Il Papa nella Repubblica Democratica del Congo
Il monito del Papa durante l’incontro con le autorità i diplomatici e i rappresentanti della società civile congolese

Basta sfruttare
e saccheggiare l’Africa!

 Basta sfruttare  e saccheggiare l’Africa!   QUO-026
01 febbraio 2023

Nel pomeriggio di ieri, martedì 31 gennaio, l’aereo con il Papa a bordo è atterrato allo scalo internazionale N’djili di Kinshasa, dove ha avuto luogo l’accoglienza ufficiale nella Repubblica Democratica del Congo, prima tappa del 40° viaggio internazionale del pontificato. In automobile, tra ali di folla festante, il Pontefice ha poi raggiunto nella capitale il Palais de la Nation, residenza del capo dello Stato, per la visita di cortesia al presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi Tshilombo. Dalla Salle présidentielle, sede dell’incontro privato tra i due, essi si sono quindi recati nel giardino del Palazzo presidenziale, dov’erano ad attenderli un migliaio di persone, in rappresentanza delle autorità politiche e religiose, del corpo diplomatico, del mondo imprenditoriale e culturale, e della società civile. Rispondendo al saluto rivoltogli dal presidente congolese, Francesco ha pronunciato il primo discorso pubblico. Eccone il testo.

Signor Presidente della Repubblica,
illustri Membri del Governo
e del Corpo diplomatico,
distinte Autorità religiose e civili,
insigni Rappresentanti della società
civile e del mondo della cultura,
Signore e Signori!

Vi saluto cordialmente, grato al Signor Presidente per le parole che mi ha rivolto. Sono felice di essere qui, in questa terra così bella, vasta, e rigogliosa, che abbraccia a nord la foresta equatoriale, al centro e verso sud altipiani e savane alberate, a est colline, montagne, vulcani e laghi, a ovest grandi acque, con il fiume Congo che incontra l’oceano. Nel vostro Paese, che è come un continente nel grande Continente africano, sembra che la terra intera respiri. Ma se la geografia di questo polmone verde è tanto ricca e variegata, la storia non è stata altrettanto generosa: tormentata dalla guerra, la Repubblica Democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini conflitti e migrazioni forzate, e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato. Questo Paese immenso e pieno di vita, questo diaframma d’Africa, colpito dalla violenza come da un pugno nello stomaco, sembra da tempo senza respiro. Signor Presidente, Lei ha menzionato questo genocidio dimenticato che sta soffrendo la Repubblica del Congo.

E mentre voi Congolesi lottate per custodire la vostra dignità e la vostra integrità territoriale contro deprecabili tentativi di frammentare il Paese, io vengo a voi, nel nome di Gesù, come pellegrino di riconciliazione e di pace. Ho tanto desiderato essere qui e finalmente giungo a portarvi la vicinanza, l’affetto e la consolazione di tutta la Chiesa, e a imparare dal vostro esempio di pazienza, di coraggio e di lotta.

Vorrei parlarvi attraverso un’immagine, che ben simboleggia la luminosa bellezza di questa terra: l’immagine del diamante. Care donne e uomini congolesi, il vostro Paese è davvero un diamante del creato; ma voi, tutti voi, siete infinitamente più preziosi di ogni bene che sorge da questo suolo fecondo! Sono qui ad abbracciarvi e a ricordarvi che avete un valore inestimabile, che la Chiesa e il Papa hanno fiducia in voi, credono nel vostro futuro, in un futuro che sia nelle vostre mani e nel quale meritate di riversare le vostre doti di intelligenza, sagacia e operosità. Coraggio, fratello e sorella congolese! Rialzati, riprendi tra le mani, come un diamante purissimo, quello che sei, la tua dignità, la tua vocazione a custodire nell’armonia e nella pace la casa che abiti. Rivivi lo spirito del tuo inno nazionale, sognando e mettendo in pratica le sue parole: «Attraverso il duro lavoro, costruiremo un Paese più bello di prima; in pace».

Cari amici, i diamanti, comunemente rari, qui abbondano. Se ciò vale per le ricchezze materiali nascoste sotto terra, vale a maggior ragione per quelle spirituali racchiuse nei cuori. Ed è proprio a partire dai cuori che la pace e lo sviluppo restano possibili perché, con l’aiuto di Dio, gli esseri umani sono capaci di giustizia e di perdono, di concordia e di riconciliazione, di impegno e di perseveranza nel mettere a frutto i talenti ricevuti. Dall’inizio del mio viaggio desidero dunque rivolgere un appello: ciascun congolese si senta chiamato a fare la propria parte! La violenza e l’odio non abbiano più posto nel cuore e sulle labbra di nessuno, perché sono sentimenti antiumani e anticristiani, che paralizzano lo sviluppo e riportano indietro, a un passato oscuro.

