Un anno di guerra in Ucraina

In cerca di un orizzonte
di pace

This aerial photograph shows a damaged church, which was used by Russian troops as a makeshift ...
24 febbraio 2023

Tanto non attaccheranno, sarebbe una follia, dicevano in molti, malgrado i segnali. Ma alla fine l’impensabile era accaduto. La mattina del 24 febbraio 2022 dall’Ucraina cominciarono ad arrivare le immagini che mostravano volute di fumo nero alzarsi dagli edifici colpiti dai primi missili russi dell’“operazione militare speciale”. Lugubri coltri oscure che coprivano l’orizzonte di una giornata che si presentava soleggiata. Ma chi lo vide il sole quella mattina? Svegliati dall’improvviso dal sinistro richiamo delle sirene antiaeree, gli abitanti delle città e dei villaggi del Paese si riversarono nei rifugi, nelle stazioni delle metropolitane e negli scantinati, mentre le bombe colpivano obiettivi militari ma anche palazzi, scuole, ospedali, provocando le prime vittime.

È trascorso un anno e il cielo ucraino è ancora solcato dai missili russi, l’orizzonte è ancora oscurato dal fumo nero di migliaia di esplosioni che radono al suolo interi paesi, polverizzano edifici, uccidono senza distinzioni soldati e civili. Dal primo giorno gli ucraini si stanno opponendo coraggiosamente all’invasione, forti anche del solidale sostegno pressoché compatto dell’Occidente nella legittima difesa della libertà e indipendenza di una nazione sovrana dall’ingiustificabile e assurdo attacco da parte di un Paese straniero. Ora però quello stesso Occidente dovrebbe assumere con forza una iniziativa diplomatica per giungere finalmente a un cessate il fuoco e avviare un serio negoziato di pace tra le parti. Magari sollecitando anche la mediazione di altri autorevoli soggetti.

Qualche giorno fa il filosofo Jürgen Habermas ha sostanzialmente affermato che l’Occidente fornisce a buona ragione armi all’Ucraina, ma ne deriva una corresponsabilità. Una corresponsabilità che dunque non può fermarsi al solo sostegno militare, anche perché sul campo si è giunti a una situazione di sostanziale stallo. E allora la domanda è: per quanto ancora tutte le parti coinvolte potranno continuare a sostenere una guerra di logoramento? Questo conflitto sta costando molto, troppo, soprattutto in termini di vite umane, ma anche dal punto di vista economico. Con conseguenze pesantissime in particolare sui Paesi più poveri. E certo non si può pensare di continuare ad alimentare — tra crescenti minacce di un uso di ordigni nucleari — l’insensata corsa al riarmo globale partita dopo il 24 febbraio 2022.

Bisogna iniziare davvero a pensare a come ripristinare la pace. Una pace giusta. Giusta e duratura. Urge dialogare, perché non c’è altra soluzione. Basta guardare alla storia recente. Secondo il Dipartimento di ricerca sulla pace e sui conflitti dell’Università di Uppsala, in Svezia, la maggior parte dei circa 400 conflitti, grandi, medi o piccoli, scoppiati dopo la seconda guerra mondiale si sono conclusi con un cessate il fuoco, seguito da un negoziato che ha portato alla pace. Una pace duratura. Quelli terminati sul campo, “vinti” da una delle parti, hanno invece spesso avuto sanguinose recrudescenze, anche dopo molti anni.

Affermare di stare accanto a Kyiv per tutto il tempo necessario, come sostengono i leader occidentali, non può più bastare. Il “tempo necessario” non può essere infinito. Per quanto ancora l’orizzonte nei cieli ucraini dovrà restare oscurato dal fumo nero delle esplosioni prima che si dica basta? Quanto si dovrà ancora aspettare perché l’orizzonte di guerra si trasformi in un orizzonte di pace? 

di Gaetano Vallini