Hic sunt leones
La varietà della cucina del continente come specchio della biodiversità culturale

Tradizione culinaria
e sostenibilità africana

 Tradizione culinaria  e sostenibilità africana   QUO-040
17 febbraio 2023

Paese che vai cucina che trovi. Questo vale anche per l’Africa. Infatti, il rischio è quello di scadere in una sorta di approssimazione, decisamente fuori luogo trattandosi di un grande continente, crogiolo di numerose culture ancestrali. Pertanto parlare di arte culinaria afro come se fosse un tutt’uno appare decisamente fuorviante, anche perché ogni cultura nazionale si esprime attraverso i propri piatti tipici. Sebbene possano esservi elementi in comune — ad esempio la portata unica ricca di sapori, profumi e anche colori, che accomuna tutti gli Stati africani da meridione a settentrione — sono molte le varianti, legate principalmente all’habitat, dal punto di vista morfologico e climatico.

Come osserva lo storico James C. McCann, «la cucina africana fa parte dell’esperienza umana universale. Salse, oli, erbe e spezie aggiungono sapore e consistenza agli ingredienti primari e rimuovono il cibo dallo stato di natura e lo avvolgono magicamente con un tocco artistico». Questo vale anche per il cosiddetto street food di cui l’Africa è antesignana. Secondo la definizione della Fao, esso è costituito da una vasta gamma di bevande e alimenti pronti per il consumo, che sono venduti (e talvolta anche preparati) soprattutto per strada o in luoghi pubblici, come mercatini o fiere. Anche in questo caso le varianti sono molte e riguardano lo stesso utilizzo della frutta tropicale — come mango, avocado, platano, ananas, banane, noci di cocco —, utilizzata per preparazioni dolci o salate. Un altro comune denominatore è costituito dalla connotazione conviviale dei pasti anche se poi, soprattutto nelle grandi megalopoli, questo aspetto ha subito non poche alterazioni per il ritmo frenetico imposto dall’urbanesimo fuori controllo.

D’altronde se la cucina mediterranea ha molte declinazioni, anche in Africa, particolarmente nella macro regione subsahariana, i piatti tipici sono diversi a seconda delle aree geografiche. Per esplorare a fondo la complessa galassia gastronomica africana, vale la pena partire da quei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Algeria, Egitto, Liberia, Marocco. La cucina dell’Africa settentrionale affonda le sue radici nel passato e risente dunque dell’influenza di quei popoli che l’hanno abitata. Ad esempio i cartaginesi hanno introdotto il grano e il suo sottoprodotto: il semolino. I berberi hanno riadattato quest’ultimo in couscous, il piatto più noto all’estero. Le olive e l’olio di oliva sono stati introdotti prima dell’arrivo dei romani. Furono invece gli arabi a diffondere l’uso delle spezie come lo zafferano, la noce moscata, la cannella, lo zenzero e i chiodi di garofano, che hanno contribuito e influenzato la cultura culinaria nordafricana. Gli altri ingredienti utilizzati comunemente sono patate, pomodori, peperoncino e molte varietà di verdure. La carne che viene utilizzata è detta halal. Fino a qualche tempo fa era venduta solo nelle macellerie islamiche, ma ormai è presente anche negli scaffali di alcune catene di supermercati. Halal significa letteralmente “lecito”, conforme dunque ai precetti del Corano. Dunque, la carne deve essere macellata secondo un rituale e certificata da un ente preposto. Tuttavia, per quanto riguarda le indicazioni alimentari, esistono interpretazioni differenti della Sura 16 del Corano che ne parla.

