Parole e gesti di Papa Francesco

Perché l’ Amore vale sempre la pena

 Perché l’ Amore  vale  sempre   la pena   ODS-007
04 febbraio 2023

Confesso che quando, durante la riunione di redazione, è stato scelto l’amore come tema del numero di febbraio, un po’ mi sono tremati i polsi. Perché parlare dell’amore nel magistero di Papa Francesco significa, di fatto, parlare di tutto il magistero. D’altronde, per un Pontefice che ha fatto della tenerezza uno degli assi portanti del suo ministero, l’amore è il fulcro di tutto. In primo luogo, c’è l’Amore di Dio che ha amato tanto il mondo da donare suo Figlio per la salvezza dell’umanità; poi, c’è l’amore della Chiesa per il suo popolo, una Chiesa che accoglie e abbraccia tutti, fino alle periferie geografiche ed esistenziali; c’è l’amore del pastore che resta accanto a ogni singola pecora del suo gregge, pronto a confortare, incoraggiare, sostenere, senza giudicare mai. E ancora: in Francesco, è fortissimo il rimando alla carità, virtù teologale che l’uomo è chiamato a mettere in pratica ogni giorno, soprattutto nei confronti di chi è povero, emarginato, scartato dalla società. Allo stesso tempo, l’uomo viene interpellato come custode del Creato, del quale deve essere amministratore amorevole e non padrone spregiudicato. E queste sono solo alcune delle numerose accezioni che, in quasi dieci anni di Pontificato, il Papa ha dato al concetto di “amore”. È evidente, quindi, quanto sia difficile racchiudere in un singolo articolo di giornale tutto questo.

Perché
ci si sposa?

Poi, però, una sera — mentre riflettevo su quale fosse la chiave giusta per affrontare questo tema — mi è venuto in aiuto il cinema. Sì, perché in televisione hanno trasmesso un vecchio film del 2004, intitolato Shall we dance?, che racconta l’amore un po’ “sgualcito”, ormai stanco di una coppia adulta e i tentativi che i coniugi compiono per ritrovarsi l’uno nello sguardo dell’altro. Ad un tratto, in una scena, la moglie afferma: «Perché ci si sposa? Perché ci serve un testimone della nostra vita. In un matrimonio, la promessa è quella di prendersi cura di tutto, sia delle cose buone che di quelle terribili o frivole. Di tutto, sempre, ogni giorno. Chi promette, dice: “La tua vita non passerà inosservata, perché io l’avrò osservata. La tua vita non sarà priva di testimoni, perché io sarò il tuo testimone”». Quello spezzone di film mi ha riportato alla memoria le tante volte in cui il Papa ha parlato ai fidanzati e agli sposi e le tante volte in cui si è soffermato sull’amore coniugale e sulla famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna. Ecco, allora, la chiave di volta per l’articolo, complice anche il mese di febbraio, tradizionalmente dedicato agli innamorati.

Permesso,
grazie e scusa

Dando per assodata l’Esortazione apostolica Amoris laetitia sull’amore nella famiglia, pubblicata nel 2016 e che qui andrebbe citata per intero, ho pensato di soffermarmi sui testi meno noti che il Pontefice ha dedicato a questo tema. Ad esempio, il 14 febbraio 2014, in un incontro con i fidanzati svoltosi in Piazza San Pietro, il Papa ha detto: «Vivere insieme è un’arte, un cammino paziente, bello e affascinante. Non finisce quando vi siete conquistati l’un l’altro. Anzi, è proprio allora che inizia! Questo cammino di ogni giorno ha delle regole che si possono riassumere in queste tre parole: permesso, grazie e scusa». La prima parola, spiega Francesco, rappresenta «la richiesta gentile di poter entrare nella vita di qualcun altro con rispetto e attenzione», perché «l’amore vero non si impone con durezza e aggressività», bensì con «la cortesia, sorella della carità».

