Turchia - Siria
25.000 morti, milioni di sfollati
Ognuno un volto, un nome, una storia

Il numero non basta

People mourn their lost relatives at a mass grave area in Hatay, on February 10, 2023, four days ...
11 febbraio 2023

Quasi 25.000. E il numero è destinato a crescere. Il numero. Ma cosa vuol dire? È la condizione umana, limitata, che ci porta a numerare le cose. Le cose le contiamo, le cataloghiamo, le classifichiamo, ne facciamo oggetto di statistiche... ma quando si tratta di passare dalle cose alle persone, allora qualcosa cambia. Ci rendiamo conto che il numero non basta. Sia per i viventi, sia — e forse anche di più — per i morti. Il numero non serve, non rende ragione, è sempre insufficiente. La logica di Babele e i suoi mattoni, di Augusto e il suo censimento o di Wall Street e i suoi titoli, non può essere applicata agli uomini, le donne, i bambini. Qui la numerazione inizia e finisce a uno.

Un uomo, una donna, un bambino, un vecchio. E uno già vuol dire tanto, tantissimo, un mondo, un universo. In questo caso più il numero diminuisce più la realtà che esprime si ingrandisce e più il numero aumenta e più il peso, il valore, il senso, si perde.

Ce ne rendiamo conto proprio in casi come questi, di una grande catastrofe: un numero così alto non ha l’effetto che dovrebbe avere, ma al contrario produce un effetto di stordimento, di spaesamento e alla fine di anestetico. Rimaniamo atterriti (è questa la “paura” che etimologicamente ha a che fare con il “pavimento”) e poi, dopo un brivido emotivo, tutto scompare perché non possiamo sostenere un peso così grande e insensato.

Il numero degli uomini è sempre uno: ogni uomo è un volto, un nome, una storia, una rete di relazioni, tutte cose che non possono scomparire nell’anonimato di un numero così grande (e già uno è troppo grande).

Un giornale allora dovrebbe fare come quei cartografi di cui parla un racconto di Borges, che realizzarono una cartina dell’impero cinese grande come l’impero: non esiste “scala” per tutto ciò che è umano. Dovrebbe fare, un giornale veramente umano, pagine e pagine con l’elenco dei nomi di quei “più di 24.000” che sono morti tra la Siria e la Turchia, e aggiungere le loro fotografie.

Ma nemmeno questo basterebbe: si dovrebbe pubblicare la foto e raccontare le storie di tutti gli altri, che sono molti di più, che sono rimasti vivi, i superstiti, che ora vivono in condizioni terribili e che hanno perduto i loro cari, racchiusi in quella strana formula numerica: quasi 25.000.

di Andrea Monda