Nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan

Per scrivere nuove pagine
di fraternità

 Per scrivere  nuove pagine  di fraternità  QUO-025
31 gennaio 2023

È un viaggio tanto desiderato, atteso e programmato nei minimi dettagli quello che Francesco ha iniziato oggi, 31 gennaio, e che durerà fino al 5 febbraio, nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. Ancora una visita del Pontefice nelle periferie abitate dagli ultimi e dai popoli più svantaggiati del pianeta.

Il viaggio in questi Paesi africani era previsto per lo scorso mese di luglio, ma com’è noto è stato rimandato sotto consiglio medico a causa dei problemi al ginocchio del Papa. È diventato quindi il primo viaggio del 2023, alla vigilia del decimo anno del suo pontificato.

Al centro di questa visita apostolica, il quarantesimo pellegrinaggio internazionale per Francesco, ci sono due Paesi devastati dal conflitto, dove la pace continua a essere un miraggio lontano. L’impegno del Pontefice nei confronti di queste due nazioni è di lunga data. Nella memoria di tutti è rimasta impressa la commovente immagine con cui Papa Francesco ha chiesto la pace. Compiendo un gesto senza precedenti, l’11 aprile 2019 — a conclusione del ritiro spirituale con la partecipazione delle autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan — il Pontefice si era inginocchiato e aveva baciato i piedi ai leader politici che aveva accolto in Vaticano per chiedere loro di impegnarsi a raggiungere la pace, di rispettare il documento firmato l’anno precedente e di mettere fine alla guerra civile. «Lo sguardo di Dio è in particolar modo posto su di voi. Però, anche un altro sguardo è posto su di voi: lo sguardo del vostro popolo, ed è uno sguardo che esprime il desiderio ardente di giustizia, di riconciliazione e di pace», aveva detto il Papa rivolgendosi al presidente Salva Kiir Mayardit e a quattro dei cinque vicepresidenti designati, fra i quali l’oppositore Riek Machar.

Francesco ha rinnovato questo appello in un videomessaggio inviato lo scorso luglio ai popoli della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan, dopo la comunicazione del rinvio del viaggio. «Occorre deporre le armi, superare i rancori, scrivere pagine nuove di fraternità», aveva detto alle autorità.

Inizialmente il Pontefice aveva previsto di visitare anche la città di Goma, nella provincia del Nord Kivu, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (dove è stato assassinato l’ambasciatore italiano Luca Attanasio), per pregare e risvegliare le coscienze, «ma — ha ammesso lui stesso — con la guerra non si può andare là». Nel pomeriggio del 1° febbraio, però, incontrerà a Kinshasa le vittime della violenza in quella regione. Persone che hanno perso tutto, fantasmi umani che portano le ferite di guerre dimenticate non presenti nel radar europeo e completamente cancellate dai media, dall’agenda politica dell’Occidente e, in particolare, di quei Paesi che potrebbero fare qualcosa per aiutare a fermare le violenze.

La parte orientale della Repubblica Democratica del Congo è scossa da più di vent’anni da un conflitto alimentato dalle milizie ribelli e dall’esercito, malgrado la presenza della missione di pace dell’Onu. Dopo vari anni di pausa, la lotta è ricominciata nello scorso mese di marzo. Secondo le Nazioni Unite, gli attacchi hanno costretto più di mezzo milione di persone nell’est del Paese ad abbandonare le loro case.

L’ennesimo cessate il fuoco in questa zona del Paese africano, concesso lo scorso novembre, è durato appena qualche giorno. Nelle ultime settimane, malgrado gli appelli per la pace arrivati dalla comunità internazionale, i combattimenti si sono intensificati, contrapponendo l’esercito governativo ai numerosi ed eterogenei gruppi ribelli (secondo le Nazioni Unite si tratta di 160 gruppi armati), fra i quali si distingue l’M23 (Movimento 23 marzo).

Le parti coinvolte si accusano a vicenda di aver interrotto il cessate il fuoco. In gioco c’è il controllo delle grandi ricchezze minerarie del sottosuolo del Paese e una complessa rete di interessi politici che coinvolgono i Paesi confinanti.

La Repubblica Democratica del Congo è una delle zone più strategiche nell’attuale situazione geopolitica, poiché il suo territorio possiede minerali essenziali per la transizione ecologica, come quelli necessari per le batterie delle auto elettriche, i sistemi informatici e i cellulari, per citare solo alcuni dei prodotti alla base della trasformazione produttiva che il mondo oggi persegue. Purtroppo allo stato presente le economie che cercano la conversione ecologica hanno una doppia morale e poco importa se i minerali utili per creare un mondo più pulito vengono estratti in condizioni ambientali e sociali disastrose, in un Paese sempre più marginalizzato.

