Appello dei Patriarchi e dei capi delle Chiese a rimuovere gli embarghi per fare arrivare gli aiuti

Sui siriani il peso insostenibile delle sanzioni

CORRECTION / Syrians receive aid at a make-shift shelter near the rebel-held town of Jinidayris on ...
09 febbraio 2023

Aleppo , 9. È una corsa contro il tempo quella che si consuma in queste ore anche sul fronte degli aiuti umanitari per le zone terremotate di Turchia e Siria. Un primo convoglio formato da sei veicoli sta raggiungendo le aree colpite in Siria, attraverso il valico di Bab al Hawa. Un funzionario della frontiera ha spiegato come si tratti di soccorsi alle popolazioni delle zone controllate dai ribelli. Mentre dall’Onu è arrivato un invito a non «politicizzare» gli aiuti di emergenza, ieri erano stati riaperti dalle autorità turche anche i valichi di Bab as Salama e Bab al Rai, per tentare di far fronte ai danni provocati dalla devastazione, amplificati dai tragici effetti di una guerra che dura nel Paese da quasi 12 anni, con territori — come quelli di Aleppo e Idlib — per i quali si registra comunque un’enorme difficoltà a far giungere gli aiuti, a causa delle sanzioni internazionali che colpiscono la Siria. A tal proposito i Patriarchi e i capi delle Chiese e delle comunità ecclesiali residenti in Siria hanno lanciato un appello affinché vengano immediatamente rimossi embarghi economici e sanzioni che gravano sul Paese.

Lo hanno indirizzato, riferisce l’agenzia Fides, alle Nazioni Unite e a tutti i Paesi che hanno varato tali misure definite «inique», sollecitando l’avvio di iniziative umanitarie eccezionali e tempestive per soccorrere le popolazioni travolte da sciagure insostenibili. Nella loro richiesta i leader religiosi, tra cui Mar Ignatius Aphrem ii , Patriarca di Antiochia dei Siri ortodossi, Yohanna X, Patriarca di Antiochia dei greco-ortodossi, e Youssef i Absi, Patriarca di Antiochia dei greco-cattolici melkiti, fanno appello «alle persone di coscienza viva sparse in tutto il mondo, affinché alzino la voce chiedendo di porre fine alle sofferenze del popolo siriano e consentire ai cittadini siriani di vivere con dignità, secondo quanto è affermato nella Dichiarazione universale dei diritti umani».

Le conseguenze dei provvedimenti restrittivi imposti dall’Occidente a Damasco a partire dal 2011 finiscono di fatto col complicare ed aggravare le condizioni di vita della popolazione locale, oggi sinistrata, come più volte evidenziato dalla Santa Sede nei consessi internazionali, in un quadro generale sempre più drammatico: il 90 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà e i siriani, negli ultimi quattro anni, hanno dovuto fare i conti con un incontrollato aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e con una sempre maggiore scarsità di acqua, elettricità e carburanti, peraltro nel contesto pandemico globale.