La parola “grazie”, invece, esprime la gratitudine, sentimento importante e «fiore che cresce in terra nobile»: «Nella vita matrimoniale, è importante tenere viva la coscienza che l’altra persona è un dono di Dio, e ai doni di Dio si dice grazie!». Infine, con la terza parola, “scusa”, il Papa invita i fidanzati a riconoscere i propri errori: «Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta. Esistiamo noi, peccatori. Gesù, che ci conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra famiglia. Forse vi siete arrabbiati, forse è volato un piatto, ma per favore ricordate questo: mai finire la giornata senza fare la pace!».

Il matrimonio è un lavoro
artigianale, non una fiction

Pastore “con l’odore delle pecore”, vicino al suo gregge tanto da comprenderne fino in fondo le difficoltà, Francesco si dice consapevole del fatto che il matrimonio non è una favola, ma una realtà quotidiana che comporta anche fatica: «Il matrimonio è un lavoro di tutti i giorni — dice —, un lavoro artigianale, un lavoro di oreficeria, perché il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito. Crescere anche in umanità, come uomo e come donna. Questo si chiama crescere insieme».

Qualche mese dopo — è il 14 settembre 2014 — celebrando nella Basilica di San Pietro la Messa con rito del matrimonio per venti coppie della diocesi di Roma, Francesco ricorda che «l’amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, si esaurisce. L’amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme; perché questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna. Non è un cammino liscio, senza conflitti: no, non sarebbe umano, ma questa è la vita! Il matrimonio è simbolo della vita reale, non è una “fiction”! È sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa, un amore che trova nella Croce la sua verifica e la sua garanzia».

Amare per sempre,
come Dio

L’anno successivo, il Papa dedica un intero ciclo di catechesi delle udienze generali alla famiglia e il 6 maggio 2015 si sofferma sul sacramento del matrimonio, definendolo «un grande atto di fede e di amore perché testimonia il coraggio di credere alla bellezza dell’atto creatore di Dio e di vivere quell’amore che spinge ad andare sempre oltre». La rotta che gli sposi devono seguire, continua Francesco, è la rotta dell’amore, una rotta che richiede coraggio perché «si ama come ama Dio, per sempre».

La famiglia,
punto di riferimento
imprescindibile

Il 2015 è anche l’anno in cui, nel mese di luglio, Papa Francesco compie il suo nono viaggio apostolico internazionale che lo porta in Ecuador, Bolivia e Paraguay. E proprio in Ecuador, precisamente a Guayaquil, il Pontefice presiede la Messa per le famiglie durante la quale pronuncia (è il parere di chi scrive) una delle omelie più intense e commoventi del suo ministero petrino, tutta incentrata sull’amore familiare. «La famiglia è l’ospedale più vicino, è la prima scuola dei bambini, è il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, è il miglior asilo per gli anziani — spiega —. La famiglia la chiamiamo “Chiesa domestica”, perché, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina. Nella famiglia la fede si mescola al latte materno: sperimentando l’amore dei genitori si sente più vicino l’amore di Dio».

Prendendo, poi, spunto dal passo del Vangelo di Giovanni in cui si narra l’episodio delle nozze di Cana, con il miracolo dell’acqua trasformata in vino da Gesù, Francesco dice: «Nella famiglia i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione. C’è un particolare che ci deve far pensare: il vino nuovo alle nozze di Cana nasce dalle giare della purificazione, vale a dire dal luogo dove tutti avevano lasciato il loro peccato; nasce dal peggio». Di qui, la sottolineatura che «in ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiamo tutti, nulla si scarta, niente è inutile».

