L’altra copertina

Gli occhi lucidi di Papa Benedetto XVI

 Gli  occhi lucidi di Papa Benedetto XVI  ODS-007
04 febbraio 2023

Mi si è stretto il cuore nel vedere la commozione di Papa Benedetto, che a stento tratteneva le lacrime, il 14 febbraio 2010, all’Ostello della Caritas.

Lo ha salutato, a nome di tutti, una ospite della struttura.

Dopo i discorsi di benvenuto delle persone “importanti”, il Cardinale Vicario e l’Amministratore Delegato delle Ferrovie, ha preso la parola Giovanna.

«Santità,

le parole di questo saluto non sono mie, ma nostre. 

Nel benvenuto filiale che Le rivolgo, Santo Padre, la mia voce dà voce a tutti quei visi e soprattutto a quelle anime che, qui in Ostello, sono state per un momento o per molto tempo. 

Ho memoria ormai lunga di questo posto; spesso mi trovo a pensare a tutti quelli che in questi anni sono stati qui; molti di loro non sono più con noi, ma non ci hanno lasciato per sempre. Abbiamo bisogno di crederlo con tutte le nostre forze.

C’era quello che stava sempre appartato e solo, quello che dipingeva quadri e ci faceva emozionare, quello che non aveva talenti se non quello di saperci entrare nel cuore e non uscirne più. Io stessa, quando conobbi l’Ostello, ero diversa; la mia storia mi aveva cambiato e qui sono cambiata ancora. Tanto cambiata da poter ricevere la fiducia e la Grazia di potermi rivolgere a Lei.

Vorremmo dare un senso a questo nostro saluto: noi, Santità, Le chiediamo di resistere alle fatiche del mondo, di ricordare che se Le chiediamo di pregare per noi è perché Le garantisco che noi pregheremo per Lei. Perché Dio Le dia la forza di essere sereno e forte e pieno di speranza come lo siamo noi. Qui Lei trova dolore, certamente, ma se dovesse, nel viaggio di ritorno, poter portare con Lei una cosa soltanto, porti, La prego, la speranza.

Santità, abbiamo pensato di donarLe il Cristo proveniente dalla Chiesa di San Pietro di Onna,  il paese più piccolo e più martoriato nel terremoto d’Abruzzo. Egli ha visto quel luogo cadere sotto la furia del terremoto e ha rinnovato l’offerta di se stesso come progetto di riscatto, come certezza di rinascita. Su quella Croce, spezzata dal terremoto, c’è il dolore di noi che abitiamo l’Ostello, della gente d’Abruzzo, dei piccoli di Haiti,  lo straziante martirio dei padri e delle madri, che nella morte dei loro figli rinnovano ogni volta il dolore di Maria. Un dolore inspiegabile, lancinante, ma non disperato. La Croce che Le doniamo restaurata, non è, quindi, l’immagine della sofferenza, ma l’attesa dell’alba e del riscatto.

È difficile, Santo Padre, pronunciare parole degne di fronte alla Sua sterminata sapienza; accetti allora l’umiltà di un cuore semplice e dell’amore che da esso può venire. Porti con sé l’esortazione a condurre questo gregge a volte così smarrito, così insufficiente, così inadeguato. Un gregge che però è il Suo gregge e che alla sua guida si affida e nella Sua guida confida. E quando i giorni di pioggia si alterneranno ancora a quelli di sole, non pensi a noi, ma “anche” a noi, che da qui non cessiamo di inviarLe il nostro saluto fraterno, il nostro amore filiale e il senso profondo di un pane spezzato e condiviso».

Allora mi domandavo, ed oggi ho la risposta, perché le parole di Giovanna sono penetrate così profondamente nel cuore di Papa Benedetto? «…Le chiediamo di resistere alle fatiche del mondo…

…Dio Le dia la forza di essere sereno e forte… se dovesse, nel viaggio di ritorno, poter portare con Lei una cosa soltanto, porti, La prego, la speranza… accetti allora l’umiltà di un cuore semplice e dell’amore che da esso può venire…».

In fisica si direbbe “risonanza”! Noi diciamo: sintonia di cuori, in tensione, aperti all’amore di Dio e del prossimo.

del cardinale Enrico Feroci