A proposito di sviluppo frenato e di ritorno al passato, è tragico che questi luoghi, e più in generale il Continente africano, soffrano ancora varie forme di sfruttamento. C’è quel motto che esce dall’inconscio di tante culture e tanta gente: “L’Africa va sfruttata”, questo è terribile! Dopo quello politico, si è scatenato infatti un “colonialismo economico”, altrettanto schiavizzante. Così questo Paese, ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono “straniero” ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati. È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca. Ma questo Paese e questo Continente meritano di essere rispettati e ascoltati, meritano spazio e attenzione: giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare. L’Africa sia protagonista del suo destino! Il mondo faccia memoria dei disastri compiuti lungo i secoli a danno delle popolazioni locali e non dimentichi questo Paese e questo Continente. L’Africa, sorriso e speranza del mondo, conti di più: se ne parli maggiormente, abbia più peso e rappresentanza tra le Nazioni!

Si faccia largo una diplomazia dell’uomo per l’uomo, dei popoli per i popoli, dove al centro non vi siano il controllo delle aree e delle risorse, le mire di espansione e l’aumento dei profitti, ma le opportunità di crescita della gente. Guardando a questo popolo, si ha l’impressione che la Comunità internazionale si sia quasi rassegnata alla violenza che lo divora. Non possiamo abituarci al sangue che in questo Paese scorre ormai da decenni, mietendo milioni di morti all’insaputa di tanti. Si conosca quanto qui accade. I processi di pace in corso, che incoraggio con tutte le forze, siano sostenuti coi fatti e gli impegni siano mantenuti. Grazie a Dio non manca chi contribuisce al bene della popolazione locale e a un reale sviluppo attraverso progetti efficaci: non interventi di mero assistenzialismo, ma piani volti a una crescita integrale. Esprimo tanta gratitudine ai Paesi e alle organizzazioni che forniscono aiuti sostanziali in tal senso, favorendo la lotta alla povertà e alle malattie, sostenendo lo stato di diritto, promuovendo il rispetto dei diritti umani. Esprimo l’auspicio che possano continuare a svolgere pienamente e coraggiosamente questo nobile ruolo.

Torniamo all’immagine del diamante. Una volta lavorato, la sua bellezza deriva anche dalla sua forma, da numerose facce armonicamente disposte. Pure questo Paese, impreziosito dal suo tipico pluralismo, ha un carattere poliedrico. È una ricchezza che va custodita, evitando di scivolare nel tribalismo e nella contrapposizione. Parteggiare ostinatamente per la propria etnia o per interessi particolari, alimentando spirali di odio e di violenza, torna a svantaggio di tutti, in quanto blocca la necessaria “chimica dell’insieme”. A proposito di chimica, è interessante che a costituire i diamanti siano semplici atomi di carbonio i quali però, se legati diversamente tra loro, formano la grafite: in pratica, la differenza tra la luminosità di un diamante e l’oscurità della grafite è data dal modo in cui i singoli atomi sono disposti all’interno del reticolo cristallino. Fuor di metafora, il problema non è la natura degli uomini o dei gruppi etnici e sociali, ma il modo in cui si decide di stare insieme: la volontà o meno di venirsi incontro, di riconciliarsi e di ricominciare segna la differenza tra l’oscurità del conflitto e un avvenire luminoso di pace e prosperità.

Cari amici, il Padre del cielo vuole che sappiamo accoglierci come fratelli e sorelle di un’unica famiglia e lavorare a un futuro che sia insieme agli altri, non contro gli altri. «Bintu bantu»: così, con molta efficacia, un vostro proverbio ricorda che la vera ricchezza sono le persone e le buone relazioni con loro. In modo speciale le religioni, con il loro patrimonio di sapienza, sono chiamate a contribuirvi, nel quotidiano sforzo di rinunciare a ogni aggressività, proselitismo e costrizione, mezzi indegni della libertà umana. Quando si degenera nell’imporsi, andando a caccia di seguaci in modo indiscriminato, con l’inganno o con la forza, si saccheggia la coscienza altrui e si voltano le spalle al vero Dio, perché — non dimentichiamolo — «dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà» (2 Cor 3, 17) e dove non c’è libertà, non c’è lo Spirito del Signore. Nell’impegno a edificare un futuro di pace e di fraternità, anche i membri della società civile, alcuni dei quali presenti, svolgono un ruolo essenziale. Spesso hanno dato prova di sapersi opporre all’ingiustizia e al degrado a costo di grandi sacrifici, pur di difendere i diritti umani, la necessità di una solida educazione per tutti e di una vita più dignitosa per ciascuno. Ringrazio di cuore le donne e gli uomini, in particolare i giovani di questo Paese, che hanno sofferto in varia misura per questo, e rendo loro omaggio.