La speranza
del “vino migliore”

Poi Francesco esorta i fedeli a riflettere su un altro particolare: gli invitati alle nozze di Cana «hanno gustato il vino migliore. E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto. Il vino migliore è “in speranza”, sta per venire per ogni persona che accetta il rischio di amare. E nella famiglia bisogna arrischiarsi ad amare. Il vino migliore sta per venire per quelli che oggi vedono crollare tutto. Sussurratevelo fino a crederci: il vino migliore sta per arrivare. Sussurratevelo ciascuno nel suo cuore: il vino migliore sta per venire. E sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore: abbiate pazienza, abbiate speranza, aprite il cuore, perché il migliore dei vini sta per venire».

Dio ha creato l’uomo
per la felicità

L’omelia di Guayaquil prelude, in un certo qual modo, il xiv Sinodo ordinario sulla famiglia che si svolge ad ottobre 2015 in Vaticano, sul tema La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Nell’omelia della Messa per l’apertura dell’Assemblea, Francesco sottolinea: «Nulla rende felice il cuore dell’uomo come un cuore che gli assomiglia, che gli corrisponde, che lo ama e che lo toglie dalla solitudine e dal sentirsi solo» e ciò dimostra che «Dio non ha creato l’essere umano per vivere in tristezza o per stare solo, ma per la felicità, per condividere il suo cammino con un’altra persona che gli sia complementare; per vivere la stupenda esperienza dell’amore: cioè amare ed essere amato».

Sulla bellezza dell’amore coniugale Francesco torna più e più volte nell’arco del suo Pontificato. In particolare, ci piace rammentare la Messa celebrata a Casa Santa Marta il 25 maggio 2018, alla presenza di sette coppie, tutte giunte al traguardo del venticinquesimo o del cinquantesimo di matrimonio. Il Pontefice racconta di aver incontrato una coppia sposata da molti anni e di aver chiesto ai coniugi: «Siete felici?». Al che, i due si sono guardati e, con gli loro occhi bagnati di lacrime per la commozione, gli hanno risposto: «Siamo innamorati!». Questo accade perché «l’uomo e la donna sono creati a immagine e somiglianza di Dio e lo stesso matrimonio diventa così Sua immagine», spiega Francesco, ossia un legame d’amore «capace di fare vivere innamorati tutta una vita».

Gesù non lascia soli
gli sposi

E ancora: la gioia del matrimonio viene richiamata dal Papa a giugno del 2021, in un videomessaggio per la Rete mondiale di preghiera: «Sposarsi e condividere la vita è una cosa bella», afferma il Pontefice, e anche se «è un viaggio impegnativo, a volte difficile, a volte anche conflittuale», vale comunque la pena rischiare, perché «gli sposi non sono soli: li accompagna Gesù». Per questo Francesco sottolinea che «il matrimonio non è solo un atto “sociale”: è una vocazione che nasce dal cuore, è una decisione consapevole per tutta la vita. Dio ha un sogno per noi, l’amore, e ci chiede di farlo nostro. Facciamo nostro l’amore, che è il sogno di Dio». «Per amare serve molta pazienza. Però vale la pena, eh?», conclude il Pontefice.

Stare insieme è un rifugio
nella tempesta

Infine, è davvero con tono e atteggiamento di padre che il Papa scrive, il 26 dicembre 2021, una lettera agli sposi. L’occasione è duplice: l’anno “Famiglia Amoris laetitia”, indetto per celebrare i cinque anni dalla pubblicazione dell’omonima Esortazione apostolica, e la festa della Santa Famiglia che ricorre quel giorno. «La vocazione al matrimonio è una chiamata a condurre una barca instabile, ma sicura per la realtà del sacramento, in un mare talvolta agitato — si legge nel documento —. Mediante il sacramento del matrimonio, Gesù è presente su questa barca. Egli si preoccupa per voi, rimane con voi in ogni momento. Solo abbandonandovi nelle mani del Signore potrete affrontare ciò che sembra impossibile». «In questo modo — conclude Francesco —, stare insieme non sarà una penitenza, bensì un rifugio in mezzo alle tempeste. Che la famiglia sia un luogo di accoglienza e di comprensione». Un luogo da chiamare Amore.

di Isabella Piro