Dodici mesi di sofferenze nelle parole dell’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč

Shevchuk: «Una guerra assurda e sacrilega»

 Shevchuk: «Una guerra assurda e sacrilega»  QUO-043
21 febbraio 2023

Parla di una «tragedia», per l’Ucraina e per il mondo, di una «popolazione traumatizzata» da questi dodici mesi di guerra e dell’«impotenza» di giungere alla pace. Poi lancia un appello ai politici, ai media, a chiunque abbia voce e responsabilità a livello internazionale: «Non lasciateci soli… L’indifferenza uccide». L’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sviatoslav Shevchuk, è a colloquio via Zoom con un gruppo ristretto di giornalisti, a pochi giorni dal primo anniversario della invasione russa del 24 febbraio 2022.

Il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina è collegato dall’arcivescovado, sua residenza a Kyiv dalla cui finestra, affacciata sul fiume Dnipro, nei mesi scorsi ha visto esplodere «il fuoco» nel cielo. Nella capitale ucraina, mentre si svolge l’intervista, è giunto a sorpresa il presidente statunitense Joe Biden. Shevchuk sorride: «Un anno fa — dice — tutti ci abbandonavano. Dopo il 24 febbraio sono rimasti solo il nunzio apostolico, Visvaldas Kulbokas, e l’ambasciatore polacco. Molti si sono spostati a Leopoli, nell’Ucraina occidentale o in Polonia. A distanza di un anno, tutti sono tornati, vengono a visitarci qui. Questo ci fa sentire che non siamo dimenticati, abbandonati, che possiamo contare sulla solidarietà dell’Europa, dell’Italia, del mondo». «È una grande consolazione», dice l’arcivescovo, «l’esercito russo ci ha condannato a morte. La solidarietà ci dà la speranza che questa condanna non sarà eseguita, che saremo capaci di sopravvivere, difenderci e costruire un Paese libero e democratico».

«Speranza» è una parola che Shevchuk ripete spesso durante il colloquio, insieme a «gratitudine». Gratitudine «al Signore perché siamo stati capaci di sopravvivere e servire il nostro popolo»; gratitudine «per l’immensa solidarietà universale». A questo, però, si accompagna un «senso di impotenza»: nel prevenire la guerra e ora, dopo un anno, nel fermarla. «Alla fine del 2021, già si prevedevano i fantasmi della guerra che si avvicinava… Da parte mia ho cercato di sensibilizzare tante istituzioni di questo pericolo ma né i meccanismi del diritto internazionale, né gli strumenti diplomatici sono stati in grado di prevenire la tragedia. Tutto il mondo si sente impotente di fronte ad una cieca, assurda, sacrilega guerra».

Il rammarico più grande, confida Shevchuk, è di non essere riusciti a salvare le vite umane: «Ricordo Mariupol: quante volte abbiamo tentato di portare cibo e acqua, ma tanta gente è morta di fame e sete». E tanta gente è morta torturata e ammazzata, colpita dai missili. «Quest’anno forse per la prima volta — dice l’arcivescovo maggiore — ho visto come le armi moderne sono capaci di distruggere tutto: vite, città, ecologia».

Il tema delle armi è centrale. «Si parla di un uso proporzionato», osserva Shevchuk, in risposta a una domanda sul recente appello dell’Ue a rifornire armi all’Ucraina. «Al momento la capacità dell’Ucraina di difendersi non è proporzionata alla capacità della Russia di aggredirci. Siamo un Paese molto più piccolo. È un miracolo che siamo vivi».

Il Consiglio pan-ucraino delle Chiese, recentemente in visita a Roma, ha indirizzato alla comunità internazionale una lettera per chiedere di inviare strumenti anti-missilistici. «Perché? Perché se abbattiamo un missile nessuno muore, ma se cade provoca tanti morti. In questo momento il Consiglio pan-ucraino considera moralmente accettabile l’invio delle armi in Ucraina per aumentare la capacità di difesa», afferma Shevchuk.

La questione è spinosa, come quella del dialogo con le Chiese ortodosse ucraine legate a Mosca. A dicembre il presidente Volodymyr Zelensky, dopo indagini e perquisizioni dei servizi di sicurezza, ha firmato un decreto per porre restrizioni all’attività della Chiesa ortodossa in comunione con il Patriarcato di Mosca. «Questa Chiesa vive adesso un momento di aperto confronto con la società ucraina», commenta Shevchuk. «Prima della guerra la gente gridava unità, ora c’è una forte domanda di vietare questa Chiesa. Quasi un odio… Non è cristiano ma sono i sentimenti del popolo ferito».

«Preghiamo — è l’appello del capo della Chiesa greco-cattolica — affinché il Signore ascolti il sangue che grida dalla terra ucraina verso il cielo. Chiediamo che il mondo non chiuda gli occhi di fronte alle piaghe e alle sofferenze del popolo, che non si stanchi di questo tema. Il dolore ucraino spesso sparisce dai giornali, smette di fare notizia, come nel 2014 con l’invasione in Donbass. La menzogna e l’indifferenza uccidono tanti».

di Salvatore Cernuzio