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LeMartiri
Regina, Mary e Veronika: le tre suore uccise in Sud Sudan

Fino alla fine

 Fino  alla fine  DCM-002
04 febbraio 2023

Tornavano da una messa, suor Regina Roba e suor Mary Daniel Abut. Era il 16 agosto 2021. Si festeggiava, nella diocesi di Torit, nel Sud Sudan, il centenario di fondazione della parrocchia da cui era nata la loro comunità. Festa doppia, perché la chiesa era dedicata a Nostra Signora dell’Assunzione. E il giorno prima, il 15, era stata propria la solennità dell'Assunzione della Vergine Maria.

Suor Veronika Rackova, invece, faceva ritorno da un ospedale. Come le capitava di fare spesso, essendo infermiera. Era un altro 16 del mese, ma era maggio ed era il 2016. Era notte. Aveva appena accompagnato una donna che stava per partorire. Assicuratasi che la donna avesse tutte le cure necessarie, aveva deciso di far ritorno a casa da sola. Aveva insistito perché l’autista, che l'aveva portata all'andata, si fermasse a riposarsi. Non si doveva preoccupare, la strada la conosceva e sapeva guidare.

Chi poteva volere del male a suor Regina, suor Mary, suor Veronika? Invece sono state uccise. Allo stesso modo. Gruppi armati hanno bloccato il mezzo su cui viaggiavano. E hanno sparato. Non per sbaglio. Hanno visto che erano suore.

Il loro sangue bagna la terra che Papa Francesco visita. E’ il Sud Sudan, lo Stato più giovane del mondo, ma anche uno dei più tormentati. Da mezzo secolo è in guerra. Prima per ottenere l’indipendenza, poi, dal 2013, per una guerra civile che pare interminabile. Inizialmente le parti in conflitto erano le due principali etnie del Paese, dinka e nuer. Poi si sono aggiunte bande di cui nessuno ha il controllo e che seminano violenza contro chiunque. Il risultato sono miseria, esodi di massa, uccisioni, stupri. Per dare un'idea della tragedia: in otto anni di conflitto sono più di due milioni le persone costrette a fuggire fuori dal Paese e la stragrande maggioranza sono donne e bambini. Si calcola che negli ultimi venti anni ci siano stati due milioni di morti. Chi è sopravvissuto vive nella paura, nella povertà e, se minorenne maschio, rischia di essere reclutato in gruppi armati. Un dramma dimenticato dall’Occidente. Ma non dai missionari, che anche qui continuano a restare, per condividere fino in fondo, fino a dare il sangue, la sofferenza di chi vive qui. Sono i martiri di oggi, i testimoni. Come suor Regina, suor Mary, suor Veronika. Non erano eroine. La loro storia somiglia a quella di tante religiose o religiosi che, sconosciute per il mondo, rispondono alla loro vocazione, là dove Dio le ha chiamate.

Suor Regina e suor Mary appartenevano alla Congregazione del Sacro Cuore della famiglia comboniana. La prima veniva dalla diocesi di Yei, nell’Equatoria centrale, ed era un’infermiera. Per molti anni aveva prestato servizio nella parrocchia di Loa, nel centro di salute del Sacro Cuore di Juba e nell’ospedale pediatrico Alshaba sempre a Juba. Poi era diventata aministratrice del Catholic Health Training Institute della diocesi di Wau, una struttura che, dal 2010, forma uomini e donne sud-sudanesi come infermieri e ostetriche. Nonostante gli scontri armati proprio in quella zona, questo istituto non ha mai chiuso un giorno. Suor Mary, invece, era un'insegnante. Dal 2006 al 2018 era stata superiora generale delle Sorelle del Sacro Cuore e al momento della morte era direttrice della scuola del Sacro Cuore a Juba, un istituto con più di mille bambini.

Tutte e due erano entrate in convento da giovani, originarie del Sud Sudan, in fuga dalla guerra. Avevano completato gli studi in Uganda per poi tornare a svolgere la loro missione nel loro Paese.

Sul pulmino dove hanno trovato la morte erano con altre cinque suore e cinque uomini. Un gruppo di uomini armati li ha costretti a fermarsi. Gli uomini e quattro suore hanno cominciato a correre verso il bosco. Gli assalitori hanno aperto il fuoco e sono riusciti a colpire suor Regina e suor Mary.

Cinque anni prima, il 16 maggio 2016, sempre in Sud Sudan, era morta suor Veronika Rackova, religiosa slovacca, delle Missionarie dello Spirito Santo. Anche lei in un agguato, di una pattuglia dell’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese.

A mezzanotte di quello che sarà il suo ultimo giorno di vita, suor Veronika, direttrice di un centro sanitario, il St Bakhita’s Medical Centre di Yei, aveva ricevuto una chiamata di una donna. Le chiedeva di andare a casa sua. Stava partorendo, ma aveva problemi. La religiosa non ha avuto dubbi: con un’ambulanza, è andata dalla donna e l’ha portata all’Harvester’s Health Centeri. Poi si è rimessa in viaggio verso casa. Da sola, per permettere all’autista di riposarsi. Sulla via del ritorno, la sparatoria. Con una furia che aggiunge orrore all'orrore. La morte all’ospedale di Nairobi dopo alcuni giorni di agonia. Aveva 58 anni. Da sei anni svolgeva la sua missione in Sud Sudan, dopo essere stata in Ghana.

di Elisa Calessi

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