Dieci domande per riannodare il filo di dieci anni di pontificato, ma anche per guardare alle ferite del mondo, a cominciare dalla «guerra feroce» che ha rubato il sorriso a tanti bambini, e anche per riflettere sulle inquietudini del cuore dell’uomo. Quelle che portano ad incappare in una «malattia» pericolosa: attaccarsi alle «cose brutte» della vita. Francesco è in dialogo con don Davide Banzato, sacerdote della comunità Nuovi Orizzonti e volto del programma Mediaset I viaggi del cuore.
E proprio dello speciale in onda su Canale 5 il 18 febbraio, Papa Francesco è il protagonista con un colloquio a Santa Marta, nato inaspettatamente che sarà pubblicato integralmente in un libro edito da Piemme il 21 febbraio Cerca il tuo orizzonte. Rialzarsi e ripartire oggi.
L’intervista parte da un punto caro al Papa che è quello della memoria. «Una grazia», dice, che «porta alle radici della nostra attualità». In questo viaggio c’è tuttavia il «pericolo» di attaccarsi alle «cose brutte, cose che ci hanno fatto soffrire», «ai fallimenti della vita». Per il Papa è una «malattia»: «Le cose brutte, sì, ricordiamole, ma ringraziamo il Signore che ci ha aiutato per uscire».
Di cose brutte, annota Francesco, ne stanno accadendo tante nel nostro tempo. Veniamo da una pandemia che ci ha «indebolito» e ora c’è la guerra: «È feroce» e ha provocato «una crisi economica e finanziaria». «Oggi, soprattutto in tutta Europa, la gente non saprà come pagare la luce», rileva il Papa. «È un momento brutto, è un momento di desolazione umana. Tu vedi i morti torturati prima della morte, le fotografie sono terribili».
L’angoscia del vescovo di Roma è soprattutto per i bambini: «Si sono dimenticati di ridere... Qui sono venuti tanti bambini, tanti dell’Ucraina, non ridono. Sono amabili, ma non ridono, hanno perso quello. Sono andato a trovare i bambini che erano al Bambino Gesù, ucraini, feriti, nessuno (aveva) un sorriso». Per Francesco, rubare il sorriso a un bambino è «una tragedia». E questa tragedia sta segnando il nostro tempo: «Un tempo dove il negozio più grande è la vendita delle armi, la fabbrica delle armi. Oggi, se per un anno — mi ha detto un tecnico — non si fabbricassero armi, finirebbe la fame nel mondo. Le guerre chiedono armi. E perché una guerra? Perché di solito un impero o un governo, quando si indebolisce un po’, ha bisogno di una guerra per riprendersi».
In questo scenario drammatico, il Papa esorta tuttavia a guardare «orizzonti» diversi. Guardare, cioè, «alla speranza», quella che per alcuni padri della Chiesa è come «un’ancora»: «Che tu sei nel mare o nel fiume e butti l’ancora per essere sicuro e ti aggrappi alla corda». «In questo tempo è difficile», sottolinea Francesco, «c’è il Signore, c’è la speranza. È difficile e brutto, c’è tanta sofferenza, ma anche c’è la corda e l’ancora».
E a chi «non ha fede», cosa dire? «Non è un peccato non avere la fede», risponde il Papa. «C’è gente buona, buonissima, che non ha il dono della fede. Soltanto gli dirò: sii aperto. Non stancarti di cercare». Chi crede, invece, deve stare attento a non vivere da «pagano», da «cristiani finti o, come diceva mia nonna, cristiani all’acqua di rose». «A questi dirò: cambia vita! Com’è la tua vita? È una vita giusta? È una vita al servizio degli altri? È una vita che spreca i soldi?». Da qui una riflessione sul tema della ricchezza: «Mi diceva un signore che a Roma ci sono ristoranti dove, se inviti due persone, alla fine saranno 1.700 euro. Ma tu vivi a quel livello, quando c’è gente che muore di fame? “Eh, Padre, non sia comunista”. No, dai, questo è Vangelo». «Non sto parlando male dei ricchi, ci sono ricchi santi che sanno usare bene i propri beni per gli altri», chiarisce Francesco. Ma anche le «condotte» definiscono il tipo di fede: «Se lo stile di vita è pagano, si capisce che è una fede di vernice».
In proposito, il Papa cita la fotografia scattata da uno dei «fotografi del Vaticano» in strada a Roma di una signora ben vestita che esce da un ristorante e ignora la mendicante che chiede l’elemosina: «Se tu non ti accorgi di qualcosa e di qualcuno dietro la tua vanità, del tuo modo di vivere, sei chiuso in te stesso... Non avere paura di toccare la carne ferita». Questo aiuta a vincere la «sclerocardia», la chiusura del cuore. Oggi, domanda il Papa, «quanti piangono — non dico fisicamente, ma nel cuore — per i bambini orfani in Ucraina?».
Nell’intervista un cenno anche al suo pontificato che il 13 marzo compie dieci anni. Jorge Mario Bergoglio torna alla sua elezione: «Povero Pietro, quale successore si è trovato!», esclama ridendo, «mai immaginavo una cosa del genere». Tuttavia c’è stata «naturalità» nel passaggio da Buenos Aires a Roma. Non mancano certo le «inquietudini» e per questo Francesco chiede preghiere: «Pregate per me perché possa essere un Papa cristiano, non pagano, che il Signore mi dia la grazia di vivere come cristiano e di aiutare la Chiesa, che è il santo popolo fedele di Dio. Non è quel prete, quel vescovo, ma il popolo di Dio».
di Salvatore Cernuzio