La guerra da fermare

 La guerra da fermare  QUO-045
23 febbraio 2023

Un anno dopo l’aggressione dell’Ucraina perpetrata dalla Federazione Russa, nel Paese aggredito più di diciassette milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, otto milioni sono i rifugiati all’estero e sei milioni gli sfollati interni. Le vittime civili sarebbero più di ventimila, e circa centomila quelle militari su entrambi i fronti. Di fronte a questa insensata carneficina nel cuore dell’Europa cristiana, dove si combattono soldati che condividono lo stesso battesimo, un massacro che sta portando a passi sempre più rapidi l’umanità verso l’autodistruzione, non si può non far propria la drammatica domanda che il Successore di Pietro ha rivolto alla comunità internazionale e a ciascuno di noi: «È stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra?». Difficile rispondere con un “sì”, di fronte all’afasia e alla mancanza di creatività delle diplomazie e degli organismi internazionali. Difficile rispondere con un “sì” di fronte all’accelerazione della corsa al riarmo e alla retorica militarista del pensiero unico che stigmatizza qualsiasi dubbio sull’escalation bellica.

Papa Francesco ha rivolto innumerevoli appelli, gridando, in sintonia con i suoi predecessori, il suo accorato «No alla guerra!». È lo stesso «Mai più la guerra!» che supplicò san Paolo vi di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965, è quel «Mai più la guerra!» che san Giovanni Paolo ii gridò — malato e purtroppo inascoltato — all’Angelus del 16 marzo 2003, per scongiurare la sciagurata invasione dell’Iraq, le cui conseguenze sono ancora visibili a tutti dopo la trasformazione per lunghi anni di quel Paese nel laboratorio di ogni terrorismo fondamentalista.

L’appello di Papa Francesco è rivolto a «quanti hanno autorità sulle nazioni, perché si impegnino concretamente, per la fine del conflitto, per raggiungere il cessate il fuoco e avviare negoziati di pace». Perché quella «costruita sulle macerie non sarà mai una vera vittoria». E le ferite di odio e risentimento che la barbarie della guerra ha provocato rimarranno per un tempo certamente più lungo di quello necessario per la ricostruzione dell’Ucraina.

Di fronte a tutto questo è un segno concreto di speranza l’impegno di quanti aiutano le vittime e accolgono gli sfollati, indicando la via della fraternità, della non violenza, della pace. C’è una società civile che marcia, prega, lavora e invoca pace, come quella che stanotte camminerà da Perugia ad Assisi. Una società civile la cui voce meriterebbe più spazio. Ci sono persone, credenti e no, che chiedono all’aggressore Vladimir Putin di fermarsi e a tutti governi — a partire da quelli dei Paesi più potenti — di scommettere sulla pace e non sull’ineluttabilità di un conflitto devastante che è destinato sempre più a segnare il futuro dell’Europa e dell’umanità intera. Stiamo facendo tutto il possibile per fermare questa guerra? 

di Andrea Tornielli