Perché la radice latina della parola obbliga a nuovi paradigmi di crescita

Bisogna intendersi
sul termine “sostenibilità”

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13 febbraio 2023

Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento che il vescovo presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ha pronunciato all’Ambasciata di Francia in Italia, in occasione dell’incontro dedicato a “Nuovi paradigmi di crescita sostenibile: decarbonizzazione, resilienza e rigenerazione”.

In quale direzione? A vantaggio di chi? E… quali strumenti/procedure garantiscono una crescita e uno sviluppo davvero sostenibili?

Non ho elementi sufficienti per affermarlo con certezza. Ma non mi sembra che quanti — e sono tanti! — parlano di sostenibilità condividano tutti lo stesso campo semantico di questa parola. E soprattutto, non so quanta consapevolezza vi sia in quanti parlano di sostenibilità che la sostenibilità non va raccontata. La sostenibilità va praticata, attraverso scelte precise e coerenti.

A questo proposito, sento di condividere in pieno l’osservazione che Giovanna Melandri ha affidato al suo saggio Per un’economia e una finanza generativa: «Veniamo da decenni di cultura liberista e individualista. In cui finanza e impresa hanno agito in un orizzonte di dittatura del profitto e di nichilismo. Due dimensioni hanno contato davvero: il rischio, da limitare al massimo, e il rendimento da massimizzare, costi quel che costi. Cosa produrre, quanto guadagnarci. Oggi più che mai va incorporata una terza dimensione: l’impatto complessivo generato» . Un impatto positivo, generato e misurato, «che coglie e introduce nel linguaggio dell’economia e della finanza —ma io aggiungo, in tutti gli ambiti — la cura del pianeta, del creato, degli altri, delle relazioni» .

In fondo, viene invocato per la finanza — ma vale, come dicevo, anche per altri settori — un nuovo paradigma, che faccia propria la cura del pianeta, del creato, degli altri e delle relazioni. Ritengo sia l’unica strada da percorrere se non si vuole che al tema della sostenibilità tocchi la stessa sorte che è toccata e continua a toccare al tema dell’etica. C’è ancora chi ritiene che il tema dell’etica sia una sorta di appendice o di posticcio che viene messo in cappello o nelle conclusioni.

Come le considerazioni dell’etica nel discorso economico devono scaturire dall’interno delle categorie economiche, formando un tutt’uno con esse, così è della sostenibilità. Detto in maniera brutale, non sarà mai seriamente impegnativo e vero un discorso sulla crescita sostenibile finché la sostenibilità non entrerà a far parte dei paradigmi di crescita. Finché non si capirà che la vera crescita non c’è se manca la sostenibilità!

Ma di quale sostenibilità parliamo, dal momento che esistono più di cento definizioni diverse di essa ? In occasione dell’evento “Economy of Francesco”, Papa Francesco ha detto ciò di cui oggi dovremmo tutti essere convinti: «La sostenibilità, poi, è una parola a più dimensioni. Oltre a quella ambientale ci sono anche le dimensioni sociale, relazionale e spirituale», disse il 24 Settembre 2022.

Proseguendo, Papa Francesco ha spiegato il senso del carattere multidimensionale della sostenibilità. «La sostenibilità sociale incomincia lentamente ad essere riconosciuta: ci stiamo rendendo conto che il grido dei poveri e il grido della terra sono lo stesso grido (cfr Laudato si’,49). Pertanto, quando lavoriamo per la trasformazione ecologica, dobbiamo tenere presenti gli effetti che alcune scelte ambientali producono sulle povertà. Non tutte le soluzioni ambientali hanno gli stessi effetti sui poveri, e quindi vanno preferite quelle che riducono la miseria e le diseguaglianze. Mentre cerchiamo di salvare il pianeta, non possiamo trascurare l’uomo e la donna che soffrono. L’inquinamento che uccide non è solo quello dell’anidride carbonica, anche la diseguaglianza inquina mortalmente il nostro pianeta. Non possiamo permettere che le nuove calamità ambientali cancellino dall’opinione pubblica le antiche e sempre attuali calamità dell’ingiustizia sociale, anche delle ingiustizie politiche».

