Gli occhi di Musa e di Misha

 Gli occhi di Musa e di Misha  QUO-036
13 febbraio 2023

Musa è un bambino siriano di sei anni. È stato estratto da sotto le macerie dell’edificio in cui viveva a Jindaris, nella parte della provincia di Aleppo controllata dai ribelli, quattro giorni dopo il devastante terremoto. Continuo a osservate la sua fotografia, trasmessa da una delle agenzie che fin dal primo momento inviano le sconvolgenti immagini di questa immane tragedia. Una fasciatura gli copre la testa ferita dalla fronte in su. In realtà ha anche la mano destra bendata e sul viso altri segni del disastro al quale è scampato grazie all’instancabile opera dei soccorritori. Ma sono gli occhi ad attirare la mia attenzione. Mi chiedo cosa abbiano visto in sei anni, ovvero tutta la sua vita. Probabilmente solo distruzione e morte.

Certo Musa avrà avuto l’affetto dei suoi familiari, avrà giocato, avrà riso con i suoi piccoli amici. Ma cosa ricorderà da grande di questi suoi primi sei anni vissuti in un Paese devastato da 12 anni di una guerra non ancora finita? Un’infanzia costantemente sotto le bombe, forse anche da sfollato con i suoi parenti, in un posto poverissimo, senza aiuti a causa delle sanzioni internazionali imposte al governo di Bashar al-Assad. E ora l’esperienza tremenda del terremoto, anzi quella ancora più agghiacciante di essere rimasto intrappolato sotto le macerie, al freddo, senza cibo e acqua, per ben quattro giorni.

Musa ha perso il fratellino e i genitori sono ancora sotto le macerie. Probabilmente è l’unico della sua famiglia a essere sopravvissuto, come del resto tanti altri piccoli scampati al sisma, ma rimasti orfani. Un dramma nel dramma. Mi chiedo come possa un bambino “sopravvivere” a tutto questo e cosa si porterà dentro per il resto della vita.

Si dice che le disgrazie non vengono mai da sole. Saggezza popolare. Ma le disgrazie sono una cosa, le guerre, le speculazioni e l’indifferenza sono tutt’altro. E hanno responsabili precisi. Gli occhi di Musa, il suo sguardo, inchiodano i signori della guerra, individui senza scrupoli per i quali ogni occasione è buona per far soldi; inchiodano i potenti di turno, ai quali non interessa nulla della sorte della propria gente, anzi pronti a sacrificarne la vita pur di mantenere il potere; inchiodano gli speculatori e i corrotti, che sulle disgrazie altrui costruiscono le loro ricchezze, certo non case antisismiche laddove sarebbero indispensabili.

Ma gli occhi di Musa guardano anche noi che, pur colpiti da tanta sofferenza, restiamo imprigionati in una sorta di limbo che non ci fa andare oltre la commozione e la pietà del momento, impedendo che queste si trasformino in indignazione, denuncia, pressione tali da incidere in qualche modo sulla realtà. Condannandoci all’assuefazione, se non all’indifferenza.

Fra qualche giorno sarà trascorso un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina a seguito di una ingiustificabile invasione russa. E mi torna in mente un’altra immagine: quella di Misha, cinque anni, ferito da una bomba a Nikolaev il 26 marzo 2022, con il suo sguardo accusatore. Altri due occhi che ci guardano e ci interrogano.

Siria, Ucraina, ma anche Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e una lista fin troppo lunga di altri Paesi in cui si combatte e che ci dice di un mondo in guerra. Che cosa si sta facendo realmente per fermare tutto questo? Che cosa stiamo facendo? 

di Gaetano Vallini