Se dunque tutto il mondo musulmano è concorde nel condividere, ad esempio, il divieto di consumare la carne di maiale e il sangue animale, di converso vi sono molteplici modi di eseguire il rito della macellazione. Sta di fatto che nella cucina nordafricana i cibi più comuni sono il pesce, la carne di capra, di agnello e di manzo. Il piatto più popolare della cucina marocchina è la b’stilla, una torta croccante, dolce e salata, composta da sfoglia sottile di pasta sfoglia ripiena di carne, noci o mandorle tostate, zucchero e cannella. Quest’ultima viene anche utilizzata in altri piatti, come le insalate, mentre lo zafferano dà colore e sapore ai dessert. Altro piatto tipico e tradizionale della tavola dell’Africa del nord è il mechoui, il montone arrostito. In Algeria si prepara nei giorni di festa il pollo alla cannella oppure i dolma algerini, ovvero peperoni o melanzane ripieni di carne e verdura. Per quanto concerne la cucina dell’Africa occidentale (Mauritania, Mali, Niger, Ciad, Senegal, Gambia, Guinea-Bissau, Sierra Leone, Liberia, Guinea, Costa d’Avorio, Ghana, Togo, Benin, Nigeria e Burkina Faso) essa ha generalmente pochi ingredienti base, ossia la manioca, il miglio e le spezie. I piatti più diffusi sono il maffè, una sorta di spezzatino con verdure e salsa d’arachidi; il boarake, un piatto a base di pesce, foglie di manioca e olio di palma; la yassa carne marinata in succo di limone servita con senape, verdure e manioca. Piatto tipico del Mali o Burkina Faso è il , pasta di miglio, sorgo o mais. Molto pochi, invece, i dolci: il lait caillè, torta di yogurt zuccherato; il pain de singe, il “pane delle scimmie” che altro non è se non la polpa dolce del frutto del baobab. E cosa dire del fufu (o foufou o foutou), tipico piatto ghanese: un contorno buono per tutte le occasioni, preparato con farina di manioca, di banane e brodo di pollo, che di solito è utilizzato per accompagnare una zuppa di pesce o piatti di carne. Nell’Africa centrale è la manioca a farla da padrona. Particolare è poi il consumo di termiti e bruchi: nella Repubblica Centrafricana, ad esempio, si preparano degli involtini di bruco, avvolti in larghe foglie di piante tropicali. Il piatto più caratteristico della tavola del Camerun si chiama ndole. A base di pesce, spinaci, carne e arachidi, la ricetta per preparare il piatto nazionale del Paese è semplice e veloce.

La cucina dell’Africa meridionale (Sud Africa, Botswana, Namibia, Mozambico, Zimbabwe, Zambia e Malawi) ha solitamente come ingredienti di base i prodotti ittici, tutte le carni, frutta e verdura fresca, grano e derivati del grano. Da segnalare in particolare il bobotie. Molti lo considerano la ricetta nazionale del Sud Africa: si tratta di un pasticcio di macinato di manzo decisamente speziato, coperto da una crema di latte e uova. Ogni famiglia ha il suo modo di preparare il bobotie. C’è chi, oltre al curry, per esempio aggiunge curcuma, cannella, chiodi di garofano, cumino o peperoncino. C’è chi preferisce carne di struzzo, agnello o persino di maiale e chi prepara una variante vegetariana.

Sul versante dell’Africa orientale (Kenya, Tanzania, Uganda e Zanzibar) la cucina è caratterizzata da una commistione di sapori e di contaminazioni provenienti da diverse parti del mondo. Si cucinano molte carni e prodotti ittici e si utilizzano spezie provenienti dall’India; ma è anche forte l’influenza della cucina araba. È inoltre molto diffuso il consumo di frutta tropicale. Molto popolare in Uganda è l’uso del matoke, un piatto tradizionale dell’etnia dei baganda, composto da una varietà di banane, i platani (in lingua luganda, appunto matoke) che vengono raccolti acerbi, bolliti e fatti saltare in padella con burro e spezie. Molto gustosa al palato è anche la injera, un piatto base della cucina etiope, eritrea e somala. Viene preparata con la farina di teff, un cereale originario degli altopiani etiopici. Si ottiene una larga crêpe spugnosa, accompagnata da altre pietanze, quali carni e verdure. Naturalmente, come già detto, le differenze culinarie all’interno di ogni singolo scacchiere geografico continentale, come anche dentro i confini degli stessi Paesi, sono molteplici. Basti pensare ai gruppi etnici pastoralisti, come i Turkana del Kenya o i Karimojong dell’Uganda dove bovini e capre costituiscono la base della sussistenza e dell’economia di questi popoli come fonti primarie di cibo, con la produzione di latte e carne. Una cosa è certa: è evidente che in un continente così vasto le cucine (meglio usare il plurale) esprimono tradizione e sostenibilità, uno straordinario laboratorio di biodiversità culturale.

di Giulio Albanese