
27 febbraio 2023
Volendo scrivere sull’ennesimo naufragio in mare, è il backspace della tastiera a lavorare di più. Non c’è parola che non si appesantisca di non senso e, al contempo, non abbia una sorta di ritrosia e pudore nel raccontare la morte, la disperazione di chi resta, lo stupore di chi è salvo.
Non c’è parola che ormai non tema di essere complice, più o meno consapevole, dell’ostentazione strombazzata a più livelli. Il che equivale a familiarizzare con una ferita ancora aperta per cicatrizzarla velocemente, archiviandola magari alla voce «Era destino, umanità impotente, annoso problema».
Del resto, anche il “vinto” di quest’ultima tragedia sa che i riflettori più potenti sono puntati solo di riflesso su di lui; diffida ormai delle belle parole e dei monumenti ...
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