Dalla Siria il racconto di Padre Hannah Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa

Una tragedia che si somma
a quella della guerra

  Una tragedia che si somma a quella della guerra   QUO-032
08 febbraio 2023

«Mi è duro rimanere qui mentre la mia gente sta soffrendo e non riesco neanche a parlare con i miei confratelli». Padre Hannah Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa, vive ed opera abitualmente nella zona più colpita dal sisma della parte siriana. Knayeh, dove è parroco, e i due villaggi  di Yacoubieh e Gydaideh, vicini al confine con la Turchia; solo una quarantina di km li separano da Antiochia e dall’epicentro del terremoto di lunedì notte.  

Padre Hannah, 70 anni, aveva ricevuto due mesi fa a Roma il premio Madre Teresa dalle mani di Papa Francesco per la sua opera in favore dei rifugiati. «Questa tragedia cade su persone già molto colpite dalle vicende della guerra; molti di loro sono dei rifugiati provenienti da altre zone della Siria. Purtroppo, come dite voi, piove sul bagnato». Nei tre villaggi, che soggiacciono al governatorato di Idlib, vivono circa 200 famiglie cristiane ma l’intera zona è tutt’oggi sotto il controllo delle forze jihadiste in opposizione al governo di Bashar al Assad. Il che rende la vita religiosa della comunità prudente e tutta interna alle mura perimetrali delle chiese e conventi. 

Al momento della scossa fra Hannah non era ancora rientrato nella sua parrocchia e si trovava a Damasco: «Mi crea molta frustrazione non essere ora tra la mia gente e i miei confratelli, e ancor più l’idea che mi sarà impedito ancora per alcuni giorni, perché le strade verso il nord sono danneggiate e interrotte. Non riesco a mettermi in contatto con i frati, so soltanto che i nostri due conventi, quello di San Giuseppe a Knayeh e quello dell’Immacolata a Yacoubieh sono molto danneggiati e inagibili. Sono riuscito a mettermi in contatto con un nostro collaboratore laico più a nord, che mi ha assicurato che, grazie a Dio, i miei confratelli sono tutti vivi e salvi. Ma il bilancio delle vittime nella mia zona è terribile: si contano più di 800 morti, tra cui diversi bambini. Il mio pensiero va anche alle vittime che sono al di là del confine che dista pochi km: in gran parte anche loro rifugiati che speravano di essersi allontanati dall’orrore della guerra e dal timore della morte». In effetti, ad Antiochia si conta che almeno un terzo della popolazione sia costituito da rifugiati siriani.  

«Ho chiesto ai nostri frati di Siria nella Valle d’Oronte di fare il possibile per trovare alloggi per tutti — ci dice da Gerusalemme il Custode di Terra Santa Francesco Patton —. E la nostra associazione Pro Terra Santa è mobilitata a raccogliere fondi anche in Italia. Ce lo chiede non solo un ovvio motto di umanità ma soprattutto la convinzione che i nostri canali per così dire “interni” bypassano i limiti imposti dalle sanzioni, che colpiscono i poveri più dei regimi. Credo che in questa situazione la disumanità delle sanzioni e dei conflitti vada messa da parte». «Spero — riprende fra Hannah — di riuscire a partire e ricongiungermi con la mia gente il prima possibile, ma non sarà facile. Già prima del terremoto per andare da Damasco a Knayeh (un tragitto di poche ore d’auto) per via della guerra impiegavo due o tre giorni. Ora non so. Temo che guerra e sanzioni ritarderanno ancor più i soccorsi e gli aiuti, soprattutto se internazionali. Ma io devo riuscire a partire. Presto». 

di Roberto Cetera