirituale della Quaresima.

(Angelus in piazza San Pietro)