Bailamme

Piero della Francesca
la Resurrezione e il silenzio

 Piero della Francesca la Resurrezione e il silenzio  QUO-034
10 febbraio 2023

«La cosa più cara che ho delle opere di Piero della Francesca, io che sono nato e cresciuto nel suo Borgo, è la familiarità dei volti dei suoi personaggi. Ogni volta che li guardo vi scorgo i lineamenti dei vecchi del paese, la forma del collo tipica delle donne della Valle del Tevere, una certa espressione di mio cugino» spiego a Carmen, venuta dalla Spagna per presentare il suo libro su don Luigi Giussani, mentre sediamo davanti alla Resurrezione nel Museo Civico di Sansepolcro.

Lei dice: “Il silenzio”, ed è come se lo vedessi per la prima volta. Ha la forza del non detto l’energia che si propaga dagli occhi di Cristo e prende possesso dell’intero dipinto. Piero riesce nella sfida più alta per un artista: dare forma all’invisibile. Dipinge un istante di sospensione nel movimento ascensionale di Gesù creando una tensione animata da una forza centripeta il cui nucleo risiede negli occhi di quell’uomo che, risalendo dal sepolcro, getta lo sguardo nel mio e mi trascina a sé, con sé, al centro della storia. Un magnetismo tale da non sapere più se l’opera sia quella che sto vedendo io sul muro, io che da quel muro vengo fissato o io e lui che ci stiamo guardando.

Piero sfonda la quarta parete: la Resurrezione è un avvenimento che accade ora, in diretta, coinvolgendo lo spettatore. È presenza che si afferma sul “fuoriluogo” che vorrebbe dominare il mondo dentro e fuori dall’affresco, dentro e fuori di me, perché i soldati, le nuvole, il vessillo — i pensieri — si dispongono adesso in rapporto a quegli occhi che definiscono le nuove coordinate del tempo e dello spazio.

Un silenzio che irrompe riempiendo la scena di una densità più imponente della fisicità del corpo del Risorto, che ne è sorgente senza esaurirne il mistero. Il silenzio di chi non deve dimostrare più nulla, “le cose stanno così, scacco matto alla morte”. Nient’altro da aggiungere, se non restare in quello sguardo che a me continua a ricordare quello di mio cugino e dice: “Sono qui”. In silenzio. 

di Alessandro Vergni