Messaggio per il gemellaggio di due santuari dedicati a Nostra Signora di Guadalupe

Fermento di riconciliazione
tra Dio e gli uomini

 Fermento di riconciliazione tra Dio e gli uomini  QUO-036
13 febbraio 2023

In occasione della cerimonia di gemellaggio tra la basilica spagnola del monastero reale, in Estremadura, e quella del Tepeyac, a Città del Messico — entrambe dedicate a Nostra Signora di Guadalupe — il Pontefice ha inviato un messaggio all’arcivescovo di Toledo, Francisco Cerro Chaves, che presiede stamane la celebrazione nel santuario iberico alla presenza dell’arcivescovo di México, il cardinale Carlos Aguiar Retes.

A Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. Francisco Cerro Chaves
Arcivescovo di Toledo

Caro fratello,

Con grande gioia desidero farti giungere il mio saluto in occasione del gemellaggio dei due santuari dedicati alla Beata Vergine Maria, con il titolo di Nostra Signora di Guadalupe. Ti prego di estenderlo, in primo luogo, a Sua Eminenza il cardinale Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Città del Messico, e, insieme a lui, a tutti i vescovi, sacerdoti, consacrati e fedeli che hanno voluto porsi in questo giorno ai piedi della Santissima Vergine, come un unico Popolo santo di Dio.

Maria, nostra Madre, è sempre per il suo Popolo vincolo di comunione. Tanto la Scrittura quanto la tradizione apostolica ce la mostrano mentre riunisce gli apostoli e la comunità attorno a Sé, in un clima di preghiera. Così lo esprime san Luca negli Atti degli Apostoli: «Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (1, 14). Questa esperienza fondante della prima comunità cristiana trascende le epoche e i luoghi, e la Madre di Gesù, in modo semplice, continua a chiamarci. Ciò è stato espresso in molte parti del mondo con l’invito a costruire un tempio che fosse una casa con le porte sempre aperte per tutti, una casa di preghiera e di comunione.

Oggi vi riunisce il dolce Nome di Maria, più precisamente un appellativo millenario che già nella sua radice etimologica ci parla di meticciato, d’incontro con Dio e con gli uomini. Meticciato perché gli studiosi non riescono a mettersi d’accordo se dobbiamo leggere il titolo “Guadalupe” in arabo, in latino o in nahuatl. Ma è curioso che ciò che potrebbe presentarsi come un conflitto possa in realtà leggersi come una “strizzata d’occhio” dello Spirito Santo che fa ascoltare il suo messaggio di amore a ognuno nella propria lingua. Così in arabo la parola potrebbe suonare “fiume occulto”, come lo era quella fonte di acqua viva che Gesù promette alla Samaritana, quella forza della grazia che persino in tempi di rifiuto e d’incomprensione mantiene viva la Chiesa (cfr. Gv 4,10). Come pastori, questa allusione deve essere per noi uno stimolo, cercare sempre nell’altro quel fiume occulto di grazia, quell’Amore di Dio che lo rende un tesoro inestimabile. Tutto cambierebbe se, come la Vergine, potessimo vedere nell’altro quel segreto occulto, quanti fallimenti e conflitti eviteremmo.

Tuttavia, mescolandosi con il latino, la parola ci parlerebbe di un “fiume di lupi” e, in tal senso, di un’oasi di pace per quanti sono tormentati dai loro stessi peccati, dalla violenza, da tante guerre interne ed esterne che fanno dell’uomo un lupo per l’uomo. È lo stesso fiume occulto della grazia che nel dialogo con Gesù ci mostra la nostra realtà (v. 29), aprendoci alla speranza. Come san Francesco, nel suo famoso incontro con il lupo, la Vergine di nuovo ci esorta a essere fermento di comunione e di riconciliazione tra Dio e gli uomini, incoraggiando tanti fedeli che si avvicinano al santuario a questo fine.

Infine, combinandosi con la radice messicana, Nostra Signora di Guadalupe si proclama come colei che vince il serpente, con una toccante evocazione del protovangelo della Genesi. L’Immacolata è così la vera madre di tutti coloro che vivono; di quanti sono stati riuniti oggi in questo santuario, insieme ai loro pastori, per proclamare la propria fede nel Figlio di Dio, in Colui che, facendo nuove tutte le cose, ha riconciliato a sé il mondo. Vi incoraggio a far sgorgare dai cuori degli uomini e delle donne del nostro tempo quel fiume di acqua viva che salta fino al cielo, per rendere a Dio un culto in Spirito e Verità (cfr. vv. 14, 23).

Cari fratelli e sorelle, in ogni momento storico, in ogni cultura, il Vangelo, rimanendo sempre lo stesso, si arricchisce di significato. Lungi dallo scartare, include ogni persona che lo accoglie. Chiediamo a Dio che, in ogni tempo e luogo dove Maria nostra Madre ci chiama, rendiamo testimonianza di questa intima unione di cui soltanto lo Spirito può essere artefice.

Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vi custodisca. E, per favore, vi chiedo di pregare per me.

Fraternamente,

Roma, san Giovanni in Laterano, 11 febbraio 2023

Francesco