La buona notizia
Il Vangelo della V domenica del tempo ordinario (Mt 5, 13-16)

Il gusto delle ferite

 Il gusto delle ferite  QUO-025
31 gennaio 2023

Sentirsi giudicati ingiustamente costituisce l’esperienza più dolorosa e rivelativa dell’essere cristiano. La persecuzione può trasformarsi in occasione per chiederci veramente chi siamo, dove andiamo e cosa desideriamo dal momento che disintegra le nostre sicurezze illusorie e ci svela la sapienza della debolezza. Dai brandelli delle sconfitte e dal dolore amaro il cristiano si scopre sale e luce. Colui che sperimenta la debolezza della croce è capace di dare sapore all’umanità ferita poiché ha compreso che l’unico gusto della vita è avere Dio per padre, il resto crolla molto facilmente. La bellezzaκ ἔcapace di attrarre è questa figliolanza gratuita e immeritata che il mondo desidera.

E se il cristiano perdesse questo gusto? Se vivesse la fede come una grigia abitudine? Se perdesse il sapore di Dio nella sua vita? Il pericolo dell’insipienza μωρανθè accovacciato alla porta di colui che non accetta la sapienza della debolezza. Lo stolto, infatti, non è colui che soccombe inerme, ma colui che non gusta la forza della debolezza per timore e inutile orgoglio.

Lo stesso sale capace di donare sapore è in grado di curare le ferite. Solo dopo aver attraversato alcuni sentieri impervi diventiamo capaci di accompagnare il cammino degli altri. Solo dopo esserci sottoposti con umiltà all’aiuto altrui siamo in grado di tendere una mano a chi è nella prova. Il cristiano, come il sale, è chiamato a curare per poi scomparire nella consapevolezza più profonda che «ciò che muore nutre le radici» (D. Brunori). L’insipienza sorge da uno sguardo poco fiducioso sul cammino percorso, come se gli imprevisti e le inquietudini non avessero aperto abbastanza la porta della debolezza, entrata indispensabile per colui che desidera guarire altre storie sbagliate con lo stesso gusto che ha assaporato nel farsi rialzare. In fondo la gioia del cristiano è racchiusa nella beatitudine di chi ha imparato a rialzarsi. 

di Roberto Oliva