Il diamante, nella sua trasparenza, rifrange in modo meraviglioso la luce che riceve. Molti di voi brillano per il ruolo che ricoprono. Chi detiene responsabilità civili e di governo è dunque chiamato a operare con limpidezza cristallina, vivendo l’incarico ricevuto come un mezzo per servire la società. Il potere, infatti, ha senso solo se diventa servizio. Quant’è importante operare con questo spirito, fuggendo l’autoritarismo, la ricerca di guadagni facili e l’avidità del denaro, che l’apostolo Paolo definisce «radice di tutti i mali» (1 Tim 6, 10). E nello stesso tempo favorire elezioni libere, trasparenti, e credibili; estendere ancora di più la partecipazione ai processi di pace alle donne, ai giovani e a diversi gruppi, ai gruppi marginalizzati; ricercare il bene comune e la sicurezza della gente anziché gli interessi personali o di gruppo; rafforzare la presenza dello Stato in ogni parte del territorio; prendersi cura delle tante persone sfollate e rifugiate. Non ci si lasci manipolare né tantomeno comprare da chi vuole mantenere il Paese nella violenza, per sfruttarlo e fare affari vergognosi: ciò porta solo discredito e vergogna, insieme a morte e miseria. Fa bene invece accostarsi alla gente, per rendersi conto di come vive. Le persone si fidano quando sentono che chi le governa è realmente vicino, non per calcolo né per esibizione, ma per servizio.

Nella società, a oscurare la luce del bene sono spesso le tenebre dell’ingiustizia e della corruzione. Già secoli fa Sant’Agostino, che nacque in questo Continente, si chiedeva: «Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?» (De civ. Dei, iv, 4). Dio è dalla parte di chi ha fame e sete di giustizia (cfr. Mt 5, 6). Non bisogna stancarsi di promuovere, in ogni settore, il diritto e l’equità, contrastando l’impunità e la manipolazione delle leggi e dell’informazione.

Un diamante sorge dalla terra genuino ma grezzo, bisognoso di lavorazione. Così, anche i diamanti più preziosi della terra congolese, che sono i figli di questa nazione, devono poter usufruire di valide opportunità educative, che consentano loro di mettere pienamente a frutto i brillanti talenti che hanno. L’educazione è fondamentale: è la via per il futuro, la strada da imboccare per raggiungere la piena libertà di questo Paese e del Continente africano. In essa è urgente investire, per preparare società che saranno consolidate solo se ben istruite, autonome solo se pienamente consapevoli delle proprie potenzialità e capaci di svilupparle con responsabilità e perseveranza. Ma tanti bambini non vanno a scuola: quanti, anziché ricevere una degna istruzione, vengono sfruttati! Troppi muoiono, sottoposti a lavori schiavizzanti nelle miniere. Non si risparmino sforzi per denunciare la piaga del lavoro minorile e porvi fine. Quante ragazze sono emarginate e violate nella loro dignità! I bambini, le fanciulle, i giovani sono il presente di speranza, sono la speranza: non permettiamo che venga cancellata, ma coltiviamola con passione!

Il diamante, dono della terra, richiama alla custodia del creato, alla protezione dell’ambiente. Situata nel cuore dell’Africa, la Repubblica Democratica del Congo ospita uno dei più grandi polmoni verdi del mondo, che va preservato. Come per la pace e per lo sviluppo, anche in questo campo è importante una collaborazione ampia e proficua, che permetta di intervenire efficacemente, senza imporre modelli esterni più utili a chi aiuta che a chi viene aiutato. Tanti hanno chiesto all’Africa impegno e hanno offerto aiuti per contrastare i cambiamenti climatici e il coronavirus. Sono certamente opportunità da cogliere, però c’è soprattutto bisogno di modelli sanitari e sociali che rispondano non solo alle urgenze del momento, ma contribuiscano a una effettiva crescita sociale: di strutture solide e di personale onesto e competente, per superare i gravi problemi che bloccano sul nascere lo sviluppo, come la fame e le malattie.

Il diamante, infine, è il minerale di origine naturale con la durezza più elevata; è molto alta la sua resistenza agli agenti chimici. Il continuo ripetersi di attacchi violenti e le tante situazioni di disagio potrebbero indebolire la resistenza dei Congolesi, minarne la forza d’animo, portarli a scoraggiarsi e a chiudersi nella rassegnazione. Ma in nome di Cristo, che è il Dio della speranza, il Dio di ogni possibilità che dà sempre la forza di ricominciare, in nome della dignità e del valore dei diamanti più preziosi di questa terra, che sono i suoi cittadini, vorrei invitare tutti a una ripartenza sociale coraggiosa e inclusiva. Lo chiede la storia luminosa ma ferita del Paese, lo supplicano soprattutto i giovani e i bambini. Io sono con voi e accompagno con la preghiera e con la vicinanza ogni sforzo per un avvenire pacifico, armonioso e prospero di questo grande Paese. Dio benedica l’intera nazione congolese!