A proposito, poi, della sostenibilità relazionale, il Papa afferma: «…In molti Paesi le relazioni delle persone si stanno impoverendo. Soprattutto in Occidente, le comunità diventano sempre più fragili e frammentate. La famiglia, in alcune regioni del mondo, soffre una grave crisi, e con essa l’accoglienza e la custodia della vita. Il consumismo attuale cerca di riempire il vuoto dei rapporti umani con merci sempre più sofisticate — le solitudini sono un grande affare nel nostro tempo! —, ma così genera una carestia di felicità».

A proposito della sostenibilità spirituale, il Papa afferma: «L’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, prima di essere un cercatore di beni è un cercatore di senso. Noi tutti siamo cercatori di senso. Ecco perché il primo capitale di ogni società è quello spirituale, perché è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia. Il nostro mondo sta consumando velocemente questa forma essenziale di capitale accumulata nei secoli dalle religioni, dalle tradizioni sapienziali, dalla pietà popolare…C’è un urgente bisogno di ricostituire questo patrimonio spirituale essenziale. La tecnica può fare molto; ci insegna il “cosa” e il “come” fare: ma non ci dice il “perché”; e così le nostre azioni diventano sterili e non riempiono la vita, neanche la vita economica».

I nuovi paradigmi che rendono sostenibile lo sviluppo sono quelli che assicurano condizioni durature per il benessere di tutti, soprattutto delle persone o dei gruppi vulnerabili. Non solo! Sostenibile è la crescita che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità per le future generazioni di soddisfare i propri bisogni .

Non è un caso che la parola sostenibilità derivi dal latino sustinere, col significato di sostenere, difendere, prendersi cura; ma anche mantenere o prolungare.

La radice latina della parola sostenibilità obbliga a definire i paradigmi che assicurano una “crescita sostenibile”. Obbliga a decidere — in nome della sostenibilità — chi sostenere e difendere, di chi prendersi cura; ma anche quali atteggiamenti mantenere e prolungare per essere sicuri che si sta camminando verso una crescita sostenibile.

Il filosofo Edgar Morin e Papa Francesco concordano nel ritenere che solo la pratica della fraternità sia in grado di sostenere i nuovi paradigmi di crescita sostenibile.

La fraternità, perché? Si domanda in uno dei suoi ultimi libri di E. Morin. La risposta la dà lo stesso filosofo francese: la fraternità «per resistere alla crudeltà del mondo». Crudeltà del mondo e l’imbarbarito vocabolario delle relazioni sono l’amaro conto che ci va presentando, giorno dopo giorno, la cosiddetta globalizzazione. Con un cinismo che tende a rendere sempre più marginale o a caricare di sterile utopismo la parola “fraternità”. La fraternità della quale parlano E. Morin e Papa Francesco non è riducibile a un generico e poco esigente affetto tra fratelli. La parola fraternità — da frater, a sua volta derivata dall’antica radice indoeuropea bhtar — aveva il significato di “sostenitore” o “protettore”. Sicché fratello è letteralmente chi avverte come suo il compito di sostenere, proteggere e custodire.

Con questo significato la parola fraternità è entrata a far parte del famoso trittico della Rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité. Espressione di un umanesimo completo. L’ordine postrivoluzionario ha però di fatto marginalizzato la fraternità dal lessico politico-economico, fino a cancellarla.

Nella enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco si chiede: «Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia» (n. 103). Allo stesso modo, l’uguaglianza, senza la fraternità rimane un valore astratto. L’una e l’altra hanno una sola strada da percorrere se vogliono continuare a essere ispiratrici di un nuovo umanesimo: accettare di accompagnarsi costantemente con la fraternità, che E. Durkheim e M. Mauss mettono sullo stesso piano di una «mistica secolarizzata».

Affido la mia conclusione al n. 11 dell’enciclica Laudato sì’: «Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati».

di Nunzio Galantino