Incontro con i giovani e con i catechisti

Nel segno della gioia

A woman gestures as people gather for Pope Francis' address at the Stade des Martyrs during his ...
02 febbraio 2023

La grande protagonista dell’incontro con i giovani e i catechisti, il primo degli eventi della terza giornata del viaggio nella Repubblica Democratica del Congo, è senza dubbio la gioia, che dai sorrisi alle coreografie, dalla musica alle danze, si riflette anche nelle parole di Papa Francesco: «la gioia che avete oggi conservatela e non lasciatela spegnere», ha detto commosso in un discorso interrotto più volte dagli applausi e dai canti delle migliaia di presenti.

Lo «Stadio dei martiri di Pentecoste» a Kinshasa si è difatti trasformato in un immenso tappeto umano composto da fili diversi e colorati, che si sono intrecciati con la leggerezza di spirito dei giovani presenti. Un’emozione, quella dell’incontro con il successore di Pietro, che si rinnova a 38 anni dalla visita di san Giovanni Paolo ii, il quale si recò nell’allora Zaire nel 1985. Volti nuovi in un Paese radicalmente mutato, che se da una parte negli anni ’80 ha fatto dei passi in avanti sul cammino della democrazia, dall’altra soffre delle ferite delle disuguaglianze sociali e della povertà sullo sfondo di una guerra che da circa 30 anni è alla base di grandi problemi strutturali e non consente ai giovani la speranza in un futuro migliore.

Colpisce il calore con cui i congolesi hanno accolto sin dal primo giorno il Pontefice: un’accoglienza del tutto spontanea, di popolo, grazie anche alla presenza di una Chiesa distribuita capillarmente su tutto il territorio nazionale. È un segno che il Papa porta con sé la speranza di un domani migliore e che i congolesi vedono in lui un pastore che — non in modo paternalistico ma fraterno — mette al centro l’Africa, con le sue ferite, i suoi bisogni e i suoi diritti.

In previsione del grande afflusso di folla, i cancelli dello stadio — intitolato a quattro politici dell’opposizione impiccati nella zona nel 1966 perché accusati di cospirazione contro il dittatore Mobutu — sono stati aperti alle 3 del mattino e già alle 6 un quarto delle tribune era occupato. Dai grandi schermi all’interno della struttura i giovani hanno seguito il percorso del corteo papale fin dal momento in cui ha lasciato la nunziatura. E quando Francesco ha raggiunto lo stadio, la musica è letteralmente esplosa in un tripudio di balli, emozioni e canti.

Presente e futuro della Chiesa, i giovani congolesi sono profondamente credenti e hanno una spiccata sensibilità religiosa, in contrasto con la società occidentale sempre più secolarizzata. È da notare, infatti, che nel Paese è ancora vivo il ricordo dei Pontefici che più hanno solcato il suolo africano, al punto da trovare per le strade bandiere con i volti di Paolo vi, Giovanni Paolo ii, Benedetto xvi, oltre a una quantità incredibile di immagini di Francesco.

Una danza tradizionale sul palco centrale e due testimonianze hanno preceduto l’intervento del Papa. Il suo discorso è stato tutto incentrato sulla costruzione della pace e sull’importanza della preghiera. Ha rivolto subito un invito a tutto lo stadio, ha chiesto di alzare le mani e di guardarle, tutti insieme. Poi ha detto: «Dalle vostre mani viene la pace». In ogni parte del mondo, e in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, la pace non significa solo assenza di conflitti o guerre, ma anche sviluppo, salute e prosperità.

E le mani sono state ancora una volta al centro del discorso di Francesco quando, nel bel mezzo del suo intervento, ha chiesto alle decine di migliaia di presenti di cantare insieme, mano nella mano. Tutto lo stadio ha risposto in modo entusiasta e sentito all’appello del Pontefice. Così il suo discorso si è trasformato in un coinvolgente e aperto dialogo con i fedeli. Alle parole del Papa è seguita la “risposta” cantata dei giovani. A conferma che musica e preghiera sono le chiavi di accesso al cuore dei congolesi.

Queste moltitudini di uomini e donne, bambini e anziani, abitano una terra di inimmaginabile fecondità, che potrebbe dare frutti per tutti ma non riesce ad essere davvero il Paese di tutti. E così il Papa ha chiesto ai presenti di manifestare anche qui, un secco “no” alla corruzione, fonte di ogni iniquità sociale. Un “no” corale che si è alzato da ogni angolo dello stadio.

Con la benedizione finale il Papa ha salutato i giovani e i catechisti per poi rientrare in nunziatura. Qui ha ricevuto il primo ministro congolese Jean-Michel Sama Lukonde. Quindi, intorno alle 11.30, ha incontrato 38 studenti delle università cattoliche del Paese, accompagnati dal gesuita Touissaint Kafarhire Murhula. Provenienti da diverse parti della Repubblica Democratica del Congo, rappresentavano i tanti loro coetanei che avevano potuto conversare con Francesco in occasione dell’incontro sinodale «Building bridges across Africa», promosso insieme alla Pontifica Commissione per l’America latina e svoltosi on line il 1° novembre dello scorso anno.

I giovani hanno eseguito un canto composto dal provinciale dei gesuiti — anch’egli presente — con le parole tratte dall’omelia pronunciata dal Pontefice il 23 novembre 2017 nella basilica Vaticana, durante la celebrazione di preghiera per la pace in Sud Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo.

Da parte sua il Papa si è rivolto loro indicando la sfida che si trovano a vivere in questo momento della vita: quella della «decisione per l’amore, giocarmi la vita per l’amore», perché «quando l’amore è al centro, tutte le decisioni sono feconde». La conversazione è poi proseguita toccando anche il tema della violenza nell’Est del Paese e Francesco ha ricordato il commovente incontro con le vittime svoltosi nel pomeriggio precedente in nunziatura.

Al termine, prima di congedarsi, il Pontefice ha salutato personalmente tutti i partecipanti.

dalla nostra inviata
Silvina Pérez