Kinshasa accusa i ribelli del massacro di 272 civili (compresi 17 bambini) perpetrato all’inizio dello scorso dicembre a Kishishe, 70 chilometri più a nord di Goma, ma l’M23 respinge le accuse.

A questo clima già surriscaldato si è aggiunta l’aumentata tensione al confine con il Rwanda.

La Chiesa congolese ha organizzato manifestazioni in tutto il Paese per chiedere la pace, segnalando anche le ambiguità dell’Occidente interessato ad alimentare la divisione del Paese facendo leva sull’insicurezza.

Francesco è molto consapevole del fatto che nei due Paesi africani che visiterà esiste un filo spinato formato dalla guerra, dalla dittatura e dai disastri ecologici che hanno negato alla gente comune l’accesso alla terra, al lavoro e alle abitazioni.

La situazione è altrettanto complessa in Sud Sudan, che si è reso indipendente dal Sudan nel 2011 e dove a dicembre del 2013 è scoppiata la guerra civile. Le divergenze politiche fra i contendenti sono molto profonde, e questo ha alimentato numerosi massacri, feriti, violenze, saccheggi ed estorsioni in diverse zone della più giovane nazione africana.

Dopo alterne vicende e malgrado la firma degli accordi di pace nel 2018, il Paese vive ancora nella precarietà e nella violenza, concentrata in particolar modo nelle zone dell’Alto Nilo e di Jonglei. L’applicazione dell’accordo di pace è stata rimandata più volte ed è stato necessario prolungare anche il previsto processo di transizione verso le elezioni democratiche, che si sarebbero dovute tenere nel 2021 ma che sono state rinviate a dicembre 2024.

È denso di significati il fatto che Papa Francesco visiti il Sud Sudan con l’arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa presbiteriana di Scozia: è l’espressione di un cammino che, per il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, è un gesto concreto di «ecumenismo della testimonianza». Del resto, già nell’aprile 2019 i due leader religiosi, con il Pontefice e i vescovi di tutte le denominazioni cristiane del Sud Sudan, avevano partecipato al ritiro spirituale in Vaticano per sostenere il raggiungimento della pace.

Come hanno segnalato le Nazioni Unite, la popolazione del Sud Sudan soffre ancora per gli effetti di anni di instabilità sociale e politica, insicurezza alimentare e disastri climatici come le inondazioni. L’attuale conflitto, che vede contrapporsi con attacchi violenti le forze governative e i ribelli, durante l’anno passato ha colpito duramente migliaia di persone, provocando grosse migrazioni e la perdita di vite e mezzi di sussistenza.

Le cifre diffuse dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) illustrano la situazione drammatica nel Paese: ci sono 2,5 milioni di persone nei campi profughi dei Paesi limitrofi e 2 milioni di rifugiati interni. Inoltre, circa 6,3 milioni di persone sopravvivono solo grazie agli ingenti aiuti del Programma alimentare mondiale (Wfp). Il conflitto è acutizzato dalla grande quantità di armi in circolazione. Le Nazioni Unite calcolano che nelle mani della popolazione civile ci siano circa 700mila armi leggere.

I combattimenti fra le diverse fazioni dell’esercito si mescolano agli scontri etnici e a quelli generati dagli interessi politici locali. L’ingovernabilità è il tratto distintivo dell’identità di questa zona.

Il cristianesimo è la religione principale in Sud Sudan. Per quanto riguarda la partecipazione dei fedeli agli eventi programmati per il viaggio del Pontefice, il coordinatore della visita del Papa ha affermato che è previsto il pellegrinaggio da alcune diocesi, ma molti fedeli non potranno essere comunque presenti; per questo si cercherà di installare maxischermi nei luoghi in cui la popolazione non ha accesso alla televisione.

Ci si aspetta anche una certa affluenza di fedeli dal Sudan e il programma comprende una preghiera ecumenica, oltre a un incontro di Papa Francesco con i rifugiati. Alcuni esponenti della Chiesa locale della Repubblica Democratica del Congo hanno ammesso che i trasporti saranno difficoltosi anche perché molti non hanno le risorse economiche per mettersi in viaggio; di conseguenza la maggior parte seguirà l’evento dalle proprie diocesi.

Papa Francesco esercita il suo ministero con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie ad aprire nuove strade. Questo viaggio tocca nodi cruciali per il futuro dell’umanità e della Chiesa, e il Papa invita prima di tutto a cambiare prospettiva e a comprendere che il significato della “grande storia” può essere vissuto — e quindi letto — anche attraverso le storie particolari di dominazione, come l’oppressione di una minoranza, di un gruppo di donne, uomini, bambini, e persino nei drammi delle singole persone che ne fanno parte. Perché, come ha detto Francesco, «occorre deporre le armi, superare i rancori, scrivere pagine nuove di fraternità».

dalla nostra inviata Silvina Pérez