L’orrore, l’amore e il mistero

 L’orrore, l’amore e il mistero  QUO-028
03 febbraio 2023

«Perché mai, si chiedeva Scobie facendo fare uno scarto alla macchina per evitare un cane morto, amo tanto questo posto? È forse perché qui la natura umana non ha avuto ancora tempo di mascherarsi? Qui nessuno avrebbe mai potuto parlare di un paradiso in terra: il cielo rimaneva rigidamente al proprio posto al di là della morte, e al di qua prosperavano le ingiustizie, le crudeltà, le grettezze che altrove la gente riusciva abilmente a mascherare. Qui si potevano amare le creature umane quasi come le ama Dio stesso, conoscendo il peggio di loro: qui non si amava una posa, un bell’abito, un sentimento assunto artificialmente». Scobie è il protagonista de Il nocciolo della questione, uno dei grandi romanzi di Graham Greene, pubblicato nel 1948 e ambientato nella Sierra Leone. I sentimenti di Scobie assomigliano a quelli provati dalle persone che insieme al Santo Padre, dopo tre giorni intensi di immersione tra la gente in festa per la sua visita, stanno lasciando la terra della Repubblica Democratica del Congo alla volta del Sud Sudan.

Innanzitutto un amore forte, legato senza dubbio al riconoscimento di questa “naturalità” di un popolo e di una terra che non è certo un paradiso ma che avrebbe potuto esserlo. Qui la geografia e la storia hanno preso due strade diverse, come ha osservato il Papa nel primo dei suoi discorsi.

E poi c’è un altro sentimento, legato a quel “peggio di loro” che abbiamo conosciuto: l’orrore. Risuonano ancora vivide e brucianti le parole delle testimonianze delle vittime delle atrocità avvenute nell’est del paese e raccontate, con dolente dignità, al Santo Padre nell’incontro del 1° febbraio in Nunziatura. C’è un altro romanzo, scritto 50 anni prima di quello di Greene, da un altro scrittore inglese, che può aiutarci a trovare le parole (anche a questo serve la buona letteratura), ed è Heart of Darkness, (Cuore di tenebra), di Joseph Conrad. «L’Orrore, l’Orrore!» sono le ultime parole che l’inquietante, tragico personaggio di Kurtz dice sul letto di morte al protagonista del romanzo, Charles Marlow, che aveva fatto un lungo viaggio, a bordo di uno sgangherato vaporetto, per risalire il fiume Congo alla sua ricerca. Marlow ricorda la sua avventura mentre sta a bordo della sua imbarcazione, la Nellie, ancorata in un’ansa del fiume Tamigi, a Londra, e la racconta ad alcuni amici; il suo viaggio, che ha penetrato il cuore di tenebra del continente africano, lo ha portato a scoprire che quello stesso cuore tenebroso lo si poteva trovare nella tranquilla e agiata ansa del Tamigi.

L’orrore è la parola esatta, ma mercoledì pomeriggio, nel salone della Nunziatura, non c’era solo l’orrore. C’era una forza più grande, più grande anche dell’uomo, che ha portato quelle vittime a parlare in quel modo, ricordando tutto il dolore e tutta l’ingiustizia compiuta dagli uomini capaci del “loro peggio”, e al tempo stesso attraversandola, superandola, avendo imparato «a camminare a testa alta» come ha detto questa mattina il Papa ai vescovi congolesi, «senza mai abbassare il capo dinanzi alle umiliazioni e alle oppressioni». C’era, misteriosamente, una luce che brillava in quella tenebra. Mistero è la parola giusta. Viene in mente l’affermazione di padre Timothy Radcliffe per cui «il mistero del male è grande, ma il mistero del bene è ancora più grande». 

di Andrea Monda